Lettere d’intento, bonus edilizi e definizione delle liti: le risposte dell’Agenzia delle Entrate

Dichiarazioni d’intento, sanzioni applicabili anche se il fornitore dell’esportatore abituale emette una fattura in regime di non imponibilità, nel limite del proprio plafond disponibile, ma per un importo superiore alla dichiarazione d’intento rilasciatagli al fornitore. È uno dei chiarimenti resi dall’Agenzia delle Entrate in risposta ad alcuni quesiti; l’Agenzia ha ribadito la necessità di effettuare un monitoraggio costante degli acquisti da parte dei soggetti che utilizzano le dichiarazioni d’intento.

Il quesito posto all’attenzione dell’Agenzia aveva ad oggetto il caso in cui l’esportatore abituale che aveva ricevuto una fattura non imponibile, nel limite del proprio plafond disponibile, ma per un importo superiore alla dichiarazione d’intento rilasciata al fornitore. L’esportatore abituale non aveva provveduto a regolarizzare l’operazione e, pertanto, chiedeva all’Agenzia quale sanzione gli sarebbe stata irrogata.

Al fine di fornire risposta l’Agenzia ha in primo luogo ricordato che gli esportatori abituali al fine di effettuare acquisti non imponibili ai fini IVA, devono trasmettere telematicamente alle Entrate una dichiarazione di intento e comunicarne gli estremi del protocollo ai fornitori, affinché questi ultimi possano riscontrarne, sul sito dell’Agenzia, l’avvenuta presentazione e riportare gli estremi nelle loro fatture emesse. Se l’esportatore abituale riceve una fattura non imponibile, nel limite del plafond disponibile, ma per un importo superiore alla dichiarazione d’intento rilasciata al fornitore, può incorrere nella sanzione (art. 6, comma 8, D.Lgs. n. 471/1997) pari al 100% dell’imposta, con un minimo di 250 euro, qualora non provveda alla sua regolarizzazione nei termini e con le modalità ivi indicate.

IVA

Sempre in ambito IVA, l’Agenzia reso anche i seguenti chiarimenti:

– il termine per l’annotazione della nota di credito ex articoli 23 o 25, D.P.R. n. 633/1972, decorre dalla data di ricevimento della stessa. Infatti, ai sensi del disposto dell’art. 26, D.P.R. n. 633/1972, le note di variazione sono emesse per rettificare, in aumento o in diminuzione, importi oggetto di precedente fatturazione. La nota di variazione (di addebito o di accredito) ha gli stessi requisiti della fattura e deve essere emessa, con riferimento all’originaria fattura, per la differenza dell’importo risultante errato o concesso a titolo di sconto. La rettifica in diminuzione rappresenta una mera facoltà attribuita al cedente/prestatore. Una volta emessa la nota di variazione in diminuzione (“nota di credito”), il cessionario/committente deve annotarla in diminuzione nel registro degli acquisti ovvero, in alternativa, in aumento nel registro delle fatture emesse, al fine di far emergere l’Iva a debito. In tale evenienza, il termine per l’annotazione della nota di variazione decorre dalla data di ricevimento della stessa;

– nel caso in cui siano state poste in essere operazioni inesistenti astrattamente imponibili, con intento fraudolento, con l’applicazione dell’IVA mediante il meccanismo del reverse charge, la sola sanzione applicabile è quella del 90% (ex art. 6, comma 9bis3, D.Lgs. n. 471/1197) non anche quella prevista per il reato di dichiarazione infedele;

– si applica l’aliquota IVA del 5% di cui al n. 1) della Tabella A, parte II-bis, allegata al D.P.R. n. 633/1972, per le prestazioni di carattere socio-sanitario, assistenziale ed educativo (art. 10 nn. 18, 19, 20, 21 e 27-ter, D.P.R. n. 633/1972) rese dalle cooperative sociali nei confronti dei soggetti svantaggiati indicati dal n. 27-ter dell’art. 10. E ciò anche nel caso in cui la cooperativa sociale sia un ente del Terzo settore avente natura commerciale.

Reddito d’impresa

In materia di reddito d’impresa, l’Agenzia ha reso chiarimenti in ordine alle modalità di tassazione delle riserve di utili a seguito della trasformazione di una società di capitali in una società semplice.

