L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la risposta a interpello n. 359 del 23 giugno 2023 in tema di note di variazione.
L’articolo 18 del Decreto Sostegni-bis ha introdotto modifiche sostanziali alla disciplina delle variazioni in diminuzione dell’imponibile IVA o dell’imposta dovuta recata dall’articolo 26 del decreto IVA, disponendo che nel caso di mancato pagamento del corrispettivo connesso a procedure concorsuali non si debba più attendere la conclusione delle stesse; tale modifica incide, conseguentemente, sul diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente a dette variazioni.
Il testo previgente del citato articolo 26 prevedeva la facoltà, in capo al cedente/prestatore, di rettificare in diminuzione l’imposta applicata quando l’operazione veniva meno o se ne riduceva l’ammontare imponibile in conseguenza di mancato pagamento comprovato da procedure esecutive individuali o procedure concorsuali rimaste infruttuose (con la definitiva conclusione delle procedure stesse), da accordi di ristrutturazione dei debiti omologati ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare) o piani attestati ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), della legge fallimentare.
Tale versione dell’articolo 26 era stata, tuttavia, censurata dalla Corte di Giustizia UE a causa dell’eccessiva durata delle procedure concorsuali, al cui esito infruttuoso era subordinato il diritto alla detrazione dell’imposta non incassata.
Come chiarito dalla stessa relazione illustrativa al Decreto Sostegni-bis, infatti, “le modifiche apportate all’articolo 26 risultano conformi ai principi dell’ordinamento europeo e in particolare alla previsione di cui all’articolo 90, secondo paragrafo, della direttiva 2006/112/CE (direttiva IVA) il quale rimette agli Stati la facoltà di stabilire se e a quali condizioni riconoscere il diritto alla riduzione della base imponibile e dell’imposta in caso di mancato pagamento in tutto o in parte del corrispettivo”.
Al riguardo, come si legge anche nella circolare dell’Agenzia delle entrate del 29 dicembre 2021, n. 20 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affermato con la sentenza Di Maura che “la finalità del citato articolo 90 della Direttiva IVA è quella di consentire agli Stati membri di individuare, in considerazione del sistema giuridico nazionale esistente, le situazioni concrete in cui il mancato pagamento può dirsi ragionevolmente verificato e in quale misura.
Il documento di prassi, richiamando anche la menzionata relazione illustrativa al Decreto Sostegni-bis, precisa, inoltre, che “Tale disposizione deve essere interpretata nel senso che uno Stato membro non può subordinare la riduzione della base imponibile dell’imposta sul valore aggiunto all’infruttuosità di una procedura concorsuale qualora una tale procedura possa durare più di dieci anni.
La Corte di Giustizia, inoltre, ammette la variazione in diminuzione anche in presenza di una ragionevole probabilità che il debito non sia saldato, rinviando alle autorità nazionali il compito di stabilire, «nel rispetto del principio di proporzionalità e sotto il controllo del giudice, quali siano le prove di una probabile durata prolungata del non pagamento che il soggetto passivo deve fornire in funzione delle specificità del diritto nazionale applicabile.
In tale contesto va letta la nuova formulazione dell’articolo 26, con particolare riguardo, per quanto qui di interesse, ai commi 3-bis e 5-bis.
Con specifico riferimento alle ipotesi contemplate nell’articolo 26, comma 3-bis, del decreto IVA e, dunque, in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente quando questi è assoggettato a una delle procedure indicate nelle successive lettere a) e b) del medesimo comma, emerge:
-la possibilità per il cedente/prestatore di effettuare la variazione in diminuzione dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;
-che l’obbligo di registrazione della variazione, in rettifica della detrazione originariamente operata, permanga, in capo al cessionario/committente considerato che tali istituti ossia, gli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis ed i piani attestati ex articolo 67, terzo comma, lettera d), L.F. (ora anche articolo 56 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)], non sono qualificabili come procedure concorsuali in senso stretto, in quanto mancano sia del carattere della “concorsualità”, sia di quello dell'”ufficialità”.
Il cedente/prestatore, pertanto, può portare in detrazione l’IVA, nella misura esposta nella nota di variazione, mentre la controparte è tenuta a ridurre in pari misura la detrazione che aveva effettuato, riversando l’imposta all’Erario.
Il nuovo comma 5-bis dell’articolo 26 del decreto IVA, inoltre, prevede che nel caso in cui, successivamente agli eventi di cui al comma 3-bis, e quindi successivamente all’emissione della nota di variazione in diminuzione, il corrispettivo sia pagato, in tutto o in parte, si applica la disposizione di cui al comma 1, ossia l’obbligo di emettere una nota di variazione in aumento.
In tal caso, il cessionario o committente che abbia assolto all’obbligo di cui al comma 5 ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione in aumento.
Quindi, nelle ipotesi di piani attestati pubblicati nel registro delle imprese, emerge la volontà del legislatore di non costringere i cedenti/prestatori, che si siano avvalsi della facoltà di emettere una nota di variazione in diminuzione, ad effettuare una variazione in aumento per la medesima operazione, se non a fronte del successivo pagamento, in tutto o in parte, del relativo corrispettivo.
D’altronde, anche in ragione di un principio di economicità, a fronte dell’acclarato omesso pagamento da parte del cessionario/committente, che questi tramite il piano riconosce ed il professionista indirettamente attesta con successive pubblicazione nel registro delle imprese, l’obbligazione iniziale rimane inadempiuta e l’eventuale risoluzione dell’accordo raggiunto in base al piano non muta tale aspetto.