Perché la tregua fiscale 2023 non è del tutto giustificata

Alla luce della funzione assegnata alle leggi d’imposta di ripartire la spesa pubblica, nel rispetto del principio costituzionale di parità di trattamento dei contribuenti, non pienamente giustificabili si rivelano alcune delle (tante) scelte di rinuncia (totale o parziale) ai crediti tributari effettuate nella legge di Bilancio 2023 (n. 197/2022), a seguito della quale sono stati introdotti diversi istituti che consentono ai contribuenti di regolarizzare la loro posizione fiscale nelle fasi di accertamento, riscossione e processo.
Condivisibile è la scelta di riproporre la sanatoria di irregolarità, infrazioni e inosservanze di obblighi o adempimenti di natura formale (art. 1, commi 166-173), poiché si incentiva la regolarizzazione di situazioni che non incidono sulla determinazione della base imponibile, né sulla liquidazione o sul pagamento delle imposte. Auspicabile sarebbe stata, tuttavia, una più precisa definizione del perimetro applicativo della misura, considerate le – non del tutto condivisibili – indicazioni dell’Agenzia delle Entrate sull’individuazione delle violazioni definibili (cfr. circolare 15 maggio 2019, n. 11/E, a cui rinvia la recente circolare 27 gennaio 2023, n. 2/E).

Apprezzabile risulta anche l’introduzione di procedure conciliative e negoziali che, in aggiunta a quelle già previste dal sistema, consentono di deflazionare il contenzioso, ossia la definizione degli atti di accertamento con adesione (art. 1, comma 179), la conciliazione giudiziale agevolata (art. 1, commi 206-212) e la definizione transattiva in Cassazione (art. 1, commi 213-218).

A fronte della riduzione delle sanzioni tributarie (a un diciottesimo del minimo previsto dalla legge), il contribuente che accede a tali istituti è tenuto a corrispondere un tributo la cui misura è definita in accordo con l’Amministrazione finanziaria.

Poiché il dovere tributario di concorrere alle pubbliche spese in ragione della propria capacità contributiva (ex art. 53 Cost.) individua un interesse della Comunità troppo importante per essere inserito nel circuito dei rapporti disponibili del singolo, maggiormente ponderata avrebbe dovuto, invece, essere l’introduzione di meccanismi del tipo “prendere o lasciare”, che conducono all’estinzione dell’obbligazione tributaria sulla base di un atto unilaterale del soggetto passivo.

Fra questi, il ravvedimento operoso “speciale” (art. 1, commi 174-178) e la definizione agevolata degli avvisi impo-esattivi (art. 1, commi 180-185) richiedono il pagamento integrale del tributo (e dei relativi interessi) e prevedono solamente una riduzione delle sanzioni (a un diciottesimo del minimo edittale degli importi irrogabili o irrogati), a fronte – rispettivamente – di un atto di regolarizzazione spontanea da parte del contribuente o di acquiescenza all’accertamento.

Mentre in queste definizioni lo sconto sanzionatorio (opportunamente) premia il comportamento trasparente (anche se non necessariamente resipiscente, cfr. la circolare dell’Agenzia delle Entrate 19 febbraio 2015, n. 6/E) del contribuente, che rinuncia a contestare la pretesa tributaria, meno giustificabili appaiono quegli istituti che assicurano lo stralcio totale di sanzioni e interessi, se non addirittura l’annullamento integrale del debito (tributo incluso). Tali benefici, infatti, non rimunerano condotte collaborative o ispirate a buona fede nei rapporti con il Fisco, bensì riguardano soggetti che hanno instaurato un giudizio contro l’Agenzia delle Entrate o l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (art. 1, commi 186-205), che possono definire in alcuni casi anche con una riduzione significativa del quantum del tributo in contestazione; che al 1° gennaio 2023 non risultano in regola con i pagamenti (art. 1, commi 219-221); che risultano ancora debitori di somme affidate agli Agenti della riscossione sin dal 2000 (c.d. “rottamazione-quater”, ex art. 1, commi 231-252) o che risultano debitori di somme fino a 1.000 euro, affidate agli Agenti della riscossione dal 2000 al 2015, per le quali è prevista un’integrale amnistia (art. 1, commi 222-230). Tali soggetti, per il mero fatto di trovarsi nella situazione tipizzata nelle diverse fattispecie normative, possono definire la loro posizione, usufruendo di un trattamento fiscale di favore.

Tale effetto si rivela particolarmente indesiderabile in tutti quei casi in cui l’incentivo a regolarizzare finisce con il ricompensare comportamenti lassisti (se non addirittura opportunistici), non essendo le rinunce ai crediti del Fisco subordinate ad un accertamento della condizione di incolpevole difficoltà finanziaria in cui eventualmente versa(va) il soggetto. Ad esempio, possono beneficiare della rottamazione-quater, versando unicamente le somme dovute a titolo di capitale e di rimborso spese per le procedure esecutive e di notifica, anche i soggetti “decaduti” da precedenti rottamazioni o definizioni (ex art. 1, comma 249). Costoro, a prescindere dalle ragioni per le quali sono risultati (due volte) inadempienti, hanno nuovamente l’opportunità di regolarizzare la loro posizione, in modo (irrazionalmente) più vantaggioso rispetto a coloro che hanno, nel frattempo, versato delle somme relative ai debiti definibili (corrispondendo anche gli interessi e l’aggio) e che non possono più recuperare, essendo escluso il rimborso di quanto già incassato dall’Erario (ex art. 1, comma 239).

Nella complessa regolamentazione giuridica dei rapporti fiscali pendenti, i meccanismi di estinzione dei debiti tributari non dovrebbero risolversi in agevolazioni discriminatorie.

Gli istituti introdotti certamente assicurano un immediato (minor) gettito rispetto ad uno (maggiore) solo potenziale e comportano per l’Amministrazione finanziaria un risparmio notevole delle risorse destinate all’esecuzione forzata e al contenzioso (al netto delle liti sugli eventuali dinieghi della definizione delle controversie, ex art. 1, commi 200-201).

La sospensione delle “ostilità” fra Fisco e contribuenti, segnalata dall’annunciata “tregua” fiscale, non dovrebbe, tuttavia, risolversi – per assecondare la metafora militare – in una “resa” a contingenti esigenze di cassa. L’introduzione (periodica) di scivoli sempre più comodi per regolarizzare le posizioni fiscali produce anche effetti “di lungo periodo”, che andranno valutati in termini non solo finanziari, ma anche sociali, economici e di tax morale, ossia di futura propensione dei consociati ad adempiere correttamente e tempestivamente il loro dovere tributario.

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