Se
non addiviene a
definizione agevolata, il contribuente ha la
facoltà, entro il termine per presentare ricorso, di “
produrre deduzioni difensive in ordine alla contestazione. In mancanza, l’atto di contestazione si considera provvedimento di irrogazione, impugnabile” (
art. 16, comma 4,
D.Lgs. n. 472/1997). In caso di
deduzioni, l’
Ufficio, “nel termine di decadenza di un anno dalla loro presentazione”, può accoglierle e rideterminare la pena pecuniaria, oppure può comminare la sanzione notificando l’atto di irrogazione (
art. 16, comma 7,
D.Lgs. n. 472/1997). Quindi il sistema già contempla uno
specifico procedimento che
garantisce un
contraddittorio, che è
preventivo però rispetto al solo atto di irrogazione delle sanzioni (a cui, infatti, fa esclusivo riferimento la relazione tecnica al
D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219, che ha introdotto l’art. 6-bis dello Statuto), essendo la facoltà di presentare deduzioni difensive esercitabile solo successivamente alla notifica dell’atto di contestazione sanzioni.
Posto che l’atto di contestazione, in mancanza di deduzioni difensive, è immediatamente impugnabile avanti il giudice tributario, può il contribuente che – rinunciando a presentare deduzioni difensive – rivela di non ritenere utile il contraddittorio dedurre in giudizio la mancata attivazione del confronto con l’ente che ha comminato la sanzione?
Il principio generale codificato dall’art. 6-bis dello Statuto prescrive l’annullabilità del provvedimento non preceduto dal contraddittorio a prescindere dalla dimostrazione, da parte del contribuente, dell’effettivo pregiudizio subito. Poiché non è richiesta la c.d. “prova di resistenza”, se il soggetto sanzionato deduce in giudizio la lesione dell’art. 6-bis non dovrebbe rilevare il fatto che lo stesso, proprio con la sua scelta di non presentare le deduzioni difensive, ha concorso in modo determinante alla mancata realizzazione del contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria: l’atto emanato è comunque viziato e, quindi, annullabile.
La
Cassazione, in passato, era giunta a conclusioni diverse, pronunciandosi sul rapporto fra il predetto
art. 16 del
D.Lgs. n. 472/1997 e il contraddittorio enucleabile dall’abrogato art. 12, comma 7, dello Statuto. Quest’ultima disposizione si limitava a prevedere che le osservazioni e le richieste formulate dal contribuente dopo il rilascio del processo verbale di constatazione fossero “valutate dagli uffici impositori”, senza assistere il mancato rispetto di tale adempimento da una nullità testuale. Un contenuto di maggior tutela era, quindi, ricavabile dall’
art. 16 del
D.Lgs. n. 472/1997, il cui comma 7 esplicita ancor oggi l’esigenza che l’atto di irrogazione sia “motivato a pena di nullità anche in ordine alle deduzioni” presentate dal contribuente. Condivisibile era, quindi, l’osservazione che “il legislatore ha già disegnato, con norme speciali, uno
specifico spazio di contraddittorio con il contribuente, preventivo – rispetto all’eventuale successiva irrogazione delle sanzioni – ed anche rafforzato, con la conseguenza che ad esso non è applicabile la disciplina del contraddittorio dettata in generale dallo Statuto del contribuente” (
Cass., ord. 2 febbraio 2021, n. 2243).
L’introduzione dell’art. 6-bis dello Statuto impone di ri-verificare il rapporto fra la norma statutaria e quella del procedimento sanzionatorio.
Infatti, l’art. 6-bis non si limita (al comma 4) ad esplicitare quanto la dottrina aveva già desunto dal previgente art. 12, comma 7, dello Statuto (i.e. “[l]’atto adottato all’esito del contraddittorio tiene conto delle osservazioni del contribuente ed è motivato con riferimento a quelle che l’Amministrazione ritiene di non accogliere”), ma prescrive qualcosa di più: “[p]er consentire il contradditorio, l’amministrazione finanziaria comunica al contribuente […] lo schema di atto”, assegnando un termine non solo “per consentirgli eventuali controdeduzioni” ma anche, “su richiesta, per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo” (comma 3). In attuazione della
legge delega n. 111/2023 (che prefigurava non solo “una generale applicazione del principio del contraddittorio”, ma anche “una disciplina generale del diritto di accesso agli atti del procedimento tributario”, ex
art. 4, comma 1, lett. e) e f),
legge 9 agosto 2023, n. 111), ha trovato ingresso nel nostro sistema un
principio opposto a quello – finora seguito – di
inacessibilità (almeno sino alla notifica della pretesa impositiva) del
materiale probatorio acquisito dall’Autorità.
Sul punto leggi anche:
Di conseguenza,
non è indifferente escludere l’
applicabilità dell’art. 6-bis all’
atto di contestazione delle
sanzioni: per il contribuente resta salva la facoltà di
presentare deduzioni difensive, ma è
preclusa la possibilità di venire a conoscenza di
tutti i dati e gli elementi probatori raccolti dall’Ufficio ai fini della comminatoria della sanzione. E tale possibilità di accesso agli atti si può rivelare particolarmente utile in casi come quelli di contestazione di violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale o di violazione degli obblighi in capo al committente relativi alla regolarizzazione della fatturazione IVA (ex
art. 6, comma 8,
D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471).
Sarebbe irrazionale garantire il diritto di accesso nei casi di violazioni punite con sanzioni collegate al tributo (che, essendo necessariamente contestate attraverso avvisi di accertamento, obbligano alla comunicazione dello schema di atto) e negare tale diritto a quelle violazioni che, esclusivamente per ragioni tecniche, vengono contestate seguendo il procedimento sanzionatorio ordinario.
