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La riforma dell’accertamento alla prova (non superata) della semplificazione

La Riforma Dell’accertamento Alla Prova (non Superata) Della Semplificazione
Lo scopo di ogni riforma è quello di semplificare l’esistente, che talvolta assume le caratteristiche della giungla più inaccessibile che si possa immaginare. Non si sottrae a questo nemmeno la riscrittura delle regole sull’accertamento, avendo il delegante previsto nell’art. 17, comma 1, lettera a), legge 9 agosto 2023, n. 111, che il delegato avrebbe dovuto ispirarsi all’esigenza di “semplificare il procedimento accertativo”.
È quindi il caso di verificare, all’indomani del varo del D.Lgs. 12 febbraio 2024, n. 13, recante “Disposizioni in materia di accertamento tributario e di concordato preventivo biennale”, se l’obiettivo possa ritenersi raggiunto.
Partiamo dalla distinzione tra atti a cui si applica” e atti a cui “non si applica” il contraddittorio preventivo di cui al nuovo art. 6-bis dello Statuto dei diritti del contribuente. Questi ultimi, recita l’art. 17, comma 1, lettera b), della delega, sono quelli che promanano da “controlli automatizzati” e da “ulteriori forme di accertamento di carattere sostanzialmente automatizzato”; si tratta di provvedimenti che dovranno essere individuati, ha sancito il delegato, in quelli “automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni” risultanti da un apposito decreto del MEF che non ha ancora visto la luce (art. 6-bis, comma 2). Nella nuova disciplina dell’accertamento con adesione, che, come già in precedenza rilevato nell’Editoriale del 9 dicembre 2023, “Diritto al contraddittorio anticipato o obbligo a contraddire anticipatamente? Un nodo da sciogliere nella riforma fiscale”, si sovrappone a quella del contraddittorio, ci si occupa quindi delle due tipologie di atto, stabilendo innanzitutto, nel nuovo art. 6, comma 2, del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, che per gli avvisi di accertamento e per gli atti di recupero a cui “non si applica” il contraddittorio preventivo si seguono le vecchie regole, sicché il contribuente potrà presentare istanza di accertamento con adesione entro l’ultima data disponibile per la proposizione del ricorso, con conseguente sospensione dei termini di impugnazione per un periodo di novanta giorni (art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 218/1997). Si tratta di norma che suscita più di una perplessità, considerato che gli accertamenti per cui non vale il principio del contraddittorio non possono che essere i parziali, i quali tuttavia, a voler leggere con attenzione la delega, dovrebbero essere compresi tra quelli che obbligano l’Amministrazione al confronto pre-accertativo. Inspiegabile, inoltre, il riferimento alla categoria degli atti di recupero del credito che starebbero fuori dal contraddittorio, contrapposti a quelli che invece lo richiedono, giacché il nuovo art. 38-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, recante disciplina dell’atto di recupero, non opera alcuna distinzione che possa supportare tale differenziazione.
Diverse sono le regole previste per gli accertamenti e atti di recupero a cui “si applica” il contraddittorio preventivo, snodandosi la sequenza procedimentale nella preventiva comunicazione dello “schema di atto” previsto dall’art. 6-bis, comma 3, dello Statuto del Contribuente, a fronte del quale il contribuente potrà presentare: i) o “controdeduzioni” nel “termine non inferiore a sessanta giorni” concesso dall’Amministrazione, potendo contare sul fatto che l’Ufficio non può emettere in questo lasso di tempo l’atto impositivo; ii) o, nel diverso termine di trenta giorni, istanza di accertamento con adesione (art. 6, comma 2-bis, del D.Lgs. n. 218/1997).

Con riferimento alle ricordate possibilità non ci si può esimere dal rilevare, quanto alla prima, che la norma, consentendo all’Amministrazione di concedere al contribuente termini anche superiori, senza limite alcuno, ai sessanta giorni, permette a quest’ultima di eludere la rigidità dei tempi previsti a pena di decadenza per l’accertamento, allungandoli a dismisura.

Si pensi al caso in cui, per un’annualità in scadenza al 31 dicembre, l’Ufficio decida di fissare, nello schema comunicato nell’ultimo mese dell’anno, un termine di centottanta giorni per l’esercizio del contraddittorio. La possibilità di notificare l’accertamento slitterebbe, in forza del citato art. 6-bis, comma 3, dello Statuto, al centoventesimo giorno successivo al termine, di centottanta giorni, concesso al contribuente: l’Ufficio potrebbe quindi discrezionalmente (e incredibilmente) disporre di quasi un anno in più (ma volendo si può andare anche oltre) rispetto alle scadenze imposte dalla legge per la notificazione degli atti impositivi.

Quanto alla seconda delle ricordate facoltà, sfugge il motivo per cui il contribuente debba essere così poco accorto da presentare l’istanza entro trenta giorni, visto che: i) ai sensi del susseguente art. 6, comma 2-ter, le parti possono comunque addivenire all’accertamento con adesione sulla base delle osservazioni allo “schema di atto”; ii) così operando ci si preclude senza motivo la possibilità di inviarla successivamente all’eventuale notifica dell’accertamento/atto di recupero (art. 6, comma 2-quater).

