L’esportatore abituale “rischia” una sanzione del 100% dell’IVA se riceve una fattura non imponibile

L’esportatore abituale è un soggetto passivo IVA che, nei dodici mesi precedenti, ha effettuato cessioni all’esportazione, cessioni intracomunitarie o altre operazioni assimilate per un ammontare superiore al 10% del volume d’affari, al fine di poter effettuare acquisti non imponibili ai fini IVA, di cui all’art. 8, comma 1, lettera c), D.P.R. n. 633/1972.
Il limite del 10% del volume d’affari complessivo, previsto appunto dall’art. 1, D.L. n. 746/1983, al fine di godere del beneficio della sospensione d’imposta e costituente il presupposto per lo stato di “esportatore abituale o agevolato”, ha carattere generale e riguarda tutte le operazioni non imponibili, ivi comprese quelle assimilate alle cessioni all’esportazione (art. 8-bis, D.P.R. n. 633/1972).

L’esportatore abituale dovrà poi trasmettere, in via telematica, all’Agenzia delle Entrate, un’apposita dichiarazione d’intento e comunicarne gli estremi del protocollo ai vari fornitori, affinché costoro possano riscontrarne, sul sito dell’Agenzia, l’avvenuta presentazione prima di emettere fatture non imponibili.

La qualificazione di esportatore abituale, ai fini dell’utilizzo del plafond, potrà essere riconosciuta anche ai soggetti non residenti identificati ai fini IVA in Italia, direttamente oppure a mezzo rappresentante fiscale (risoluzione n. 80/E/2011). Il requisito di esportatore abituale potrà essere trasferito nell’ambito di operazioni straordinarie quali l’affitto, il conferimento o la cessione di aziende, purché la circostanza risulti dai contratti, ne venga data comunicazione all’Ufficio, siano ceduti crediti e debiti e l’acquirente prosegua l’attività (R.M. n. 16/E/1996). Con la risoluzione ministeriale del 21 aprile 2008, n. 165/E è stato chiarito che nelle trasformazioni sostanziali soggettive (escluso l’affitto), il trasferimento del plafond non è subordinato al trasferimento di tutti i crediti e debiti dell’azienda ma solo alle posizioni necessarie all’attività rivolta ai clienti non residenti.

Se non viene comunicato il trasferimento del plafond all’Agenzia, ciò costituisce violazione meramente formale qualora l’informazione fosse comunque contenuta nell’atto registrato e l’omissione non avesse inciso sul versamento dell’IVA (Cass. n. 19366/2018).

Qualora poi muti il regime dell’operazione attiva, che da non imponibile diventa imponibile, comportante l’obbligo di emissione di una nota di variazione in aumento dell’IVA, l’esportatore abituale sarà esposto al rischio di aver superato il plafond disponibile dell’anno di registrazione dell’operazione originaria, con il conseguente obbligo di regolarizzare l’avvenuto splafonamento (Cass. n. 30800/2022).

Il quesito posto all’Agenzia delle Entrate

La questione posta al fisco riguarda il caso di un esportatore abituale che acquista ampiamente nel limite del proprio plafond disponibile, ma si trova a dover fronteggiare dei propri fornitori che hanno emesso fatture non imponibili, per un ammontare superiore a quello indicato nella dichiarazione di intento. In seguito, il cliente/esportatore non ha poi provveduto alla regolarizzazione dell’operazione.

Considerato che, Sebbene il fornitore emetta una fattura ex art. 8, comma 1, lettera c), D.P.R. n. 633/1972 per un importo non imponibile ai fini IVA superiore a quanto indicato nella dichiarazione d’intento, non si tratta di un’ipotesi di splafonamento, quale sanzione risulterebbe irrogabile in capo all’esportatore abituale?

La posizione del fisco

L’Agenzia ha precisato che qualora l’esportatore abituale riceva una fattura non imponibile, nel limite del proprio plafond disponibile, ma per un importo superiore alla dichiarazione d’intento rilasciata dal fornitore, potrà incorrere nella sanzione pari al 100% dell’imposta, con un minimo di 250 euro (art. 6, comma 8, D.Lgs. n. 471/1997), qualora non provveda alla regolarizzazione nei termini e con le modalità indicate.

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