Non punibilità e recidiva: la riforma mitiga le sanzioni tributarie
- 26 Marzo 2024
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
L’esigenza di procedere a una revisione della entità delle sanzioni amministrative di carattere pecuniario è stata avvertita da tempo sia dalla dottrina sia dalla giurisprudenza, avendo riscontrato di frequente un’eccessiva sproporzione tra il danno effettivamente causato all’erario ovvero la gravità della condotta antigiuridica posta in essere e la sanzione pecuniaria effettivamente irrogata, sovente addirittura più del doppio dell’imposta evasa.
Integrazione delle cause di non punibilità
Innanzitutto, preso atto delle istruzioni pubblicate dall’amministrazione finanziaria e rilevato che il comportamento posto in essere se ne discosta, dalla data in cui le stesse sono pubblicate (è da ritenere in G.U.), gli interessati hanno la possibilità, nei successivi 60 giorni, di presentare una dichiarazione integrativa e procedere al versamento dell’imposta dovuta ovvero alla differenza tra quanto doveva essere versato in applicazione di dette istruzioni e l’importo già versato.
Tale possibilità resta condizionata all’ipotesi in cui la violazione sia dipesa da obiettive condizioni di incertezza per quanto concerne la portata e l’ambito di applicazione della norma tributaria.
Al riguardo, l’ipotesi considerata dal legislatore non riguarda i casi in cui l’amministrazione finanziaria con successive istruzioni modifichi analoghe indicazioni emanate in precedenza sulla medesima questione. Una differente interpretazione, infatti, giustificherebbe qualsiasi ipotesi di scostamento per le quali la buona fede sarebbe difficile da riconoscere.
Pur nella consapevolezza che le circolari ministeriali e comunque le istruzioni in genere delle agenzie costituiscono atti interni dell’amministrazione che non vincolano né i giudici né tantomeno i contribuenti, occorre pur sempre considerare che ormai si è consolidata una prassi, peraltro certamente non condivisibile, con la quale i vuoti normativi e le contrastanti interpretazioni anziché trovare una soluzione nella norma giuridica trovano la loro soluzione nelle istruzioni delle Agenzie.
a) la ricostruzione del procedimento formativo delle nuove disposizioni tributarie e i primi chiarimenti dei loro contenuti;
b) approfondimenti e aggiornamenti interpretativi conseguenti a nuovi orientamenti legislativi e giurisprudenziali;
c) inquadramenti sistematici su tematiche di particolare complessità;
d) istruzioni operative ai suoi uffici.
Nell’elaborazione delle circolari, fatta eccezione per l’ipotesi sub d), l’amministrazione finanziaria, nei casi di maggiore interesse, può effettuare interlocuzioni preventive con soggetti istituzionali ovvero con ordini professionali, associazioni di categoria o altri enti esponenziali di interessi collettivi, nonché farle oggetto di pubblica consultazione prima della loro pubblicazione.
Si tratta di una rilevante innovazione che potrà funzionare se tutti gli attori interessati forniranno un contributo costruttivo e istituzionale anziché tentare di difendere interessi di nicchia.
Tuttavia, il beneficio dell’integrazione della dichiarazione potrà essere utilizzato dai contribuenti limitatamente alla sussistenza delle ipotesi di cui alle precedenti lettere a) e b).
Il presupposto per la configurazione della recidiva e della continuazione
La questione della compatibilità e la contestuale confutabilità di diversi valori e riferimenti non è dato pretorio, bensì è voluta dalla legge, la quale dunque ha, per criterio interpretativo dogmatico, ben considerato le differenze di struttura ontologica dei due istituti, ovvero la diversa considerazione dei fatti che essi suppongono.
Il cumulo giuridico rappresenta, infatti, un beneficio che discende dalla sostanziale unitarietà della trasgressione; la recidiva, al contrario, punisce con più rigore chi si ostina a commettere consecutivamente la stessa violazione.
Non appare dirimente, tuttavia, il riferimento al sistema della recidiva penale, il quale presuppone, in coerenza con la presunzione di non colpevolezza, un accertamento giudiziale definitivo della responsabilità.
Invece l’azione amministrativa per sua natura si fonda sulla presunzione di legittimità del suo atto e su questa la autoritarietà e l’esecutività immediata del suo agire organizzativo. In altri termini, le due recidive, al di là delle assonanze logiche dovute all’operare in entrambe del rilievo del precedente, sono predisposte a tutela di diverso valore e di distinti riferimenti costituzionali.
Essendo la esecutività dell’atto amministrativo sussistente fino a che esso non venga dichiarato invalido o revocato, e dunque i suoi effetti permanenti nel mondo del diritto fino a quel momento, ed essendo invece la condanna del giudice penale pienamente efficace nei suoi riflessi sostanziali solo a giudicato intervenuto.
Come si evince dalla giurisprudenza, nonostante in materia tributaria fosse chiarita la definizione dell’espressione della “stessa indole”, non sono mancate le difficoltà sia in tema di recidiva, sia in tema di violazione ultrannuale.
