Legato di genere da dedurre dal valore dell’eredità

Con la circolare n. 19/E del 6 luglio 2023 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito il trattamento fiscale del legato di genere, ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni.

Il documento di prassi analizza l’orientamento della giurisprudenza e conclude per la necessità di un riesame, in sede di contenzioso, delle controversie pendenti, invitando le strutture territoriali ad abbandonare la pretesa tributaria laddove la liquidazione dell’ufficio sia stata effettuata secondo criteri non conformi.

La figura del legato di genere

La disciplina civilistica del legato è contenuta negli articoli da 649 a 673 c.c. In particolare, secondo l’art. 653 c.c. il legato di genere (o di cosa genericamente determinata) ha per oggetto una cosa determinata solo nel genere.

In questo caso, l’onerato è tenuto a una prestazione a favore del legatario che, invece, acquista un diritto di credito nei confronti dell’onerato; si tratta di un legato c.d. obbligatorio, configurando rispettivamente un debito a carico dell’erede e un credito a favore del legatario.

Differenza tra legato di genere e legato di specie nella giurisprudenza

Secondo quanto chiarito dalla Corte di Cassazione con sentenza 22 giugno 1995, n. 7082, il legato di cose generiche, avente ad oggetto non un bene o un diritto specificamente determinati ma una cosa presa in considerazione per la sua appartenenza ad un genus e individuabile successivamente, rileva ai sensi dell’art. 653 c.c..
L’art. 654 c.c. invece si riferisce ad un legato di cosa particolare, lasciata come tale, qualora al tempo della morte essa non si trovi nel patrimonio. Ciò posto, va ricordato che è un vero legato di genere ogni legato pecuniario.

Il legato di una certa quantità di cose determinate solo nel genere è valido tanto se delle cose legate ve ne siano nel patrimonio ereditario al tempo dell’apertura della successione, quanto se non ve ne siano, a meno che non risulti chiaramente che il testatore intese riferirsi a quelle esistenti nel suo patrimonio al momento della sua morte.

La disposizione testamentaria con cui il testatore abbia lasciato a un legatario le somme risultanti a credito su un conto corrente bancario al momento della sua morte, non ha natura di legato di genere, ma di legato di specie in relazione alla percezione di quei determinati importi, essendo evidente l’intenzione del de cuius di attribuire non già un qualche ammontare di numerario, quanto il diritto di esigere il capitale e gli interessi presenti in conto in un certo momento.

Legato di genere: il regime fiscale

L’art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 346/1990, prevede che il valore globale netto dell’asse ereditario è costituito dalla differenza tra il valore complessivo, alla data dell’apertura della successione, dei beni e dei diritti che compongono l’attivo ereditario e l’ammontare complessivo delle passività deducibili e degli oneri.

Il valore dell’eredità o delle quote ereditarie è determinato al netto dei legati e degli altri oneri che le gravano.

Inoltre, l’art. 36 prevede, al comma 1, che gli eredi sono obbligati solidalmente al pagamento dell’imposta nell’ammontare complessivamente dovuto da loro e dai legatari e, al comma 5, che i legatari sono obbligati al pagamento dell’imposta relativa ai rispettivi legati.

In conformità a quanto precisato dalle istruzioni per la compilazione del modello di dichiarazione di successione e domanda di volture catastali, che tengono conto, allo stato, della distinzione civilistica tra legato di genere e legato di specie, il legato di genere – in quanto debito dell’erede che, dunque, non grava sul valore dell’eredità o delle quote ereditarie – non viene decurtato, a differenza del legato di specie, dal valore delle stesse.

Legato di genere: l’orientamento della Cassazione

In merito al trattamento fiscale sono state fornite importanti delucidazioni dalla Corte di Cassazione che, con ordinanza 3 novembre 2020, n. 24421, nel richiamare la sentenza 11 aprile 2011, n. 8195, ha chiarito che, a fini fiscali, il legato di genere – ancorché distinto dalle passività deducibili – deve essere escluso dal valore dell’eredità o delle quote ereditarie, al pari delle altre tipologie di legato.

