La Corte Ue boccia Ryanair: per i biglietti online vanno indicati l’Iva e i costi per la carta di credito

LA?SENTENZA

Vittoria dell’Antitrust su Raynair: dall’Iva al web check-in alla carta di credito utilizzata i costi devono essere immediatamente visibili online

di Marina Castellaneta


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3′ di lettura

I costi inevitabili e prevedibili di un biglietto aereo devono essere indicati e visualizzati dal passeggero sin dall’offerta iniziale sul web. Se l’utilizzo di una carta di credito diversa da quella prescelta dal vettore comporta un ulteriore costo, la compagnia aerea deve segnalarlo nella prima indicazione del prezzo e, quindi, prima del processo di prenotazione. Lo ha chiarito la Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza depositata il 23 aprile nella causa C-28/19 con la quale gli eurogiudici, nel segno della trasparenza, hanno condiviso la posizione dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato italiana (Agcm), bocciando, di fatto, alcune prassi di Ryanair.

La vertenza
Questi i fatti. L’Antitrust italiana aveva inflitto delle ammende alla compagnia di Dublino per alcune pratiche commerciali scorrette in contrasto con il codice del consumo. Tra queste, la presentazione dei prezzi nel sistema di prenotazione online: gli importi pubblicati, infatti, non includevano elementi qualificati dal vettore come oneri facoltativi, tra i quali quelli del web check-in, l’Iva sulle tariffe e sui supplementi facoltativi per i voli nazionali, nonché le tariffe amministrative per gli acquisti effettuati con una carta di credito diversa da quella prescelta dal vettore. Solo in una fase successiva, ossia nella prenotazione online, apparivano questi nuovi costi addebitati al passeggero.

L’impugnativa
Ryanair aveva impugnato la decisione dinanzi al tribunale amministrativo e poi al Consiglio di Stato che, prima di decidere, ha chiesto alla Corte Ue di chiarire l’interpretazione di alcune norme del regolamento n. 1008/2008 sulle norme comuni per la prestazione dei servizi aerei nell’Unione europea. Nodo centrale è la qualificazione dei costi. Il regolamento, infatti, stabilisce che le tasse, i diritti e i supplementi siano mostrati separatamente e che ogni costo inevitabile e prevedibile sia evidenziato sin dalla prima indicazione del prezzo; i supplementi di prezzo opzionali vanno indicati in modo trasparente e non ambiguo all’inizio del processo di prenotazione, con un’accettazione basata sull’esplicito consenso dell’interessato.

La decisione degli eurogiudici
Per gli eurogiudici, la tariffa amministrativa imposta ai passeggeri che scelgono una carta di credito diversa da quella indicata da Ryanair ha un carattere prevedibile perché «la sua applicazione è riconducibile alla politica stessa del vettore aereo in materia di modalità di pagamento». Non solo. Si tratta di un costo inevitabile perché se è vero che il cliente può evitarne il pagamento scegliendo la carta del vettore, è anche vero che la condizione è imposta dalla compagnia che – osserva la Corte – «obbliga, de facto, i consumatori che non fanno parte di una cerchia ristretta o a rinunciare alla gratuità del servizio» o a scegliere di attivare la carta di credito segnalata. Con il rischio di dover pagare ulteriori operazioni costose o rinunciare all’acquisto immediato, perdendo l’offerta e rischiando un aumento del prezzo. Questo vuol dire che la tariffa va considerata prevedibile e inevitabile, che non rientra nella nozione di supplemento di prezzo opzionale e che va indicata sin dal primo momento.

Le regole del check-in
Per quanto riguarda i costi del check-in, la Corte ha chiarito che se il costo può essere evitato perché il vettore permette al passeggero di scegliere tra almeno due possibilità di check-in, delle quali una gratuita, l’importo non può essere classificato come inevitabile. Se, però, tutte le modalità di check-in sono a pagamento o se non viene proposta al consumatore un’altra opzione, gli oneri devono essere qualificati come inevitabili e indicati sin dal primo momento e non solo nella fase di conclusione della prenotazione. Sul punto la Corte lascia l’accertamento ai giudici nazionali.

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