Nell’art. 14, comma 1, lettera m), del
disegno di legge delega fiscale 2023, il Legislatore si dà il compito, come già avvenuto in anni passati, senza che ciò sia mai stato attuato, di “
armonizzare progressivamente i tassi di interesse applicabili alle somme dovute dall’Amministrazione finanziaria e dai contribuenti”.
Nelle note di lettura della disposizione si legge che “tenuto conto della differenza attualmente esistente tra tassi debitori e creditori e della disomogeneità della disciplina in materia di interessi, la disposizione della lettera m) del comma 1 delega il Governo a individuare principi e criteri direttivi che ne consentano l’armonizzazione”.
I precedenti relativi alla modifica della disciplina degli interessi tributari.
Non è la prima volta che il legislatore, in questo caso mediante delega al Governo, si dà il compito di revisionare, armonizzandolo, il sistema degli interessi tributari che devono essere versati dal Contribuente o dall’Amministrazione finanziaria, rispettivamente, in caso di ritardati versamenti dei tributi dovuti rispetto ai termini stabiliti o in caso di rimborsi dei tributi non dovuti.
L’ultima previsione relativa al sistema dei tassi di interesse tributari che ha avuto un seguito è stata quella di cui all’
art. 1, comma 150,
legge n. 244/2007, in base alla quale è stato emanato il
decreto del MEF 21 maggio 2009, in cui è disciplinata in maniera quasi organica e completa la materia degli interessi tributari che devono essere corrisposti dall’Amministrazione finanziaria, in caso dei rimborsi, o dal contribuente, in caso di versamenti eseguiti in ritardo. Tale previsione, tuttavia, non aveva lo scopo dichiarato di armonizzare i tassi di interesse che devono essere corrisposti dalle due parti, così come dichiarato nell’ultima legge delega di revisione del sistema tributario; anzi, tutto il contrario. Nell’
art. 1, comma 150,
legge n. 244/2007, era disposto che:
“Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, emanato ai sensi dell’
articolo 13, comma 1, della
legge 13 maggio 1999, n. 133, sono stabilite le misure, anche differenziate, degli interessi”.
La
differenziazione che ne è scaturita ha però dato luogo a un
divario talmente ampio, tra la misura dei tassi di interesse dovuti dai contribuenti e la misura dei tassi d’interesse dovuti dall’Amministrazione finanziaria, che più voci si sono sollevate, nel corso del tempo, per denunciare, addirittura, in alcuni casi, la
violazione del principio di uguaglianza di cui all’
art. 3 Cost. o, quantomeno una disparità di trattamento tra l’Amministrazione e i contribuenti.
Ad esempio
Limitandosi al comparto tributario dell’IVA, non può sfuggire che il tasso di interesse per il ritardato rimborso dell’IVA da parte dell’Amministrazione finanziaria è stabilito, in generale (ma sono previste eccezioni, come quella relativa ai rimborsi eseguiti con procedura automatizzata, per i quali il tasso di interesse è stabilito nella misura dell’1% su base semestrale), nella misura del 2% su base annua; allorché gli interessi che devono essere corrisposti dal Contribuente che non ha versato l’IVA nei termini stabiliti devono essere calcolati al tasso del 4% annuo.
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Tale disparità e disuguaglianza è stata riconosciuta anche dal Legislatore stesso.
Due sono stati, quindi, i tentavi di uniformazione degli interessi fiscali.
Un primo tentativo è relativo all’attuazione della
delega fiscale del 2014 (
legge n. 23/2014). Il
D.Lgs. n. 159/2015 (all’art. 13), in attuazione della delega, affidava al Ministro dell’Economia e delle finanze il compito di fissare, con decreto, la misura e la decorrenza dell’applicazione del tasso di interesse per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo. I predetti tassi si sarebbero dovuti determinare possibilmente in misura unica, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, compresa nell’intervallo tra lo 0,5% e il 4,5%. Tale decreto, volto in sostanza a unificare i tassi di interesse interessi per la fase di adempimento spontaneo e coattivo dell’obbligo tributario, nonché per i rimborsi, non è stato, però,
mai emanato.