Successivamente, con ordinanza 21 giugno 2022, n. 19906, la sezione V della Cassazione ha ribadito che, ai fini dell’imposta di successione, il legato di genere va distinto dalle “passività” dell’asse ereditario.

Più precisamente, la Cassazione ha ritenuto che la dichiarazione di successione deve riportare l’indicazione dei legatari nel quadro EA, in quanto i relativi diritti di credito, derivanti dall’attribuzione di tali legati, trovano corrispondenza nel quadro ER – Rendite, crediti altri beni, con il codice GD – cosa genericamente determinata ai sensi dell’art. 653 del c.c..

Nel caso di legato di cosa genericamente determinata il relativo importo non deve essere indicato tra le passività, in quanto, ancorché legato, esso non rappresenta un peso che grava sull’asse ereditario, ma un debito degli eredi; di conseguenza l’importo del legato non viene riportato nel quadro di riepilogo dell’asse ereditario, mentre viene considerato in sede di liquidazione dell’imposta di successione in relazione al beneficiario dello stesso.

Ciò sul presupposto che il legato pecuniario è un legato di una certa quantità di cose determinate solo nel genere, che è valido tanto se delle cose legate ve ne siano nel patrimonio ereditario al tempo dell’apertura della successione quanto se non ve ne siano, a meno che non risulti chiaramente che il testatore intese riferirsi a quelle esistenti nel suo patrimonio al momento della morte.

Cambio di passo dell’Agenzia delle Entrate

La circolare n. 19/E/2023 evidenzia che, sul piano fiscale, il legato di genere, in quanto debito dell’erede, non viene allo stato decurtato, a differenza del legato di specie, dal valore dell’eredità o delle quote ereditarie.

Prendendo le mosse dalla rilevanza, anche ai fini fiscali, della distinzione civilistica tra legato di genere e legato di specie, l’Agenzia ha evidenziato che il legato di genere è tassato non solo in capo all’erede (non essendo considerato deducibile dal valore dell’eredità o delle quote ereditarie), ma anche in capo al legatario ai sensi dell’art. 36, comma 5, del TUS.

La tassazione in capo all’erede di una ricchezza (corrispondente al valore del legato) destinata a essere devoluta, a titolo particolare, al legatario non appare in linea con i generali principi di giusta imposizione che informano l’ordinamento tributario.

Inoltre, ai sensi dell’art. 36, comma 1, D.Lgs. n. 346/1990, l’erede è solidalmente responsabile per il pagamento dell’imposta di successione nell’ammontare complessivamente dovuto non solo dagli eredi, ma anche dai legatari.

Con la conseguenza che gli stessi rispondono solidalmente anche per quanto dovuto dai legatari, a titolo di imposta di successione, sul legato di genere.

Considerato che le modalità di tassazione del legato di genere possono risultare in violazione del principio di giusta imposizione e tenuto conto del fatto che l’art. 8, comma 3, dispone espressamente che il valore dell’eredità o delle quote ereditarie è determinato “al netto dei legati”, secondo i nuovi chiarimenti delle Entrate è coerente determinare l’eredità o le quote ereditarie al netto dei legati, indipendentemente dalla tipologia degli stessi.

Quindi richiamando i principi espressi dalla Giurisprudenza, l’Amministrazione finanziaria giunge a sostenere che, ferma restando la distinzione civilistica fra legato di genere e legato di specie, in sede di liquidazione dell’imposta di successione, il valore del legato di genere, al pari di quello di specie, va dedotto dal valore dell’eredità o delle quote ereditarie.

Contenzioso pendente: cosa farà l’Agenzia delle Entrate

Dalla nuova impostazione dell’Agenzia delle Entrate sul trattamento fiscale del legato di genere deriva l’invito alle strutture territoriali a riesaminare le eventuali controversie pendenti e, ove l’attività di liquidazione dell’ufficio sia stata effettuata secondo criteri non conformi, ad abbandonare, con le modalità di rito, tenendo conto dello stato e del grado di giudizio, la pretesa tributaria, sempre che non siano sostenibili altre questioni.

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