Patrimonio digitale: come proteggerlo e trasmetterlo

Lo Studio n. 1-2023/DI dell’Ufficio Studi del Consiglio Nazionale del Notariato (a firma di Diego Apostolo) offre l’occasione per esaminare il tema (in costante evoluzione) dell’eredità digitale e della sua sorte dopo la morte del titolare. Come vedremo, ad oggi la protezione normativa è limitata ed è lasciato ampio spazio sia alla giurisprudenza (per colmare le lacune di tutela) sia al de cuius (per regolamentare la successione avente ad oggetti i “beni digitali”, avvalendosi degli strumenti giuridici attualmente previsti dall’ordinamento).

Ma andiamo per gradi.

Il progresso tecnologico degli ultimi cinquant’anni ha innescato a una vera e propria rivoluzione digitale che ha radicalmente trasformato ogni aspetto della vita sociale, tra cui la composizione del nostro patrimonio, non più limitato ai beni tradizionali.

Il Codice civile definisce i “beni” come le cose che possono formare oggetto di diritti, fornendo una definizione ampia nella quale, ora, è quindi possibile comprendere anche i beni digitali (criptovalute, blog, files, etc.), che possono avere sia natura patrimoniale, suscettibili di valutazione economica ex art. 1174 c.c., sia non patrimoniale, rispondenti a interessi morali, affettivi e familiari.

L’insieme di tali beni è denominato eredità digitale o patrimonio digitale e, poiché mancano specifici strumenti giuridici per la loro trasmissione mortis causa, ci si interroga sulla capacità di adattamento del sistema attuale.

Nonostante si riconosca l’esistenza dei beni digitali, ancora non vi è una piena consapevolezza dei problemi, giuridici e pratici, che possono sorgere dopo la morte di un soggetto nel caso in cui tali beni siano inclusi nell’asse ereditario, senza che siano definite le regole per la loro trasmissione.

Si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui i beni digitali, protetti da password, diventino inaccessibili agli eredi, anche se il desiderio del titolare era di lasciarli a uno o più soggetti.

Viceversa, potrebbero emergere contenuti personali dopo la morte del titolare, il quale, se avesse pianificato in vita, avrebbe potuto optare per la loro distruzione o affidarli a una persona di fiducia.

Tutto ciò premesso, considerando altresì che l’eredità digitale coinvolge un numero significativo e in continua crescita di individui, risulta evidente l’attualità di questo tema.

Non sorprende, infatti, che il Notariato abbia affrontato il tema nello Studio n. 1-2023/DI, nel quale, dopo alcune considerazioni di carattere generale sulla successione mortis causa, si concentra sulla sorte del patrimonio digitale a seguito della morte del titolare.

Quali beni concorrono a formare il patrimonio digitale?

All’interno dello Studio, viene operata una classificazione dal punto di vista giuridico dei beni che concorrono a formare il patrimonio digitale:

– da un lato, i beni digitalioff line” indicano le risorse digitali che si trovano al di fuori dalla rete, indipendentemente dal supporto fisico e/o virtuale di memorizzazione (ad esempio, file, software e documenti informatici).

– dall’altro lato, i beni digitalion line” indicano le risorse digitali che presenti nel web che si formano, si scambiano e si elaborano attraverso contratti di servizio conclusi con i providers di servizi tramite account (di posta elettronica, di social networks, di e-commerce, di pagamento elettronico) (cfr. Studio CNN n. 1-2023/DI, par. 4).

Un ulteriore elemento distintivo avanzato dal Notariato, rilevante per stabilire il regime giuridico applicabile, si basa sulla patrimonialità (caratteristica riscontrabile, ad esempio, nelle criptovalute) o non patrimonialità (come nel caso della corrispondenza elettronica, quali mail e chat private) delle entità digitali.

Il caso delle criptovalute

Le criptovalute (o “monete virtuali”), qualificabili come beni digitali mobili, meritano una riflessione approfondita. Esse possono essere detenute direttamente, conservate in wallet e protette da credenziali di accesso custodite dal titolare, ovvero indirettamente, per il tramite di fondi comuni di investimento o di altri intermediari professionali. Mentre in quest’ultima situazione non sembrano emergere problematiche, poiché il loro trasferimento può avvenire secondo le regole ordinarie della successione mortis causa, diversa è la prospettiva nel caso di detenzione diretta. In tal caso, infatti, potrebbero presentarsi quei problemi pratici accennati in precedenza, che coinvolgerebbero tanto la corretta individuazione del wallet quanto il recupero delle credenziali di accesso.

Ancora una volta, dunque, appare chiara l’importanza della pianificazione in vita della propria successione, al fine di evitare spiacevoli inconvenienti.

Tutela post mortem e accesso ai dati personali del defunto

In aggiunta a quanto sopra esposto, il Notariato dedica specifica attenzione al tema dei dati personali, la cui patrimonializzazione è tipica delle nuove economie dei mercati digitali, caratterizzate da un sistema economico basato sui risultati derivanti dall’analisi di grandi quantità di dati.

Allo stato, il solo riferimento normativo è l’art. 2-terdecies del D.Lgs. n. 196/2003 (come modificato dal D.Lgs. n. 101/2018) che disciplina la tutela post mortem e l’accesso ai dati personali del defunto. Tale articolo prevede la possibilità che i diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del regolamento UE n. 2016/679 (tra cui il diritto di accesso) inerenti ai dati personali di persone decedute vengano esercitati da parte di chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione.
Anche la giurisprudenza più recente ha posto il predetto articolo a fondamento di alcune sue pronunce per stabilire che, in mancanza di una volontà dell’interessato di vietare l’esercizio e l’accesso ai diritti digitali dopo la sua morte, l’accettazione delle condizioni generali di contratto da parte del defunto non è sufficiente a precludere l’accesso ai dati personali per ragioni familiari meritevoli di protezione (cfr. Trib. Roma, Sez. VIII, ordinanza 10 febbraio 2022; Trib. Milano, Sez. I, ordinanza 10 febbraio 2021).

Patrimonio digitale: come pianificare al meglio la successione

Infine, per quanto riguarda la trasmissione a causa di morte del patrimonio digitale, è interessante individuare le possibili opzioni del disponente e gli strumenti più idonei per pianificare al meglio la propria successione.

In assenza di un testamento valido, o se questo non regola integralmente la successione, si applicheranno le regole della successione legittima che, soprattutto nel caso dei beni digitali on line, potrebbe tradursi nella necessità di intraprendere un’azione giudiziaria per accedere, recuperare, sfruttare e/o distruggere i dati personali relativi a una persona defunta nell’esercizio di un interesse proprio o del de cuius.

Pertanto, ad oggi, il testamento appare lo strumento più idoneo per la trasmissione mortis causa dei beni digitali, anche grazie all’utilizzo di istituti noti (ad esempio, la nomina di un esecutore testamentario, che può accedere a qualsiasi disposizione testamentaria, anche non patrimoniale) capaci di adattarsi alle nuove esigenze. Con il testamento, infatti, il testatore può disporre a titolo di eredità o a titolo di legato del proprio patrimonio digitale, sia nel caso in cui i beni digitali abbiano natura patrimoniale, sia che abbiano valore puramente affettivo o morale.

Questi ultimi rientrano tra le disposizioni non patrimoniali atipiche, analogamente a quelle riguardanti i tempi e le modalità della sepoltura, la cremazione, i funerali, il diritto morale d’autore e la sorte di ritratti, immagini, fotografie, etc..

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