Se, pertanto, si individuasse il fondamento della recidiva nella reiterazione di una violazione, contestata ma non definitivamente accertata, la compatibilità tra i due istituti non potrebbe essere ritenuta.
Lo escluderebbe l’unificazione dovuta al vincolo della continuazione cui sono soggette violazioni della stessa indole commesse in periodi di imposta diversi.
L’incompatibilità tra tali istituti sarebbe determinata dalle loro differenti strutture logiche. Infatti, l’unicità delle violazioni della stessa indole si contrappone, in via di principio, alla pluralità di violazioni che fungono da presupposto della recidiva.
Se invece si afferma, che la recidiva si fonda sulla sussistenza di un precedente accertamento definitivo la preclusione costituita dall’inserimento nella vicenda della continuazione viene meno: il soggetto può ben aver commesso più violazioni della stessa indole ed è in tal caso possibile tener conto contemporaneamente delle valutazioni operate dal legislatore corrispondenti alla continuazione e alla recidiva.
È appena il caso di precisare che sono considerate della stessa indole le violazioni delle stesse disposizioni e di quelle disposizioni diverse che per la natura dei fatti che le costituiscono ed i motivi che le determinano o per le modalità dell’azione presentano profili di sostanziale identità.
In materia di determinazione della sanzione vanno richiamate due ulteriori importanti novità.
La prima riguarda le ipotesi in cui ricorrono circostanze che rendano manifesta la sproporzione tra violazione commessa e sanzione applicabile. In questo caso richiamando ancora una volta il principio di proporzionalità la sanzione applicabile è ridotta fino a 1/4 della misura edittale prevista. È da evidenziare che detta riduzione si applica a prescindere della natura della sanzione ovvero che la stessa sia edittalmente prevista in misura fissa, proporzionale o variabile.
La seconda innovazione che incide sulla determinazione della sanzione concerne l’ipotesi opposta ovvero i casi in cui ricorrono circostanze di particolare gravità della violazione ovvero altre circostanze che devono essere pur valutate, per espressa previsione normativa, in ragione del principio di proporzionalità, ricorrendo tutte le altre condizioni, la sanzione prevista in misura fissa proporzionale o variabile può essere aumentata fino alla metà.
Deve ritenersi che questi due ulteriori criteri siano effettivamente in piena sintonia con i principi di proporzionalità e di effettività della sanzione ed evitano che possano verificarsi, in sede di pratica applicazione, ipotesi in cui la sanzione determinabile sia effettivamente di gran lunga superiore all’imposta evasa.
Certo, si tratta di disposizioni che sul piano applicativo sicuramente origineranno un consistente confronto sia in dottrina che nella stessa giurisprudenza, ove si considerino le difficoltà o comunque le diverse possibili valutazioni che possono essere effettuate in merito, ad esempio, al concetto di manifesta sproporzione ovvero circostanze di particolare gravità.
È innegabile che le interpretazioni che possono essere riscontrate in sede di pratica applicazione possono essere non sempre concordanti prestandosi a valutazione di natura discrezionale, strettamente soggettive.
Le modifiche al ravvedimento operoso
Tralasciando le prime quattro ipotesi previste dalla citata norma giuridica – che non presentano modifiche – va evidenziato che una prima integrazione riguarda i casi in cui dopo la comunicazione dello schema di atto che l’Agenzia delle Entrate invia al contribuente al fine di avviare il contraddittorio, se non preceduto da un verbale di constatazione e senza che sia stata presentata istanza di accertamento di adesione, ove il contribuente si ravveda la sanzione per la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, ancorché incidano sulla determinazione o sul pagamento del tributo, è pari a 1/6 del minimo.
L’altra integrazione riguarda il caso in cui la realizzazione degli errori e delle omissioni, ancorché incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene dopo la constatazione della violazione accertata mediante processo verbale.
Ove non sia stata inviata comunicazione di adesione al verbale o comunque prima della comunicazione dell’atto inviato dalle Agenzia per l’attivazione del contraddittorio, si applica la sanzione del minimo se la regolarizzazione degli errori o delle omissioni avviene dopo la constatazione della violazione.
Occorre evidenziare che la definizione non può essere applicata a determinate violazioni ovvero limitatamente all’ipotesi di omessa memorizzazione ovvero di memorizzazione con dati incompleti o non veritieri.
In tal caso la sanzione applicabile in caso di regolarizzazione è pari a 1/4 del minimo.
Infine, si ritiene di dover richiamare una ulteriore innovazione di guardante l’ipotesi del concorso di violazione e della continuazione.
Invero, ai fini della individuazione della percentuale di riduzione occorre fare riferimento al momento di commissione della prima violazione ed è previsto che la sanzione sulla quale applicare le percentuali di riduzione, calcolata anche mediante l’utilizzo delle procedure messe a disposizione dell’agenzia delle entrate, è pari a quella che dovrebbe infliggersi per le violazioni più grave, incrementata nella misura minima prevista dalle singole disposizioni in materia di ravvedimento.
Infine, è previsto che, ove la regolarizzazione avvenga dopo la continuazione della violazione, si applica la percentuale di riduzione nella misura del minimo del quinto.