Modifiche allo Statuto del contribuente: tutele rafforzate e contraddittorio generalizzato

I criteri e principi direttivi recati dalla legge delega n. 111/2023 prevedono la revisione dello Statuto del Contribuente, incentrando l’attenzione, in primo luogo:

– sul legittimo affidamento del contribuente,

– sulla certezza del diritto,

– sul rafforzamento dell’obbligo di motivazione.

Legittimo affidamento

Il vigente art. 10 della legge n. 212/2000 prevede tre importanti capisaldi nei rapporti tra Amministrazione finanziaria e contribuente.

In primo luogo, si afferma il principio generale che tali rapporti siano “improntati al principio della collaborazione e della buona fede”. In tale ambito si collocano le nuove norme in materia di:

proporzionalità nel procedimento tributario (art. 10-ter, introdotto dallo schema di decreto legislativo): il procedimento tributario deve svolgersi nel rispetto del principio di proporzionalità, non eccedendo ciò che è necessario al raggiungimento del proprio obiettivo;

– introduzione dell’autotutela obbligatoria (art. 10-quater), vale a dire senza necessità di istanza di parte, “anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi”, nei casi di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione per errore di persona, errore di calcolo, errore sull’individuazione del tributo, errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione finanziaria (con esclusione dei casi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all’Ufficio nonché, in caso di atti definitivi, decorsi 3 mesi dalla definitività per mancata impugnazione).

Possiamo considerare in questo ambito anche il divieto espresso per l’amministrazione finanziaria di divulgare, nell’esercizio dell’azione amministrativa, i dati dei contribuenti acquisiti anche attraverso l’interoperabilità con altre banche dati.

Certezza del diritto

Possono ricomprendersi sotto l’egida della certezza del diritto le nuove disposizioni relative al supporto all’attività dei contribuenti mediante i documenti di prassi (circolari interpretative e applicative, consulenza giuridica, interpello, consultazione semplificata, riservata alle persone fisiche e i contribuenti di minori dimensioni, comprese le società di persone a contabilità semplificata).

Relativamente al diritto di interpello, l’istituto viene razionalizzato ed uniformato, fermo restando la possibilità di presentare istanza per ottenere una risposta riguardante “fattispecie concrete e personali” relativamente all’applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla loro corretta interpretazione, sulla corretta qualificazione di fattispecie, sulla disciplina dell’abuso del diritto in relazione a specifiche fattispecie, sulla disapplicazione di disposizioni tributarie antielusive, sulla sussistenza delle condizioni e valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali e sulla sussistenza delle condizioni e valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge ai fini dell’opzione per l’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero (art. 24-bis TUIR).

Inoltre, dando attuazione ad una specifica previsione della legge delega, si prevede che la presentazione dell’istanza di interpello “è in ogni caso subordinata al versamento di un contributo, destinato a finanziare iniziative per implementare la formazione del personale delle agenzie fiscali, la cui misura e le cui modalità di corresponsione sono individuate con decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze in funzione della tipologia di contribuente, del suo volume di affari o di ricavi e della particolare rilevanza e complessità della questione oggetto di istanza”.

Obbligo di motivazione

Lo schema di decreto legislativo, in ossequio al principio di delega che prevede di rafforzare l’obbligo di motivazione degli atti impositivi, anche mediante l’indicazione delle prove su cui si fonda la pretesa, interviene sulla disciplina della motivazione degli atti tributari, stabilendo che i provvedimenti dell’amministrazione finanziaria devono essere motivati “a pena di annullabilità”, con l’indicazione specifica dei presupposti, dei mezzi di prova, oltre che delle ragioni giuridiche su cui si fonda la decisione. Il provvedimento, inoltre, prevede in maniera esplicita la possibilità della motivazione anche per relationem.

Principio del contraddittorio

Il decreto dà attuazione al principio della delega di prevedere una generale applicazione del principio del contraddittorio a pena di nullità, disciplinando espressamente tale istituto.

In particolare, lo schema di decreto delegato stabilisce che tutti i provvedimenti che incidono sfavorevolmente nella sfera del destinatario in materia di tributi (erariali, regionali, provinciali, comunali), ivi compresi i dazi e i diritti doganali, le sovrimposte, le addizionali, nonché i provvedimenti sanzionatori, devono esser preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato ed effettivo.

