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Non punibilità “allungata” per i reati di omesso versamento e indebita compensazione

Non Punibilità “allungata” Per I Reati Di Omesso Versamento E Indebita Compensazione
Il decreto Bollette (D.L. n. 34/2023, pubblicato nella G.U. del 30 marzo 2023) ha previsto la non punibilità per alcuni reati tributari (omessi versamenti e indebita compensazione con crediti non spettanti), quando le relative violazioni sono correttamente definite mediante uno degli istituti previsti dalla tregua fiscale (legge di Bilancio 2023). In tali casi, è stata introdotta la sospensione del processo penale fino alla conclusione del versamento rateale, purché definito prima della pronuncia della sentenza di appello.
La nuova norma, in sostanza, allunga il momento entro cui concludere il pagamento per fruire della non punibilità: non più l’attuale “apertura del dibattimento”, già previsto dall’art. 13 del D.Lgs. n. 74/2000, ma entro la pronuncia della sentenza di appello.

La normativa vigente

L’art. 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000 già prevede, in realtà, una causa di non punibilità dei reati di omesso versamento e indebita compensazione con crediti non spettanti. La norma infatti dispone che se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, compresi sanzioni amministrative e interessi, sono estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso, il reato non è punibile.

Qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario sia in corso di rateizzazione, il giudice penale – previa sospensione del corso della prescrizione – concede un termine di tre mesi per il pagamento del residuo, termine che può essere prorogato una sola volta per non oltre tre mesi, qualora necessario.

La modifica del decreto Bollette

L’art. 23 del D.L. n. 34/2023 prevede ora che per chi si avvale di uno degli istituti previsti dalla tregua fiscale (art. 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, legge n. 197/2022) la causa di non punibilità penale per i reati di omesso versamento e indebita compensazione con crediti non spettanti, si applica anche a processo di primo grado concluso, a condizione che la definizione avvenga prima della sentenza di appello.

Ciò ovviamente se le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute integralmente versate secondo le modalità previste dai menzionati istituti.

La procedura

Il contribuente che intende avvalersi della nuova causa di non punibilità deve dare immediata comunicazione, all’Autorità giudiziaria che procede, dell’avvenuto versamento delle somme dovute o, in caso di pagamento rateale, del versamento della prima rata. Contestualmente, deve informare anche l’Agenzia delle Entrate dell’invio di tale comunicazione, indicando i riferimenti del relativo procedimento penale.

Il processo penale è sospeso dalla ricezione della comunicazione sino al momento in cui il giudice viene informato dall’Agenzia delle Entrate della corretta definizione della procedura e dell’integrale versamento delle somme dovute ovvero della mancata definizione della procedura o della decadenza del contribuente dal beneficio della rateazione.

Durante il periodo di sospensione possono comunque essere assunte le prove con incidente probatorio ai sensi dell’art. 392 c.p.p., ovvero in tutti quei casi in cui si abbia motivo di ritenere che l’attesa possa in qualche modo rischiare di disperdere la prova (si pensi all’esame testimoniale di una persona molto anziana o gravemente malata).

Alcune considerazioni

La nuova norma consente, pertanto, a chi ha usufruito di uno degli istituti deflattivi e definitori previsti dalla tregua fiscale, di beneficiare della non punibilità fino a prima della pronuncia di appello e quindi, in concreto, oltre la timeline dell’apertura del dibattimento di primo grado, prevista finora (e anche ad esempio a chi già sia stato condannato in primo grado ma per cui non è ancora terminato il procedimento di appello).

La necessità di allungare i tempi previsti sorge dal fatto che la legge di Bilancio 2023 prevede, in alternativa al pagamento in unica soluzione, il versamento a rate con tempistiche anche lunghe. Ciò comporta che sarebbe complicato per il contribuente riuscire a sanare un omesso versamento o un’indebita compensazione entro la data di apertura del dibattimento di primo grado.

Il legislatore ha dunque finalmente compreso la necessità, da tempo evidenziata dalla dottrina, di adeguare le tempistiche del procedimento penale a quelle del procedimento tributario, anche alla luce di un coordinamento tra i due procedimenti di cui si parla nella delega fiscale e che dovrà caratterizzare l’ordinamento tributario del futuro.

La norma, a ben vedere, così come formulata, pone problemi di equità. Infatti, la causa di non punibilità prevista dal decreto Bollette si applicherebbe solo a coloro che hanno aderito alla tregua fiscale e non ad altri istituti deflattivi (si pensi a un accertamento con adesione, a una conciliazione giudiziale ordinaria etc.). In quest’ultimo caso, i contribuenti avrebbero come termine per beneficiare della non punibilità ancora quello (stringente) dell’apertura del dibattimento di primo grado.

È auspicabile, quindi, che in sede di conversione del decreto, la norma venga ampliata andando a ricomprendere tutti gli istituti tributari.

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