Per quel che riguarda, infine, l’istanza di adesione successiva alla notifica degli atti accertativi, il termine di presentazione non coincide con quello previsto per la proposizione del ricorso, come invece capita, lo si è visto, per i provvedimenti cui “non si applica” il contraddittorio preventivo: l’instaurazione del procedimento può avvenire infatti mediante domanda da presentarsi entro quindici giorni, con sospensione dei termini di impugnazione per un periodo di trenta (e non di novanta) giorni (art. 6, comma 2-bis). Per gli accertamenti (parziali?) e per gli atti di recupero (?) a cui “non si applica il contraddittorio preventivo i tempi del procedimento sono quindi più lunghi, evidentemente perché il legislatore ha ritenuto che, quando il contribuente possa usufruire del contraddittorio pre-accertativo, non gli si dovrebbero concedere gli usuali centocinquanta giorni (sessanta più novanta) per confrontarsi nuovamente con l’ufficio. È dunque guardato con sospetto chi si esime dal confronto sull’ancora non definitivo schema di atto”, tanto da prevedere, oltre all’accorciamento dei tempi, che “l’ufficio, ai fini dell’accertamento con adesione, non è tenuto a prendere in considerazione elementi di fatto diversi da quelli dedotti con le eventuali osservazioni presentate dal contribuente” (cfr. il nuovo art. 7, comma 1-quater). Norma quest’ultima perfino sorprendente, atteso che attribuisce all’Amministrazione, in palese contrasto con l’art. 97 Cost., la facoltà di non considerare elementi fattuali favorevoli al contribuente, così consentendole di confermare un atto in tutto o in parte illegittimo o infondato, sol perché quest’ultimo, esercitando il suo diritto di difesa, abbia deciso di non renderli noti all’ufficio in un momento precedente all’emissione dell’accertamento/atto di recupero.

Alla luce del quadro così descritto possiamo quindi agevolmente rispondere alla domanda che ci siamo posti all’inizio: c’è stata semplificazione, in linea con il primo dei criteri direttivi individuati dal delegante? La risposta purtroppo è negativa.

La riscrittura delle regole ha dato origine, lo ha sottolineato Massimo Basilavecchia in un recente contributo, a un vero e proprio “ingorgo di tempistiche e di crocevia”: almeno sessanta giorni, con le conseguenze sopra evidenziate sulla tenuta dei termini dell’accertamento, per le controdeduzioni/osservazioni sullo schema del provvedimento, che comunque potrebbero costituire la base su cui fondare un accordo adesivo; trenta per l’inutilissima istanza di accertamento con adesione pre-accertativa; quindici per quella post-accertativa, con trenta giorni di sospensione, che tuttavia restano sessanta e novanta per l’eterea categoria di atti a cui “non si applica” il contraddittorio preventivo. Il tutto in un contesto in cui l’Ufficio può non tener conto dei fatti favorevoli al contribuente riversati sul tavolo del confronto successivo alla notifica degli atti accertativi se gli stessi non siano stati dedotti nelle precedenti osservazioni sullo “schema di atto”.

Eppure, per semplificare veramente, risolvendo il nodo gordiano del rapporto tra contraddittorio preventivo e accertamento con adesione quale già emergeva dall’abrogato art. 5-ter del D.Lgs. n. 218/1997, sarebbe stato sufficiente: i) mantenere inalterato il rodato art. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente, il quale, come è noto, stabiliva, prima di essere incautamente abrogato dal legislatore della riforma, che il contribuente aveva a disposizione sessanta giorni successivi alla consegna del processo verbale di constatazione per presentare osservazioni e richieste [interessante in questa prospettiva rilevare che nell’art. 17, comma 1, lettera b), n. 4, della delega si richiedeva di estendere la “maggiore tutela” prevista dalla norma statutaria, che invece, pur essendo il modello di riferimento, è stata abrogata]; ii) prevedere che anche i c.d. controlli sostanziali a tavolino dovessero concludersi con una proposta di accertamento, a fronte della quale il contribuente avrebbe potuto presentare nel termine di sessanta giorni osservazioni e richieste; iii) non intervenire, fatta salva la necessaria abrogazione dell’art. 5-ter, sul D.Lgs. n. 218/1997, il quale ha ad oggetto non l’esercizio del diritto al contraddittorio stricto sensu inteso, ma il procedimento attraverso cui giungere a un accordo tra le parti in logica deflativa del contenzioso.

All’indomani dell’approvazione della legge delega un altro professore, Antonio Viotto, in un articolo apparso sulla “Rivista telematica di diritto tributario” (“Il contraddittorio endoprocedimentale nella legge delega per la riforma fiscale”, 9 settembre 2023), aveva sostenuto tesi non dissimili, procedendo anche a proporre una disposizione ad hoc, sarebbe stato l’art. 12-bis dello Statuto, volta a disciplinare il contraddittorio su atti derivanti da attività istruttorie diverse da quelle considerate dall’art. 12, comma 7, dello Statuto. La norma era chiara e, questa sì, semplificatrice, risolvendo il problema della generalizzazione del contraddittorio anticipato richiesto dalla delega senza indebite sovrapposizioni con l’istituto dell’accertamento con adesione.

Ecco, bastava copiare.

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