Nuovo regime di affrancamento degli utili black e normativa CFC: lettura combinata non agevole

La legge n. 197/2022 (legge di Bilancio 2023) ha introdotto (art. 1, commi da 87 a 95) il regime facoltativo di affrancamento degli utili o delle riserve di utili risultanti dal bilancio delle partecipate estere relativo all’esercizio chiuso nel periodo di imposta antecedente quello in corso alla data del 1° gennaio 2022.

Attraverso l’esercizio dell’opzione si ottiene l’effetto di escludere da imposizione, in capo al soggetto fiscalmente residente in Italia, tali utili affrancati provenienti dalle partecipate estere. Come indicato al comma 91, l’opzione è di tipo cherry-picking, nel senso che può essere esercitata in relazione a tutte o soltanto ad alcune (o una sola) delle partecipate estere.

È pertanto possibile effettuare l’opzione con modalità differenti. In particolare, la norma contempla:

– un affrancamento integrale o parziale, assoggettando a imposta sostitutiva l’intero ammontare o una quota degli utili e delle riserve di utile;

– un affrancamento specifico e più vantaggioso per l’ammontare degli utili che saranno rimpatriati entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2022 (30 giugno 2024 per i soggetti solari).

Il comma 91 stabilisce, inoltre, che, in caso di distribuzione, i dividendi si considerano prioritariamente formati da utili o riserve oggetto di affrancamento che, dunque, non dovranno scontare ulteriori imposte in capo al soggetto residente in Italia. Al fine di evitare fenomeni di doppia imposizione e di limitare l’impatto di eventuali cessioni di partecipazioni, il comma 93 prevede l’incremento del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione nelle entità estere interessate dall’imposta sostitutiva pari all’ammontare degli utili affrancati e il suo decremento in caso di loro distribuzione.

Regime di integrale imponibilità dei dividendi provenienti da società residenti in Paesi black

In via generale, l’art. 89, comma 3, TUIR prevede l’integrale imposizione in capo al soggetto percipiente italiano dei dividendi provenienti da società residenti in Paesi “black”.
Il decreto ATAD (D.Lgs. n. 142/2018) ha introdotto un duplice e alternativo criterio di individuazione dei regimi “black” applicabile in relazione alla quota di partecipazione nel soggetto estero da parte del soggetto fiscalmente residente nel territorio dello Stato.

In particolare, l’art. 47-bis prevede che il soggetto residente sia tenuto ad operare due distinti test, a seconda che la partecipazione nel soggetto non residente sia o meno di controllo:

– per le partecipazioni di controllo, la definizione dei regimi “black” avviene sulla base del criterio del confronto dei livelli effettivi di imposizione estera e italiana. Più nello specifico, per le partecipazioni di controllo sono considerate regimi “black” quelli che dal confronto del livello effettivo di imposizione estera con il livello di tassazione italiano subiscono una tassazione inferiore al 50% di quella applicabile in Italia (c.d. effective tax rate test);

– per le partecipazioni non di controllo, l’individuazione dei regimi “black” è rimasta ancorata al previgente criterio del confronto dei livelli nominali di imposizione estera ed italiana (c.d. nominal tax rate test).

Rapporto tra i dividendi provenienti da società residenti in Paesi black e la disciplina CFC

Alla luce dei chiarimenti forniti dalle Entrate con la circolare n. 18/E del 2021 (cfr. par. 7.1), in linea di principio, i dividendi provenienti da Stati o territori a regime fiscale privilegiato sono imponibili in misura integrale, come stabilito dall’arti. 89, comma 3, TUIR a meno che non sia dimostrata la sussistenza dell’esimente consistente nel rispetto, a far data dal primo periodo imposta a partire dal quale è verificato il possesso della partecipazione, del requisito di un livello di tassazione “congruo”.
Tuttavia, questi dividendi potrebbero aver già scontato una imposizione in capo alla controllata che li ha prodotti, proprio in applicazione della disciplina di cui all’art. 167 TUIR.
L’Amministrazione finanziaria aveva però già avuto modo di chiarire (cfr. circolare 29 marzo 2013, 7/E, par. 7.1) che la tassazione per trasparenza fin dal primo periodo di imposta di possesso della CFC fa venire meno l’effetto di localizzare i redditi in un paradiso fiscale.
Si assuma, a questo punto, che una società residente controlli a cascata due CFC e che la seconda CFC sia residente in un Paese a fiscalità privilegiata ai sensi dell’art. 47-bisTUIR.

Stando a quanto indicato dalle Entrate nella circolare sopra citata, se gli utili della CFC black sono già tassati per trasparenza in capo al controllante fiscalmente residente in Italia, allora i dividendi distribuiti dalla CFC black alla CFC non black devono considerarsi non imponibili fino a concorrenza degli utili tassati per trasparenza (in capo al soggetto controllante residente) nell’ambito della determinazione dell’imponibile della CFC non black da tassare a sua volta per trasparenza in capo al soggetto controllante fiscalmente residente in Italia.

In tale caso viene quindi disapplicata la disciplina di “piena rilevanza” dei dividendi black exart. 89TUIR. L’eventuale eccedenza tra il dividendo distribuito alla CFC non black dalla CFC black e l’utile della CFC black tassato per trasparenza in capo al soggetto fiscalmente residente in Italia, concorre a formare il reddito della CFC non “black” nella misura del 5% (alla stregua di un dividendo pagato da un soggetto fiscalmente residente in un Paese white list)

Sul(la necessità di) coordinamento tra disciplina CFC e imposizione sostitutiva sulle riserve di utili

Nell’ipotesi, dunque, di una catena societaria al cui apice si trovi un soggetto fiscalmente residente in Italia che controlli due CFC (delle quali la seconda residente in un Paese black list), l’utile di fonte black affrancato (in capo al soggetto residente in Italia) non dovrebbe subire (in rapporto con quanto chiarito dalle Entrate nella circolare n. 18/E/2021) la tassazione ordinariamente applicabile ai dividendi di fonte “white”. Si attendono chiarimenti da parte dell’Amministrazione finanziaria su tale aspetto.

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