La Pubblica amministrazione italiana ha cominciato a rispettare i tempi di pagamento delle forniture imposti dalla legge. Almeno nella sua media, anzi, è riuscita a liquidare le fatture con un giorno di anticipo rispetto alla scadenza. Ma non al Sud. La notizia, nei dati sui pagamenti dei debiti commerciali appena diffusi dal ministero dell’Economia, c’è tutta. Anzi, ce ne sono due. Perché per la prima volta la versione evoluta del cervellone telematico della Ragioneria generale, il «Siope+», permette di calcolare in modo puntuale lo stock di nuovo debito generato nel 2018:?26,9 miliardi. Perché le 22.200 amministrazioni italiane registrate, dal più grande dei ministeri fino ai piccoli Comuni, hanno ricevuto 28,2 milioni di fatture per un valore di 148,6 miliardi di euro,?e ne hanno onorate 20,3 milioni per 120,7 miliardi.
I nuovi numeri, insomma, fanno piacere a una fetta importante delle aziende che lavorano con la Pa, ma non a tutte. E soprattutto aiutano il governo italiano, sotto processo presso la Corte di giustizia europea proprio per il mancato rispetto dei tempi di pagamento imposti dalla direttiva 2011/7/Ue: 30 giorni, 60 nella sanità.
Le due notizie cruciali del nuovo «cruscotto dei pagamenti» potranno subire nelle prossime settimane qualche piccolo smottamento, ma tutto sommato marginale. Le code statistiche e l’incrocio con le comunicazioni sui pagamenti che tutti gli enti hanno dovuto inviare entro il 30 aprile potrebbe correggere il dato sui tempi medi di pagamento, ma senza incrinare il rispetto sostanziale delle scadenze fotografato oggi sulla base della quasi totalità delle fatture 2018;?e potrebbe limare un po’ quei 26,9 miliardi di nuovo debito commerciale, perché qualche ente potrebbe aver effettuato il pagamento ma senza comunicarlo alla piattaforma dei crediti. In ogni caso la tendenza è chiara. E va spiegata.
Al traguardo del rispetto dei tempi medi di pagamento la Pa arriva dopo un miglioramento lento ma costante. Il 2016 si era chiuso con 16 giorni medi di ritardo, il 2017 li aveva ridotti a 10 e il 2018 appunto li azzera.
Si tratta, però, di dati medi, in cui convivono amministrazioni già da anni rapide nei pagamenti ed enti che continuano anche oggi ad arrancare. Regioni (5 giorni di anticipo medio) e Città metropolitane (4 giorni) pagano più in fretta delle Province (7 giorni di ritardo) e dei Comuni. Fra questi ultimi, gli enti sotto i 10mila abitanti (1 giorno di ritardo) fanno meglio di quelli più grandi (i ritardi medi sono 6 giorni sopra i 60mila abitanti, e 8 fra 10mila e 60mila). Ma la faglia più ampia è ancora una volta quella che separa il Nord, dove si viaggia otto giorni sotto la media, e il Sud, che invece impiega 11 giorni in più rispetto al dato nazionale (al Centro i giorni aggiuntivi sono tre). Perché norme a parte, è lo stato di salute della cassa a incidere sulle prassi amministrative.
Proprio a Sud, quindi, sono destinate a colpire le sanzioni scritte nella manovra, che dall’anno prossimo puniranno con obblighi di accantonamento (e tagli ai premi dei manager nella sanità) le amministrazioni che non riducono lo stock dei propri debiti commerciali. È l’ultimo tassello messo dalla normativa italiana anche per contrastare la procedura d’infrazione con interventi che vanno oltre il monitoraggio del fenomeno. La decisione è attesa a breve, e potrebbe sfociare in un ultimatum all’Italia per adeguarsi definitivamente al calendario di legge:?un percorso, dicono i numeri Mef, quasi raggiunto.
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