Poiché, nel momento in cui l’Amministrazione finanziaria notifica l’atto di contestazione, il destinatario può decidere di non contraddire e di andare direttamente a chiedere tutela al giudice, tale provvedimento rientra a tutti gli effetti fra quelli “autonomamente impugnabili” di cui all’art. 6-bis, comma 1.
Rispetto a tale nozione, il
legislatore (con una
norma tutt’altro che di “interpretazione autentica”) ha precisato che il “comma 1 dell’articolo 6-bis […] si interpreta nel senso che esso si applica esclusivamente agli atti recanti una pretesa impositiva, autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria, ma non a quelli per i quali la normativa prevede specifiche forme di interlocuzione tra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente” (
art. 7-bis,
D.L. 29 marzo 2024, n. 39, in vigore dal 29 maggio 2024).
Ebbene, la
sanzione può essere considerata una
“pretesa impositiva”, in quanto consiste in una prestazione patrimoniale imposta (ex
art. 23 Cost.), in forza di un atto coattivo, che prescinde dalla volontà di chi la subisce.
Per l’atto di contestazione delle sanzioni la normativa già contempla una specifica modalità di interlocuzione tra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente, che però è successiva, non preventiva alla notifica di questo specifico provvedimento.
Anche le esclusioni espresse all’obbligo generalizzato di contraddittorio sembrano confermare l’applicazione dell’art. 6-bis all’atto di contestazione sanzioni.
In particolare,
non sussiste il
diritto al contraddittorio “per gli atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni” (art. 6-bis, comma 2). Il
decreto ministeriale del 24 aprile 2024, nel
tipizzare tali esclusioni nella fase di prima applicazione dell’obbligo, ha precisato che:
(i) “si considera automatizzato e sostanzialmente automatizzato ogni atto emesso dall’amministrazione finanziaria riguardante esclusivamente violazioni rilevate dall’incrocio di elementi contenuti in banche dati nella disponibilità della stessa amministrazione; conseguentemente, sono esclusi dall’obbligo di contraddittorio […] gli atti di accertamento per omesso, insufficiente o tardivo versamento […] e irrogazione delle relative sanzioni” di alcuni tributi “minori” (fra cui le tasse automobilistiche erariali) (art. 2, comma 1, lett. d));
(ii) “si considera di pronta liquidazione ogni atto emesso dall’amministrazione finanziaria a seguito di controlli effettuati sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai dati in possesso della stessa Amministrazione; conseguentemente, sono esclusi dall’obbligo di contraddittorio […] gli avvisi […] di irrogazione delle sanzioni, per i casi di omesso, insufficiente o tardivo versamento, omessa o tardiva registrazione degli atti e tardiva presentazione delle relative dichiarazioni” di alcuni tributi indiretti (fra cui le imposte di registro, ipotecaria-catastale e sulle successioni e donazioni) (art. 3, comma 1, lett. c)); nonché “gli inviti al pagamento del contributo unificato e irrogazione delle sanzioni per i casi di omesso, insufficiente o tardivo versamento” (art. 3, comma 1, lett. d)); infine,
(iii) “si considera di
controllo formale della dichiarazione ogni atto emesso dall’amministrazione finanziaria a seguito di un riscontro formale dei dati contenuti nelle dichiarazioni presentate dai contribuenti o dai sostituti d’imposta con i documenti che attestano la correttezza dei dati dichiarati; conseguentemente, sono esclusi dall’obbligo di contraddittorio […] le comunicazioni degli esiti del controllo formale” ex
art. 36-ter,
D.P.R. 29 settembre 1973, 600 (art. 4, comma 1).
Al di fuori di queste esclusioni (alcune criticabili, posto che riguardano anche tipologie di accertamento che molto spesso implicano valutazioni complesse da parte degli Uffici), non emergono ostacoli testuali all’applicazione dell’art. 6-bis agli atti di contestazione di sanzioni, neppure se scaturiti dal mero incrocio di dati.
Né preclusioni future potranno derivare dagli enti impositori sub-statali, considerato che le disposizioni concernenti “la garanzia del contradditorio e dell’accesso alla documentazione amministrativa tributaria […] valgono come principi per le regioni e per gli enti locali che provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti nel rispetto delle relative autonomie”, senza possibilità di “stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate” dall’art. 6-bis (art. 1, commi 3-bis e 3-ter, dello Statuto).
Un’
osservazione conclusiva rinforza l’
esigenza che all’
atto di contestazione risulti applicabile l’art. 6-bis dello Statuto, e sia quindi
sempre preceduto dalla
comunicazione dello schema di atto. Poiché, a seguito delle modifiche all’
art. 13 del
D.Lgs. n. 472/1997 (operate dall’
art. 3 del
D.Lgs. 14 giugno 2024, n. 87), con riferimento alle
violazioni commesse a partire
dal 1° settembre 2024 sono state calibrate le riduzioni delle sanzioni da ravvedimento operoso a seconda che il contribuente abbia ricevuto o meno lo schema di atto (cfr. art. 13, comma 1, lett. b-ter), b-quater) e b-quinquies), cit.),
escludere l’
obbligo di
comunicare lo schema di atto estrometterebbe i trasgressori dalla possibilità di abbattere la pena pecuniaria (nelle nuove misure di un sesto, un quinto o un quarto del minimo) per quelle violazioni contestate seguendo il procedimento ordinario, discriminandoli in modo del tutto ingiustificato rispetto a quelli che commettono violazioni contestabili attraverso l’avviso di accertamento o di rettifica.
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