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Misure fiscali della legge di Bilancio 2024: solo piccolo cabotaggio. L’attenuante c’è

Misure Fiscali Della Legge Di Bilancio 2024: Solo Piccolo Cabotaggio
Il disegno di legge di Bilancio 2024, licenziato nei giorni scorsi dal Governo, contiene ben poche misure di stretta natura tributaria degne di rilevanza. Anzi, fuor di metafora, si tratta di misure così poco rilevanti per il sistema tributario nel suo complesso da poter essere annoverate tra quelle di carattere bagattellare e di piccolo cabotaggio.
A parziale, ma forte scusante, va detto che le misure più corpose e di sistema sono contemplate nella delega della riforma tributaria recata dalla legge n. 111 del 2023 e, pertanto, si è in attesa di conoscere gli schemi dei decreti delegati che verranno emanati per la sua attuazione.

Tornando al disegno di legge di Bilancio 2024, le modifiche di carattere strettamente fiscale si limitano per lo più ad aggiustamenti normativi di dettaglio. Modeste e ben poco percettibili paiono le misure di attenuazione della pressione fiscale, limitate all’emblematica riduzione del canone Rai ed alla detassazione dei premi di risultato e quelle relative al welfare aziendale. Poca cosa, a parte l’esonero parziale dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti, di natura paratributaria, per essere degne di nota.

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Per il resto, alcune delle misure fiscali sono destinate a rettificare alcune disposizioni rivelatesi inadeguate soprattutto in materia di misure antievasione fiscale, altre a cercare di uniformare e razionalizzare criteri di tassazione ed altre ancora semplicemente a prorogare agevolazioni.

Alla prima categoria vanno ascritte le misure di mera riassegnazione delle aliquote IVA per alcuni prodotti alimentari (latte e preparazioni alimentari) o sanitari (assorbenti e simili) che erano soggette all’aliquota ridotta del 5% e sono ora inclusi nella parte III della Tabella A allegata al decreto IVA che contiene i beni soggetti all’aliquota del 10%. Vi rientrano anche le modifiche in materia di imposte sulla produzione e sui consumi, di ben poca rilevanza, e quelle considerate strumento della lotta all’evasione. Queste ultime riguardano ritocchi alle misure dirette a contrastare l’evasione fiscale nel settore del lavoro domestico (badanti e personale di servizio), facendo affidamento soprattutto sull’adempimento spontaneo indotto da comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate su anomalie riscontrate mediante l’interoperatività delle banche dati fiscali e previdenziali. Appare però ottimistico pensare che esse possano realmente incidere, in modo significativo, su una situazione che deriva da convergenza di interessi tra le parti (datore di lavoro privato e lavoratore) nel mantenere in zona grigia le reali remunerazioni erogate. Hanno la medesima ratio le misure che consentono l’adeguamento delle rimanenze iniziali dei beni costituenti merci, materie e prodotti finiti e comunque destinate alla vendita o all’utilizzo produttivo, per rettificare le loro pregresse sopravalutazioni o sottovalutazioni (per quantità o valori) iscritte falsamente nei bilanci degli esercizi precedenti. In verità la misura in esame sembra costituire più una sanatoria non soggetta a sanzioni ed in odore di condono, in quanto prescrive il recupero pieno dell’IVA evasa nell’ipotesi di sottovalutazione delle giacenze, mentre per le imposte sui redditi, la cui evasione è rinvenibile in entrambi i casi (di eliminazione o iscrizione di valori), è prevista un’imposta sostitutiva del 18% con vantaggio significativo che appare discutibile. Nel passaggio parlamentare si dovrebbe almeno eliminare questa stortura e tornare al recupero pieno delle imposte, lasciando solo l’esonero da sanzioni.

Sono da considerare nella seconda categoria le misure, per altro oggetto di discussioni in sede politica, che aumentano al 26% l’imposta sostitutiva sui canoni conseguiti dalle locazioni brevi, uniformata a quella che si applica alle rendite finanziarie ed alle plusvalenze sulle cessioni dei prodotti finanziari, in tal modo parificando il trattamento fiscale delle “rendite”.

Un intervento orientato a realizzare una maggiore equità fiscale è quello che prevede la possibilità di applicare l’imposta sostitutiva del 26% anche alle plusvalenze, la cui tassazione è di nuovo conio, conseguite mediante cessione onerosa degli immobili oggetto di interventi agevolativi (bonus e superbonus) conclusi da non più di dieci anni, con esclusione degli immobili acquisiti per successione o adibiti ad abitazione principale per la maggior parte del periodo di dieci anni antecedenti alla cessione. In tal caso non si tiene conto delle relative spese sostenute se essi hanno fruito del superbonus del 110% e sono state esercitate le opzioni per la cessione del credito d’imposta o lo sconto in fattura, relativamente a interventi conclusi da non più di cinque anni, mentre si tiene conto del 50% di tali spese se gli interventi si sono conclusi da più di cinque anni all’atto della cessione plusvalente. In tal modo i benefici fiscali dei bonus vengono attenuati nettamente ritenendosi, probabilmente, che i cedenti abbiano voluto realizzare, monetizzandoli, i plusvalori che hanno ottenuto per effetto delle migliorie dovute agli interventi di ristrutturazione eseguiti. Una piccola attenuazione è realizzata con la disposizione che prevede la rivalutazione annuale del prezzo di acquisto (o costo di costruzione) in base agli indici ISTAT degli immobili anzidetti, se acquistati o costruiti alla data della cessione da oltre cinque anni.

Con la stessa logica, di tassazione dei maggiori valori che conseguono gli immobili interessati dalle ristrutturazioni edilizie, è prevista doverosamente, in termini di equità orizzontale, la revisione delle rendite catastali degli immobili interessate dagli interventi di ristrutturazione agevolata. Va considerata una misura di razionalizzazione normativa e di semplificazione quella dell’art. 16 che prevede modifiche al regime delle plusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate realizzate da società ed enti non residenti, sancendo la loro sommatoria algebrica, nei limiti del 5%, con la corrispondente quota delle relative minusvalenze.

Sono da considerare nella terza categoria, di proroga di misure agevolative, le disposizioni che consentono di rideterminare i valori di acquisto di terreni e di partecipazioni societarie negoziate o no nei mercati regolamentati. La normativa di riferimento è quella datata della legge Finanziaria 2002, la n. 448, limitandosi la misura in esame a considerare le partecipazioni possedute al 1° gennaio 2024 ed a stabilire che la perizia relativa debba essere redatta e giurata entro il 30 giugno 2024 per determinare il valore normale riferito al mese di dicembre 2023 e confermando la misura del 16% dell’imposta sostitutiva.

Così sinteticamente considerate le misure fiscali previste nel disegno di legge di Bilancio 2024, appare evidente la loro limitata portata sia qualitativa che quantitativa. Non presentano invero elementi di innovazione sistematica degne di nota e neppure è stimato che avranno effetti di qualche significato con riguardo al gettito previsto.

Una Manovra, quindi, con un nocchiero distratto ed attento a rimanere in acque sicure, e pertanto di piccolo cabotaggio in condizioni di bonaccia.

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