Il secondo tentativo è contenuto nel
D.L. n. 124/2019, all’art. 37. Nel comma 1-
ter è stabilito che il tasso di interesse per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo doveva essere determinato, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, in misura compresa tra lo 0,1% e il 3%. Ai sensi del successivo comma 1-
quater, invece, era disposto che con decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze dovevano essere stabilite misure differenziate, sempre nei limiti predetti, per altre tipologie di interessi: più precisamente gli interessi di cui all’
art. 20,
D.Lgs. n. 241/1997 (
pagamenti rateali); agli
articoli 20 (per
ritardata iscrizione a ruolo),
21 (per
dilazione del pagamento),
30 (
interessi di mora),
39 (
sospensione amministrativa della riscossione),
44 (
interessi per ritardato rimborso di imposte pagate) e
44-bis (
interessi per rimborsi eseguiti mediante procedura automatizzata) del
D.P.R. n. 602/1973, in materia di riscossione; nonché per quelli di cui agli
articoli 8, comma 2, e
15, commi 2 e 2-
bis,
D.Lgs. n. 218/1997, in materia di accertamento con adesione. Anche in questo caso, però, le disposizioni di cui sopra non risulta che siano mai state attuate.
Si continuano quindi ad applicare, in materia di interessi tributari, le disposizioni contenute nelle singole leggi d’imposta e nel
D.M. 21 maggio 2009.
Almeno fino a nuovo intervento.
Le criticità della legge delega 2023 in ordine agli interessi tributari
Nella legge delega 2023 il Legislatore affida al Governo (che ha strutturato la legge delega) il compito di “armonizzare progressivamente i tassi di interesse applicabili alle somme dovute dall’Amministrazione finanziaria e dai contribuenti”. E, quindi di mettere fine alla situazione in cui gli interessi sembrano assumere una funzione para-sanzionatoria.
Purtroppo, le aspettative dei contribuenti potrebbero risultare, in ultimo, frustrate. Nelle note di lettura della disposizione citata si legge, infatti, che:
“Tenuto conto della differenza attualmente esistente tra tassi debitori e creditori e della disomogeneità della disciplina in materia di interessi, la disposizione della lettera m) del comma 1 delega il Governo a individuare principi e criteri direttivi che ne consentano l’armonizzazione”.
Il Governo, quindi, sembrerebbe autorizzato non tanto a equiparare la posizione dell’Amministrazione finanziaria a quella del contribuente, quanto, invece, a individuare i criteri in base ai quali, nell’avvenire, si armonizzeranno le due posizioni.
Insomma, se il legislatore è ben conscio della problematica generale relativa agli interessi tributari, nello stesso tempo è altrettanto ben conscio che gli interessi rappresentano un’entrata importante e poco conosciuta la cui disciplina non deve essere troppo modificata.
Questa criticità contraddittoria di base della legge delega 2023 in materia di interessi tributari e di uguaglianza tra Amministrazione e Cittadini si accompagna anche a delle mancanze più sostanziali e più pratiche che potrebbero essere forse risolte in ogni caso, benché la legge delega non ne faccia menzione.
Si fa riferimento a tutti quei casi in cui gli interessi tributari non sono disciplinati in maniera espressa. Nella ricorrenza di queste evenienze, la regola generale apparentemente applicabile, espressa nell’art. 1282 c.c., è che si dovrebbero corrispondere, sulle somme versate in ritardo, gli interessi legali.
Un caso emblematico, in proposito, è quello della
restituzione dell’IVA non dovuta di cui all’
art. 30-ter del
D.P.R. n. 633/1972. In tale ambito, infatti, non è dato rinvenire alcuna indicazione specifica, né nella normativa né nella prassi dell’Amministrazione, in ordine agli interessi tributari che l’Amministrazione finanziaria dovrebbe corrispondere al contribuente che ha versato dell’IVA in eccesso. In merito si potrebbe ritenere che si debba applicare, per estensione, quanto stabilito in merito ai cosiddetti rimborsi IVA o che si debba applicare la regola generale relativa agli interessi legali.
In conclusione, in sede di attuazione della delega fiscale, il Governo e il Legislatore dovrebbero farsi carico di sistemare e sistematizzare la materia degli interessi tributari.
Un buon punto di partenza potrebbe essere quanto già indicato nei precedenti tentativi di riforma.
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