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La fiscalità della crisi d’impresa si adegua al nuovo Codice

La Fiscalità Della Crisi D’impresa Si Adegua Al Nuovo Codice

Regole fiscali diverse per gli istituti liquidatori e di risanamento

In particolare, al comma 1, lettera a), viene prevista una revisione del sistema di imposizione dei redditi delle imprese che accedono agli istituti disciplinati dal D.Lgs. n. 14/2019 (fra gli altri, concordato preventivo, accordo di ristrutturazione dei crediti, composizione bonaria), distinguendo in base alla natura liquidatoria o di risanamento dell’istituto.

In sostanza, come riporta la relazione illustrativa al Ddl Delega, si intende estendere le modalità di determinazione del reddito attualmente previste per le sole procedure del fallimento (liquidazione giudiziale) e della liquidazione coatta amministrativa a tutti gli istituti del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza che hanno finalità liquidatorie; qualora l’impresa acceda a uno degli istituti liquidatori da cui discenda l’estinzione dell’impresa debitrice, pertanto, in coerenza con quanto già previsto dal TUIR per il fallimento (liquidazione giudiziale) e la liquidazione coatta amministrativa, il reddito d’impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio e la chiusura della procedura sarà costituito dalla differenza tra il residuo attivo e il valore fiscale del patrimonio netto dell’impresa all’inizio del procedimento e sarà quantificato in relazione all’intero periodo della procedura, indipendentemente dalla sua durata.

Rimane confermato, invece, ai sensi del comma 1, lettera a), n. 1.2, che per le imprese che accedono agli istituti del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza che non hanno finalità liquidatorie bensì di risanamento – ovvero per i quali l’estinzione dell’impresa al termine della procedura non si verifica – continua ad applicarsi l’ordinaria disciplina con riguardo sia alla determinazione del reddito d’impresa sia ai relativi obblighi dichiarativi.

Quando una procedura è “liquidatoria”

L’individuazione, a fini fiscali, della natura liquidatoria di una procedura va operata non sulla base della qualificazione di quest’ultima, desumibile dal Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, ma in funzione del fatto che da essa derivi l’estinzione dell’impresa debitrice. È auspicabile, tuttavia, una più chiara declinazione, nei decreti legislativi attuativi, del termine “estinzione”, posto che possono rilevare istituti liquidatori che non determinano necessariamente l’estinzione del debitore.

Sopravvenienze attive da esdebitazione: quale rilevanza fiscale?

A tutti gli istituti disciplinati dal Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza il comma 1, lettera a), n. 3), estende, poi, l’applicazione dell’art. 88, comma 4-ter, TUIR, il quale stabilisce:

(i) al primo periodo, la totale irrilevanza fiscale delle sopravvenienze attive da esdebitazione in sede di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio;

(ii) al secondo periodo e ss., in caso di concordato di risanamento, di accordo di ristrutturazione dei debiti e di un piano attestato di risanamento, la parziale irrilevanza fiscale delle sopravvenienze attive da esdebitazione, in quanto limitata all’ammontare che eccede l’importo complessivo delle perdite pregresse e di periodo, delle eccedenze di interessi passivi e delle eccedenze ACE riportabili in avanti.

Estesa la deducibilità automatica della perdita su crediti

La legge delega estende, inoltre, la deducibilità “automatica” della perdita su crediti alle ipotesi in cui il debitore sia assoggettato a tutti gli istituti, liquidatori ovvero di risanamento che sia, previsti dal Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza. A legislazione vigente, infatti, la deduzione automatica è possibile solo se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato o un piano attestato o è assoggettato a procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni; qualora, invece, il debitore acceda a un istituto del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza diverso da quelli sopra menzionati, esplicitamente indicati nell’art. 101, comma 5, TUIR, le perdite su crediti sono deducibili secondo la regola generale, cioè solo se risultanti da elementi certi e precisi.

Pagamento parziale o dilazionato dei tributi

Ancora, all’art. 9 comma 1, lettera a), n. 5), si introduce la possibilità di prevedere il pagamento parziale o dilazionato dei tributi anche locali, con intervento del tribunale, nella composizione negoziata e nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Come rileva la Relazione illustrativa, tale previsione rappresenta un coordinamento con la transazione fiscale disciplinata dagli articoli 63 e 88 del D.Lgs. n. 14/2019.
In definitiva, l’auspicio è che, a differenza di un passato neanche troppo remoto nel quale il legislatore tributario si è adeguato con ritardo ai principi della crisi d’impresa, i decreti legislativi attuativi sappiano adeguare la formulazione delle norme tributarie ai nuovi criteri e istituti introdotti dal D.Lgs. n. 14/2019, ridando chiarezza a un ambito – quale la fiscalità della crisi d’impresa – la cui rilevanza, ahinoi, è divenuta sempre più centrale negli ultimi anni di crisi economica e di liquidità per molte imprese.

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