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Plastic tax europee e tributi ambientali: effetti economici e adempimenti per le imprese italiane

Plastic Tax Europee E Tributi Ambientali: Effetti Economici E Adempimenti Per Le Imprese Italiane
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L’adozione di tributi sulla plastica (plastic tax) trova le sue origini nella crescente sensibilità per le tematiche ambientali e dalle pressioni della collettività ad una maggiore attenzione per la tutela dell’habitat in cui vive.

È la spinta della Commissione europea che, per proteggere i cittadini e gli ecosistemi europei, ha portato all’adozione del piano d’azione inquinamento zero per contrastare l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo. Il Green Deal europeo è poi la nuova strategia che definisce un piano d’azione per rendere sostenibile l’economia dell’Unione europea, trasformando le sfide climatiche e ambientali in opportunità in tutti i settori della politica in modo equo e inclusivo.

Negli “Orientamenti Politici per la Prossima Commissione Europea 2019-2024” Ursula Von Der Leyen preannunciava un ruolo guida per l’Europa per quanto riguarda il problema della plastica monouso. Nella Comunicazione COM(2019) 640 final datata 11 dicembre 2019 si prevedeva espressamente che la Commissione avrebbe “messo a punto requisiti per garantire che, entro il 2030, tutti gli imballaggi presenti sul mercato dell’UE siano riutilizzabili o riciclabili in modo economicamente sostenibile e un quadro normativo per le plastiche biodegradabili e a base biologica, oltre ad attuare misure sulla plastica monouso”.

La direttiva n. 2019/904 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 giugno 2019 sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente ha aperto un solco e fissato un primo paletto effettivo per la riduzione della plastica essenziale per l’attuale economia caratterizzata, troppo spesso, da un ciclo di vita di breve durata, senza riutilizzo, né un riciclo efficiente.

Allo stesso tempo, per contribuire a ridurre l’inquinamento da rifiuti di imballaggio di plastica la decisione (UE, Euratom) n. 2020/2053 del 14 dicembre 2020 ha messo a disposizione della Commissione una nuova categoria di risorse proprie basata su contributi nazionali calcolati sulla base dei rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati in ciascuno Stato membro, la cui aliquota era stata fissata a 0,80 euro/Kg, prevedendo riduzioni forfettarie per taluni di questi. Gli Stati membri sono stati, invece, lasciati liberi di adottare le misure più adeguate a conseguire tali obiettivi, in base al principio di sussidiarietà.

Il precedente in Italia

Le imposte sulla plastica in Italia in realtà non sono proprio nuove, basti ricordare l’imposta di fabbricazione e la corrispondente sovrimposta di confine sui sacchetti di plastica, istituite con l’art. 1, comma 8, D.L. n. 397/1988, n. 397, poi soppresse dal 1° gennaio 1994 con la legge n. 427/1993.

Le principali imposte in Europa

Tra i principali Paesi in Europa, l’Italia è stata la prima ad istituire un’imposta di consumo sui manufatti in plastica con singolo uso, anche se poi, non è entrata in vigore e tutto è stato rimandato ad una più approfondita valutazione nel corso del presente anno.

Anche il Regno Unito ha sposato la filosofia di una simile imposta prevedendola, tuttavia, non sui manufatti in plastica con singolo uso, bensì sugli imballaggi di plastica prodotti o importati nel Regno Unito per un quantitativo superiore a 10 tonnellate (cd. PPTPlastic packaging tax), dal 1° aprile 2022, quando il componente dell’imballaggio in plastica prodotto o importato sia finito (abbia sostenuto l’ultima trasformazione sostanziale).

Ancora diversa la filosofia adottata in Spagna ove il legislatore ha preferito, a decorrere dal 1° gennaio 2023, un’imposta speciale sugli imballaggi (prodotti, importati, o introdotti da altro Stato dell’UE), non riutilizzabili contenenti plastica, semilavorati in plastica destinati alla loro produzione (preforme o fogli termoplastici) e prodotti contenenti materie plastiche destinati a consentire la chiusura, l’immissione sul mercato o la presentazione di imballaggi non riutilizzabili.

