Nei paradisi fiscali nascosti dagli italiani 142 miliardi (l’8,1% del Pil)
- 12 Ottobre 2019
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
Da Bruxelles l’analisi di quanto detenuto offshore dai cittadini dei diversi paesi. E quanto sottratto al Fisco nazionale
di Roberto Galullo e Angelo Mincuzzi
La Svizzera esce dalla “lista grigia” Ue dei paradisi fiscali
5′ di lettura
Nei paradisi fiscali ci sono 142 miliardi di euro nascosti da contribuenti italiani, una cifra grande quanto l’8,1% del Prodotto interno lordo. Il mancato introito fiscale per l’Italia causato dalla fuga nei centri offshore è stato di 1,73 miliardi di euro nel 2016, cioè lo 0,11% del Pil. Mentre si accende il dibattito politico sulle misure da inserire nella manovra per contrastare l’evasione fiscale in Italia, dalla Commissione europea arriva una fotografia impietosa della ricchezza mondiale stipata nei paradisi fiscali.
Secondo l‘ultimo rapporto del Dipartimento per la Fiscalità generale e l’unione doganale diffuso venerdì 11 ottobre, l’Italia è il quarto paese nell’Unione europea per quantità di ricchezza accumulata nei centri offshore. Al primo posto c’è la Germania con 331 miliardi di euro, al secondo la Francia con 277 miliardi, al terzo il Regno Unito con 218. Segue l’Italia, appunto, con 142 miliardi di euro.
Le ricchezze italiane nascoste
Espressi in dollari, i miliardi portati dagli italiani nei centri offshore erano pari a 216,9 miliardi nel 2001, per scendere leggermente via via con gli anni. Una nuova impennata a 167,1 miliardi di dollari si è registrata nel 2013 ma l’importo è sceso nuovamente negli anni successivi fino a toccare i 163,4 miliardi di dollari nel 2015 e i 149,8 miliardi nel 2016 (che corrispondono ai 142 miliardi espressi in euro).
Unica nota positiva per l’Italia è che il nostro paese si trova sotto la media europea per quanto riguarda il rapporto tra soldi nascosti nei paradisi fiscali e Prodotto interno lordo: se la media Ue è del 9,7% del Pil, per l’Italia questa percentuale scende all’8,1%.
I dati, avvertono però gli esperti della Commissione europea, sono soltanto parziali perché nei calcoli della ricchezza detenuta offshore sono considerati solo i depositi bancari e le attività di portafoglio, cioè la ricchezza liquida. Non sono compresi invece i beni immobili, le opere d’arte, i contratti di assicurazione sulla vita, i contanti e le criptovalute. Dunque, le cifre elencate nel rapporto sono soltanto delle cifre minime, il cui importo va di gran lunga aumentato.