Negli ultimi due anni post Covid, molte società hanno permesso ai proprio lavoratori di svolgere la propria attività in maniera agile/smart working anche dall’estero. Tuttavia, il legislatore, in ambito tributario, non ha predisposto ed emanato regole ad hoc sul reddito da lavoro dipendente e pertanto continuano ad applicarsi le regole generali previste dai Trattati contro le doppie Imposizioni (ex art. 15) e dal TUIR (ex art. 23): potestà impositiva nel Paese ove l’attività viene svolta.
Per questo motivo vi sono stati molti lavoratori che, a seguito del rifiuto del proprio datore estero di svolgere l’attività in Italia (causa rischi PE) hanno deciso di “cambiare società”. Situazione, molto frequente nel mondo dei fondi di private equity.
La novità della legge di Bilancio 2023
La novella normativa esclude infatti, al ricorrere di determinate condizioni indicate nella norma, che un veicolo d’investimento non residente possa integrare in Italia una stabile organizzazione come conseguenza del lavoro svolto nel nostro Paese da parte di investment and asset manager residenti o non residenti.
La legge di Bilancio, introducendo il comma 7-ter nell’art. 162, prevede che il soggetto residente o non residente in Italia si consideri indipendente dal veicolo di investimento non residente e che operi tramite una propria stabile organizzazione in Italia in nome o per conto del veicolo di investimento non residente o di sue controllate e che l’asset o investment manager abbia poteri discrezionali, nonchè abitualmente concluda contratti di acquisto, di vendita o di negoziazione, o comunque contribuisca tramite operazioni preliminari o sostanziali, all’acquisto, alla vendita o alla negoziazione di strumenti finanziari, anche derivati e comprese le partecipazioni al capitale o al patrimonio, e di crediti.
Le disposizioni del comma 7-ter si applicano qualora:
a) il veicolo di investimento sia considerato residente ovvero sia localizzato in uno Stato o territorio che garantisca un adeguato scambio d’informazioni con l’Italia ai sensi della normativa applicabile ai grandi emittenti;
b) Il veicolo di investimento non residente rispetti i requisiti di indipendenza stabiliti dal decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze. A tal fine sarebbe utile richiamare la normativa già prevista dall’HMRC inglese ai fini dell’independent capacity test (Part A, par. 35, Statement of Practice 1 (2001): treatment of Investment Managers and their overseas clients);
c) il soggetto residente o non residente non ricopra cariche negli organi di amministrazione e di controllo del veicolo di investimento e di sue controllate, e non detenga una partecipazione ai risultati economici del veicolo d’investimento non residente superiore al 25%;
d) il soggetto residente, o la stabile organizzazione nel territorio dello Stato del soggetto non residente, che presta servizi nell’ambito di accordi con entità appartenenti al medesimo gruppo riceva, per l’attività svolta nel territorio dello Stato, una remunerazione supportata dalla documentazione idonea ai fini del transfer pricing le cui linee guida saranno illustrate da un apposito provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.
Trova applicazione il regime impatriati?
Ne consegue che, in presenza di tutti i requisiti previsti dalla norma agevolativa in commento, possono accedere all’agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero.
È utile rammentare che, ove l’attività venga svolta sul territorio italiano in assenza di un certificato di copertura previdenziale, la società estera dovrà adempiere agli obblighi contributivi in Italia attraverso una rappresentanza previdenziale.