Il diritto al contraddittorio è escluso per gli atti non aventi contenuto provvedimentale, nonché per gli atti automatizzati (come gli atti di liquidazione e i controlli automatizzati), nonché per i casi motivati di fondato pericolo per la riscossione.

Il nuovo art. 6-bis della legge n. 212/2000, introdotto dal decreto delegato, delinea, inoltre, la procedura, i requisiti e i termini del contraddittorio tra amministrazione e contribuente.

In particolare, si prevede che l’Amministrazione finanziaria assegni al contribuente un termine non inferiore a 60 giorni per consentirgli eventuali controdeduzioni ovvero, su richiesta, per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo. Il provvedimento non è adottato prima della scadenza di tale termine. Se la scadenza del termine è successiva a quello di decadenza per l’adozione del provvedimento conclusivo (ovvero se fra la scadenza del termine assegnato per l’esercizio del contraddittorio e il predetto termine di decadenza decorrono meno di 120 giorni), tale ultimo termine è posticipato al 120° giorno successivo alla data di scadenza del termine di esercizio del contraddittorio.

Vizi degli atti

Gli articoli da 7-bis a 7-sexies dello Statuto, previsti dallo schema di decreto legislativo, intervengono in merito alla disciplina dei vizi degli atti dell’amministrazione finanziaria.

A tal fine, si disciplina:

– l’annullabilità (art. 7-bis): gli atti dell’amministrazione finanziaria sono impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria e sono annullabili “per violazione di legge, ivi incluse le norme sulla competenza, sul procedimento, sulla partecipazione del contribuente e sulla validità degli atti”. I motivi di annullabilità non sono rilevabili d’ufficio e devono, quindi, essere dedotti, a pena di decadenza, con il ricorso introduttivo del giudizio dinanzi alla Corte di giustizia tributaria di primo grado;

– la nullità (art. 7-ter): i vizi di nullità devono esser qualificati come tali dalle norme e possono essere eccepiti in sede amministrativa o giudiziaria. Tali vizi sono rilevabili d’ufficio e danno diritto alla ripetizione di quanto versato, salva la prescrizione del credito;

– l’irregolarità (art. 7-quater): l’incompleta o inesatta indicazione dell’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni sull’atto di riscossione costituisce mera irregolarità e non vizio di annullabilità;

– l’inesistenza (art. 7-sexies): si chiarisce che è inesistente la notificazione degli atti impositivi e della riscossione priva dei suoi elementi essenziali (soggetti giuridicamente inesistenti, privi di collegamento con il destinatario, estinti); fuori dai predetti casi la notificazione eseguita in violazione di legge è nulla, sanabile in caso di raggiungimento dello scopo dell’atto.

Inoltre, il nuovo art. 7-quinquies stabilisce che non sono utilizzabili ai fini dell’accertamento amministrativo o giudiziale del tributo gli elementi di prova acquisiti oltre i termini previsti per la permanenza degli operatori civili o militari presso la sede del contribuente (art. 12, comma 5), o in violazione di libertà costituzionalmente riconosciute.

Ne bis in idem

Il decreto legislativo introduce espressamente il principio del ne bis in idem nel procedimento tributario, stabilendo che l’amministrazione possa esercitare l’azione accertativa una sola volta per ogni periodo d’imposta.

Livelli essenziali delle prestazioni

Il decreto delegato stabilisce espressamente che attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, comma 2, lettera m), Cost. (che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e che prevedono la competenza esclusiva dello Stato) le disposizioni dello Statuo concernenti: la garanzia del contradditorio e dell’accesso alla documentazione amministrativa tributaria, la tutela dell’affidamento, il divieto del ne bis in idem e l’autotutela.

Garante del contribuente

Lo schema di decreto delegato prevede, inoltre, l’istituzione del “garante nazionale del contribuente”, dai poteri invero piuttosto limitati e formali, cui potersi rivolgere per lamentare disfunzioni, irregolarità, prassi amministrative anomale o irragionevoli.

Conclusioni

Il decreto delegato rafforza significativamente le garanzie a tutela dei contribuenti previsti dallo Statuto, soprattutto per quel che riguarda l’obbligo di motivazione degli atti e il principio del contraddittorio.

Non può non osservarsi, tuttavia, che i principi fissati dalla legge n. 212/2000 hanno comunque valore di legge ordinaria e sono, quindi, derogabili da un successivo atto avente forza di legge, come puntualmente avviene, ad esempio, in materia di decadenza.

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