Richiamando quanto indicato nella circolare n. 26/E/2016, l’Agenzia ha ricordato che la trasformazione di una società di capitali in società semplice determina il passaggio da un soggetto esercente attività d’impresa a un altro cui detta attività (per espressa previsione civilistica) è preclusa e che tale operazione costituisce, quindi, un’ipotesi di destinazione dei beni a finalità estranee all’esercizio d’impresa; ha, altresì, precisato che le riserve costituite prima della trasformazione sono da imputare ai soci nel periodo d’imposta successivo alla trasformazione medesima, con conseguente tassazione secondo le regole ordinarie.
A tale riguardo, si fa presente che l’art. 170 TUIR, dettato in materia di trasformazione omogenea regressiva da società di capitali a società di persone, stabilisce, al comma 5, che “le riserve (costituite prima della trasformazione) sono assoggettate ad imposta secondo il regime applicabile alla distribuzione delle riserve delle società di cui all’articolo 73”.

Pertanto, la società semplice risultante dalla trasformazione di società di capitali applica la ritenuta d’imposta del 26% sulle riserve di utili imputate ai soci persone fisiche, la quale deve essere versata entro il 16 aprile del periodo d’imposta successivo alla trasformazione.

Bonus edilizi

Per quel che concerne la fruizione dei bonus edilizi l’Agenzia ha chiarito che:

– nel caso di lavoro a cavallo d’anno, ai fini dell’esercizio dell’opzione per lo sconto in fattura relativamente all’importo indicato nella stessa a fronte di un SAL pari ad almeno il 30% degli interventi, non rileva l’eventuale circostanza che gli interventi siano realizzati in periodi d’imposta diversi. Ciò implica che, nel caso in cui nel 2022 sono stati effettuati lavori agevolati con il superbonus per un ammontare pari a 2.000 euro e nel 2023 sono stati effettuati lavori per altri 8.000 euro, il relativo pagamento di 10.000 euro, effettuato tutto nel 2023, può essere oggetto di cessione per la sua totalità;

– con riferimento al condominio che ha i requisiti per il superbonus al 110% per i lavori pagati entro il 31 dicembre 2023 e ha anche i requisiti per la cessione del credito, è stato chiesto se lo stesso possa anticipare i pagamenti dei lavori da effettuarsi nei primi mesi del 2024 (in modo da raggiungere la fine lavori ovvero un SAL qualificato al 30/60%) per poi cedere questo importo (integralmente pagato nel 2023) all’istituto di credito con comunicazione della cessione entro il 16 marzo 2024. La risposta dell’Agenzia è stata negativia pagamenti e lavori realizzati devono essere allineati in un SAL riferito al massimo al 31 dicembre 2023;

– il momento in cui si considera sostenuta la spesa coincide con quello di trasmissione della fattura a mezzo SdI, perché, per il committente/cessionario, quella è la data in cui si considera emessa la fattura ai fini IVA. Pertanto, per le spese agevolate coperte da sconto integrale del 100%, il momento di sostenimento per cassa coincide con quello di emissione della fattura con sconto, tale momento viene a essere quello di trasmissione a mezzo SdI della fattura.

Definizione delle liti

All’Agenzia è stata chiesta quale sia la rilevanza di errori commessi nel calcolo del totale dovuto, ai fini della validità della definizione della controversia, in quanto – diversamente dalla rottamazione quater, per la quale nel sito di Agenzia delle Entrate-Riscossione era possibile verificare i carichi pendenti – il totale dovuto e la riduzione in caso di adesione alla particolare procedura, ai fini della definizione agevolata delle controversie, il totale versato dal contribuente in pendenza di giudizio non sono reperibili in alcun sito ufficiale.

L’Agenzia ha chiarito che l’errore nel versamento non comprometterà la definizione agevolata della controversia: l’Ufficio, infatti, prima di emettere il provvedimento di diniego inviterà il contribuente a regolarizzare le carenze riscontrate. 

Infine, con riferimento al possibile scomputo per gli interessi da rate già versati, l’Agenzia ha chiarito che i medesimi sono scomputabili dal totale dovuto gli interessi corrisposti per la dilazione delle somme pagate in pendenza di giudizio.

Il dubbio riguarda l’ipotesi in cui il contribuente per il versamento in pendenza di giudizio richieda una rateazione all’agente della riscossione, pagando gli interessi su ciascuna rata. La norma sulla definizione agevolata delle controversie prevede che dagli importi dovuti si scomputi quanto versato a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio di spettanza dell’Agenzia, escludendo così quanto eventualmente corrisposto in favore di Agenzia delle Entrate-Riscossione (circolare n. 6/E/2019). Di conseguenza, l’Agenzia ha ritenuto che, se versati in pendenza di giudizio, gli interessi siano scomputabili dal totale dovuto per la definizione agevolata.

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