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Patrocinio a spese dello Stato con certificazione consolare: inammissibile la questione di legittimità costituzionale

Patrocinio A Spese Dello Stato Con Certificazione Consolare: Inammissibile La Questione Di Legittimità Costituzionale

Con sentenza n. 110 del 2024 la Corte Costituzionale ha fornito chiarimenti in tema di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Con ordinanza del 26 ottobre 2023, il Tribunale di Firenze, prima sezione penale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo e terzo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6, paragrafo 3, lettera c), CEDU, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 79, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui richiede ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea, per i redditi prodotti all’estero, di corredare l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato con la certificazione dell’autorità consolare competente, e conseguentemente delle norme di cui agli artt. 94 commi 2 e 3, 112 comma 1 lett. c) e 114 comma 1 (limitatamente al riferimento all’ipotesi di cui all’art. 112 comma 1 lett. c) D.P.R. 115/2002).

La Corte ha più volte affermato il principio secondo il quale il diritto dei non abbienti al patrocinio a spese dello Stato, la cui funzione è quella di rimuovere, in armonia con l’art. 3, secondo comma, Cost., le difficoltà di ordine economico che possono opporsi al concreto esercizio del diritto di difesa, sebbene inviolabile nel suo nucleo intangibile, non è sottratto al bilanciamento di interessi, spettante al legislatore, che, per effetto della scarsità delle risorse, si rende necessario rispetto alla molteplicità dei diritti che ambiscono alla medesima tutela.

Per comprovare il presupposto reddituale, i cittadini italiani e di Stati appartenenti all’Unione europea devono produrre, «a pena di inammissibilità», una dichiarazione sostitutiva di certificazione ai sensi dell’articolo 46, comma 1, lettera o), del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che attesti la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell’articolo 76 (art. 79, comma 1, lettera c, del d.P.R. n. 115 del 2002), tanto per i redditi prodotti in Italia, tanto per quelli prodotti all’estero.

Per i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea, l’art. 79, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002 richiede invece che, per i redditi prodotti all’estero, l’istanza sia corredata «con una certificazione dell’autorità consolare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa indicato». In caso di impossibilità a produrre la documentazione richiesta – aggiunge l’art. 94, comma 2, del medesimo testo unico, che in tal senso completa il sistema oggi sottoposto a scrutinio – questa andrà sostituita, sempre a pena di inammissibilità, con una dichiarazione sostitutiva di certificazione.

La presentazione di detta certificazione non è prescritta sotto pena di automatica inammissibilità (Corte di cassazione, sezione quarta penale, sentenza 4 giugno-28 luglio 2022, n. 29978). L’interessato, infatti, può dimostrare l’impossibilità di produrre la documentazione richiesta ai sensi dell’articolo 79, comma 2, nel qual caso ha l’onere di sostituirla “a pena di inammissibilità, con una dichiarazione sostitutiva di certificazione”. È quanto dispone testualmente l’art. 94, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002 per il processo penale, ed è quanto la Corte ha previsto anche per gli altri procedimenti giurisdizionali, intervenendo in via additiva proprio con riferimento all’art. 79, comma 2, del citato d.P.R. (sentenza n. 157 del 2021).

Per tale ragione la Corte ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 79, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002 nella parte in cui richiede la certificazione consolare anche ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea che siano residenti in Italia e lo fossero già nell’ultimo anno per il quale sia maturato l’obbligo di presentazione della dichiarazione fiscale.

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