Il contribuente che intenda rientrare in Italia per svolgere un’attività di lavoro autonomo beneficiando del regime forfetario non potrà avvalersi del regime previsto per i lavoratori cd. “impatriati”, in quanto i redditi prodotti in regime forfetario non partecipano alla formazione del reddito complessivo. Lo ha specificato l’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 283 del 2019, con cui ha chiarito come l’applicazione del regime forfetario non appare compatibile con le agevolazioni previste per i lavoratori impatriati, viste le diverse regole applicative che sottendono ai regimi agevolativi.
L’Agenzia delle Entrate ha emanato la risposta a interpello n. 283 del 19 luglio 2019 riguardante il regime speciale per lavoratori impatriati e nuovo regime forfetario.
I lavoratori impatriati
La normativa sul “regime speciale per lavoratori impatriati” è stata emanata al fine di incentivare il trasferimento in Italia di lavoratori con alte qualificazioni e specializzazioni e favorire lo sviluppo tecnologico, scientifico e culturale del nostro paese.
La disposizione prevede che i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 50 per cento. Si tratta di un’agevolazione temporanea, applicabile per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in Italia, e per i quattro periodi di imposta successivi.
Il criterio di determinazione del reddito si applica anche ai i cittadini dell’Unione europea che:
-sono in possesso di un titolo di laurea e hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più;
-hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
Il regime forfetario
Il regime forfetario prevede l’applicazione di una imposta sostitutiva sull’ammontare dei compensi percepiti, ridotti sulla base di coefficienti di redditività. Rappresenta il regime naturale delle persone fisiche che esercitano un’attività di impresa, arte o professione in forma individuale, purché siano in possesso dei requisiti stabiliti, ossia, non aver conseguito, nell’anno precedente, ricavi superiori ad euro 65.000 e, contestualmente, non incorrano in una delle cause di esclusione.
Ai fini IVA, i contribuenti in regime forfetario non addebitano l’imposta in rivalsa né esercitano il diritto alla detrazione dell’imposta assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti nazionali, comunitari e sulle importazioni. Quindi le fatture emesse da un contribuente in regime forfetario non recano l’addebito dell’imposta. Ai fini delle imposte sui redditi, invece, come detto, il compenso di un libero professionista residente in regime forfetario risulta assoggettato ad una imposta sostitutiva, calcolata nella misura del 15%.
Nel sistema tributario italiano, quindi, il reddito in esame è soggetto ad una imposta sostitutiva, con la conseguenza che lo stesso non concorre alla formazione del reddito complessivo.
L’applicazione del regime in questione non appare, dunque, compatibile con le agevolazioni previste per i lavoratori impatriati, viste le diverse regole applicative che sottendono ai regimi agevolativi in argomento.
Ne consegue che, laddove il contribuente intenda rientrare in Italia per svolgere un’attività di lavoro autonomo beneficiando del regime forfetario non potrà avvalersi del regime previsto per i lavoratori cd. “impatriati”, in quanto i redditi prodotti in regime forfetario non partecipano alla formazione del reddito complessivo.
A cura della Redazione
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