Non imponibilità IVA dei trasporti internazionali: incertezze applicative e possibili soluzioni
- 4 Febbraio 2023
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
Ai sensi dell’art. 9 del decreto IVA, “costituiscono servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali non imponibili: […]
2) i trasporti relativi a beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, nonché i trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono inclusi nella base imponibile ai sensi del primo comma dell’art. 69”.
Tale articolo è stato successivamente modificato dall’art. 5-septies del decreto Fisco-Lavoro (D.L. n. 146/2021) che ha previsto l’inserimento nell’art. 9, dopo il comma 2, del seguente comma 3:
“Le prestazioni di cui al primo comma, numero 2), non comprendono i servizi di trasporto resi a soggetti diversi dall’esportatore, dal titolare del regime di transito, dall’importatore, dal destinatario dei beni o dal prestatore dei servizi di cui al numero 4) del medesimo primo comma”.
Le disposizioni hanno effetto dal 1° gennaio 2022. Sono fatti salvi i comportamenti adottati anteriormente a tale data in conformità alla sentenza della Corte di Giustizia UE del 29 giugno 2017, nella causa C-288/16.
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Tale norma, che introduce un elemento soggettivo per poter beneficiare della non imponibilità, serve per introdurre nel nostro ordinamento la volontà espressa dai giudici nella sentenza sopra richiamata. La norma italiana amplia la platea dei soggetti qualificati a ottenere il beneficio fiscale rispetto a quella prevista dai giudici europei, prevedendo che la non imponibilità sia riconosciuta anche al prestatore dei servizi di cui al n. 4 del art. 9. Più precisamente quindi ai servizi di spedizione relativi ai trasporti di cui al precedente n. 1), i trasporti di beni in esportazione, in transito o in temporanea importazione nonchè ai trasporti di beni in importazione sempreché i corrispettivi dei servizi di spedizione siano inclusi nella base imponibile ai sensi del primo comma dell’art. 69; i servizi relativi alle operazioni doganali.
Incertezze irrisolte e possibili soluzioni
Secondo l’Associazione il riferimento ai “servizi di spedizione” potrebbe fare credere che il beneficio fiscale sia applicabile in tutti i casi in cui il subtrasporto abbia come controparte/committente uno spedizioniere che abbia assunto l’esecuzione del trasporto nei confronti dell’esportatore (c.d. spedizioniere vettore di cui all’art. 1741 c.c.). Per questo motivo richiede che:
– l’ambito soggettivo di applicazione della norma sia meglio determinato, in particolare riguardo alla rilevanza dello status di operatore doganale del “committente”,
– sia riconosciuta l’inapplicabilità di sanzioni per violazioni generate dall’incerta interpretazione della norma.
Il caso delle operazioni a catena
Inoltre, i dubbi permangono nelle operazioni “a catena” nelle quali fra l’esportatore e l’esecutore del trasporto si interpongono più soggetti, come, ad esempio, nei casi in cui l’esportatore abbia dato l’incarico del trasporto a un soggetto, di seguito “il committente”, che a sua volta, abbia dato l’incarico ad un soggetto terzo.
In questi casi, il terzo esecutore potrebbe non sapere se il “committente” stia operando come spedizioniere mandatario, come spedizioniere-trasportatore o come operatore doganale.
Dall’altro neanche il “committente” potrebbe sapere se l’esportatore gli abbia conferito o meno un mandato alla conclusione del contratto di trasporto o se, invece, egli sia stato incaricato come trasportatore.
La soluzione proposta nella circolare a commento, prevede che per agevolare l’applicazione di questa disciplina, si potrebbe prevedere una presunzione di imponibilità IVA del trasporto reso al “committente”, salva la possibilità per quest’ultimo di attestare il possesso dei requisiti previsti dal n. 4 del comma 1 dell’art. 9 per l’applicazione della non imponibilità; in tal caso dovrebbe essere assicurato l’esercizio del diritto alla detrazione, laddove in caso di controlli si ritenesse che il soggetto avrebbe potuto avere i requisiti per richiedere l’applicazione del regime di non imponibilità.
Una soluzione di questo tipo potrebbe forse essere riconosciuta corretta anche in sede di prassi.
Sulla questione sarebbe, pertanto, auspicabile un intervento chiarificatore da parte del legislatore e dell’Amministrazione finanziaria.