Con la sentenza 5 ottobre 2023, relativa alla causa C-505/22, la Corte europea è ritornata a pronunciarsi sull’unicità delle prestazioni composte da più elementi, nella specie costituiti dalla cessione gratuita di un tablet o di uno smartphone in cambio della sottoscrizione di un nuovo abbonamento ad una rivista.
L’oggetto della controversia
Una società editrice portoghese, come forma di promozione commerciale finalizzata all’acquisizione di nuovi sottoscrittori, attribuisce ai clienti che sottoscrivono un abbonamento alle proprie riviste il diritto a ricevere un omaggio (nella specie, un tablet) di valore inferiore a 50 euro.
Negli anni oggetto di accertamento, compresi tra il 2015 il 2018, il valore globale degli omaggi assegnati ai nuovi sottoscrittori ha superato il limite del 5 per mille del volume d’affari della società, sicché le Autorità fiscali hanno provveduto al recupero dell’IVA eccedente il massimale previsto dalla normativa locale per definire i “regali di scarso valore”.
In sede di contenzioso, la società ha sostenuto:
– in primo luogo, che il gadget attribuito ai nuovi abbonati non rientra nella disciplina delle cessioni di beni a titolo gratuito, in quanto strettamente collegato all’acquisto dell’abbonamento;
– in secondo luogo, che, anche considerando autonomamente il gadget, quest’ultimo non è riconducibile alla disciplina dei regali di scarso valore in quanto di valore inferiore a 50 euro;
il limite del 5 per mille del volume d’affari vìola i principi di proporzionalità, neutralità e parità di trattamento o non discriminazione, nella misura in cui impone agli operatori condotte specifiche, limitandone la libertà economica e la neutralità; è eccessivamente restrittivo e discrimina gli operatori economici portoghesi rispetto agli operatori di altri Stati membri che non impongono un analogo massimale; va oltre quanto necessario per raggiungere l’obiettivo di salvaguardare in maniera efficace i diritti dell’Erario, non sussistendo il rischio che i soggetti passivi facciano regali di valore ingiustificato quando agiscono genuinamente con fini commerciali.
I dubbi del giudice nazionale
I dubbi del giudice nazionale riguardano l’interpretazione delle nozioni di “cessione a titolo gratuito” e di “regalo di scarso valore”.
Riguardo alla prima nozione, l’incertezza verte sulla qualificazione della campagna promozionale della società alla stregua:
i) di due operazioni distinte, di cui una relativa all’abbonamento alle riviste, effettuata a titolo oneroso e l’altra avente per oggetto il gadget ceduto a titolo gratuito;
ii) di un’unica operazione a titolo oneroso, in cui il prezzo è il corrispettivo dell’insieme commercializzato (potendo trattarsi di un pacchetto commerciale corrispondente a un’operazione unica o di un pacchetto commerciale costituito da un’operazione principale – la sottoscrizione della rivista – e da un’operazione accessoria – l’assegnazione dell’omaggio), tenuto conto che il gadget è ceduto a titolo oneroso ed è strumentale all’abbonamento alla rivista.
Pertanto, nel caso in cui si concluda che l’attribuzione dell’omaggio costituisce una cessione a titolo gratuito, è necessario chiarire, in primo luogo, se la nozione di “regali di scarso valore” possa essere determinata non solo sulla base del valore unitario, ma anche, e simultaneamente, di una percentuale del valore globale dei regali assegnati dal soggetto passivo in funzione del volume d’affari dell’anno precedente e, in caso affermativo, se un massimale pari al 5 per mille del volume d’affari sia talmente basso da privare la citata disposizione del proprio effetto utile; in secondo luogo, se tale massimale comporti una discriminazione rispetto agli operatori la cui attività dipende da un minor numero di clienti o differenti margini commerciali e agli operatori di altri Stati membri che non fissano un massimale di tale natura, violando i principi di neutralità e di parità di trattamento o non discriminazione; in terzo luogo, se il medesimo massimale vìola il principio di proporzionalità, andando al di là di ciò che è necessario per garantire che i soggetti passivi non effettuino operazioni a titolo gratuito in modo abusivo.
L’orientamento della Corte
La Corte è intervenuta per stabilire se l’attribuzione di un omaggio ai nuovi abbonati come corrispettivo dell’abbonamento rientra nella nozione di “cessione di beni a titolo oneroso” o se il suddetto omaggio, costituendo un’operazione distinta da quella di abbonamento, dà luogo ad una cessione di beni a titolo gratuito.
L’attribuzione dell’omaggio ai nuovi abbonati è parte integrante della strategia commerciale della società e, inoltre, è stato accertato che le sottoscrizioni di abbonamenti sono notevolmente più elevate se accompagnate da omaggi ai nuovi abbonati.
Se è vero, quindi, che sussiste un nesso tra l’assegnazione dell’omaggio e l’abbonamento alle riviste, tale nesso non risulta né sistematico, né sufficientemente stretto da consentire di considerare le predette prestazioni come inscindibilmente connesse.
Per contro, ad avviso della Corte, l’abbonamento, da un lato, e l’omaggio, per ciascun nuovo abbonamento, di un tablet o di uno smartphone di valore unitario inferiore a 50 euro, dall’altro, formano un’operazione complessa in cui l’abbonamento costituisce la prestazione principale e l’omaggio la prestazione accessoria la cui unica finalità è quella di incentivare la sottoscrizione dell’abbonamento.
Di conseguenza, l’attribuzione di un omaggio ai nuovi clienti in cambio della sottoscrizione di un abbonamento costituisce una prestazione accessoria alla prestazione principale, consistente nella cessione di prodotti editoriali, che rientra nella nozione di “cessione di beni a titolo oneroso” e non deve, quindi, essere considerata come una cessione di beni a titolo gratuito.