Come si può rilevare l’obiettivo di fondo è il medesimo, come pure la maggior parte degli oggetti che sono colpiti dai diversi tributi, ma i distinguo possono rendere complessa per le imprese la rilevazione della base imponibile, il discrimine tra numerosi beni soggetti al tributo e la comprensione degli adempimenti.

Non va trascurato poi il fatto che mentre il Regno Unito è ormai al di fuori del territorio doganale dell’UE, la Spagna vi è ricompresa; i beni che dall’Italia entrano in UK sono soggetti al regime dell’importazione in tale paese, mentre quelli che entrano in Spagna rappresentano movimenti intra-unionali.

Proseguendo nella disamina delle principali differenze viene in evidenza che se gli imballaggi contengono più del 30% di plastica riciclata, per la PPT non sono soggetti al pagamento dell’imposta, ancorché concorrano alla formazione della soglia delle 10 T prevista per la registrazione dell’impresa; in Spagna, invece, la base imponibile è costituita da tutta la componente in plastica non riciclata, analogamente a quanto è previsto dall’imposta italiana. Sempre per la PPT, quando un imballaggio è costituito da più materiali si considera componente di plastica soggetto a imposizione se la plastica è prevalente in peso sugli altri.

Nella tabella che segue una comparazione del quantitativo imponibile (in gr.)

Materiale

PPT UK

PT ES

PT IT

Imballaggio di 10 gr. composto da 4 gr. di plastica, 3 gr. di acciaio e 3 gr. di cartone

10,0

4,0

4,0

Imballaggio di 10 gr. di plastica (di cui 3,5 gr. riciclata)

0 *

6,5

6,5

* 3,5 gr. > 30%

La plastica riciclata

Nel Regno Unito, ai fini della PPT, la plastica riciclata è quella che è stata rilavorata a partire da materiale recuperato mediante un processo chimico o di produzione; è escluso il riciclo organico. In Spagna, per contro, la quantità di plastica riciclata deve essere certificata da un ente accreditato per il rilascio della certificazione ai sensi della norma UNE-EN 15343:2008 “Plásticos. Plásticos reciclados. Trazabilidad y evaluación de conformidad del reciclado de plásticos y contenido en reciclado” o gli standard che li sostituiscono.

In Italia, l’imposta di consumo non è dovuta sulla materia plastica contenuta nei MACSI che provenga da processi di riciclo, ma nulla viene ulteriormente precisato al riguardo nell’attuale fase normativa.

La risposta alla domanda più frequente delle imprese italiane

Il quesito più ricorrente è se l’impresa italiana debba registrarsi vendendo a un distributore locale in uno dei due Paesi in questione e se debba fornire per ogni spedizione un documento contenente le informazioni sull’imballaggio.

È chiaro che se l’importazione o l’acquisto intra-unionale viene fatto da un soggetto ivi residente non occorre registrarsi in tali paesi.

Pur non essendo previsto da tali normative un obbligo di fornire informazioni di dettaglio da parte dei cedenti nazionali, appare opportuno venire incontro alle esigenze manifestate dai clienti per rendere più agevole o più economica la collocazione del proprio prodotto su quel mercato.

Conclusione

L’introduzione di imposizioni fiscali differenziate sta creando difficoltà nella circolazione dei beni, in contrasto a quanto in passato ricercato.

In Italia, a breve si dovrà riesaminare l’imposta di consumo di cui è prevista l’entrata in vigore dal 1° gennaio 2024 e c’è da auspicare che, tenendo conto delle esperienze già operative in altri Paesi, si prediliga una soluzione che comporti semplicità sia nella determinazione della base imponibile, sia per gli adempimenti amministrativi richiesti. Nel frattempo, indirettamente, a causa delle imposte presenti negli altri paesi, anche le imprese italiane si stanno adeguando ai nuovi obiettivi di riduzione della plastica.

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