Il diritto tributario non può essere gestito dall’intelligenza artificiale, se non nei casi di infima rilevanza che, essendo numerosi, non devono occupare l’attività dell’Amministrazione finanziaria (che cioè “amministra”, gestisce, decide). Anche i contribuenti e i loro consulenti devono operare in modo adeguato, così come già adesso prevede l’
art. 4 del
D.Lgs. n. 128 del 2015, che richiede ai contribuenti, in particolare:
– un comportamento collaborativo e trasparente, mediante comunicazione tempestiva ed esauriente all’Agenzia delle Entrate dei rischi di natura fiscale e, in particolare, delle operazioni che possono rientrare nella pianificazione fiscale aggressiva;
– la promozione di una cultura aziendale improntata a principi di onestà, correttezza e rispetto della normativa tributaria, assicurandone la completezza e l’affidabilità, nonché la conoscibilità a tutti i livelli aziendali.
Questo tema è all’attenzione della Commissione Tax Policy Internazionale e Relazioni con Enti Istituzionali del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, che si è soffermata sul documento per discussione della CFE – Tax Advisers Europe – già presentato dal Prof.
Piergiorgio Valente alla Commissione Europea nella EU Platform, e che sarà discusso il 21 settembre prossimo al convegno di Helsinki sugli affari professionali.
Cinque domande per il professionista tributario
Il documento tende a individuare una “asticella” di qualità etica nella professione tributaria.
È interessante riportare le cinque domande fondamentali, che il consulente deve porsi:
1 – esiste uno scopo economico genuino nella pianificazione fiscale, al di là di conseguire un beneficio fiscale, sia presente che futuro?
2 – le disposizioni sono artificiose o manipolate nascondendo la sostanza dietro la forma per conseguire un beneficio fiscale?
3 – è probabile che i giudici tributari e gli stakeholders informati potranno credere nel tax planning basato sulle interpretazioni delle pertinenti norme fiscali internazionali e nazionali?
4 – la costruzione fiscale sarebbe stata portata a termine se la pertinente autorità avesse avuto una visione completa di ogni aspetto della pianificazione? (elemento coerente con il primo sopra indicato per il nostro adempimento collaborativo);
5 – ci sono altre motivazioni potenziali per cui la pianificazione potrebbe essere percepita come abusiva dai policy-makers o dal pubblico?
Il contesto internazionale è profondamente cambiato negli ultimi anni, ad esempio con la
direttiva DAC 6 (direttiva UE n. 2018/822 –
D.Lgs. n. 100/2020), che impone la comunicazione delle “costruzioni” transfrontaliere che consentono benefici fiscali, anche non illeciti, ma altrimenti non conseguibili e con le inchieste internazionali sui “favori” che alcuni Stati hanno concesso a determinate imprese, in cambio della localizzazione di capitali, ma senza un’effettiva presenza operativa nel loro territorio.
A quest’ultimo riguardo la
legge delega per la riforma fiscale (legge n. 111/2023) contiene una disposizione rilevante: nel rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato e dei princìpi sulla concorrenza fiscale non dannosa, si possono concedere
incentivi all’investimento o al trasferimento di capitali in Italia per la promozione di attività economiche nel territorio nazionale, predisponendo misure idonee a
prevenire ogni forma di abuso.
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