L’introduzione del principio di proporzionalità nell’attività di accertamento (non consideriamo in questa sede le sanzioni, a proposito delle quali il principio sarà articolato nel decreto delegato riservato alla riforma delle misure punitive) rappresenta un caso emblematico di questo conflitto; si tratta di una scelta del legislatore delegato che risponde al criterio di delega che prevedeva l’adeguamento della legislazione ai principi del diritto europeo, tra i quali quelli sanciti dalla Carta dei diritti dell’Unione europea.
Nell’art. 10-ter, di cui è evidente la matrice colta, è indicato analiticamente il contenuto del principio: il procedimento tributario bilancia i diritti del contribuente e la protezione dell’interesse alla percezione dei tributi (comma 1), quindi l’azione amministrativa deve (comma 2) essere necessaria, non eccedente rispetto ai fini, adeguata nel senso che non deve comprimere diritti e libertà dei contribuenti oltre quanto strettamente necessario; il fatto che l’azione amministrativa si diriga verso casi di elusione o di evasione fiscale non esonera l’autorità dal rispetto del principio.
Le manifestazioni del principio sono agevolmente rinvenibili nella casistica giurisprudenziale e nell’analisi dottrinale: ad esempio, nella scelta del mezzo istruttorio meno invasivo, e nella progressività dei poteri di indagine; nella modalità di controllo, soprattutto quando esso avviene mediante indagine presso il contribuente (durata della verifica, analisi dei documenti fuori dagli uffici aziendali); nei limiti alla reiterazione degli atti; nei limiti alle norme che prevederebbero, in teoria, rigide preclusioni per la produzione di documenti non tempestivamente forniti all’amministrazione su sua richiesta; nel divieto di richiesta di documenti già posseduti dall’Amministrazione finanziaria o agevolmente alla sua portata.
Meno agevole affermare la proporzionalità in relazione al contenuto degli atti di accertamento, poiché vi osta la natura vincolata dell’atto; e tuttavia, ogni volta che il metodo di accertamento sia fortemente presuntivo, o abbia carattere parasanzionatorio, il principio riemerge in tutta la sua forza e utilità, riportando a ragionevolezza le determinazioni della base imponibile (il punto sarà centrale, a proposito del concordato preventivo biennale e delle future applicazioni dell’intelligenza artificiale).
Dall’elencazione che precede si coglie che l’art. 10-ter (rafforzato dal comma 3-bis dell’art. 1) costituirà un metro di giudizio costante e immanente, rispetto ad un’azione amministrativa regolata da norme specifiche che, sui temi indicati in precedenza, sono rimaste sostanzialmente immutate.
Perché abbia un’effettiva applicazione, il principio di proporzionalità potrà condurre all’annullamento totale o parziale degli atti impositivi che risultino inadeguati, sbilanciati, frutto di compressione ingiustificata dei diritti del contribuente.
Sarebbe forse stato preferibile un intervento – peraltro non agevole – del legislatore a correzione delle disposizioni di legge più facilmente idonee ad un uso sproporzionato da parte dell’Amministrazione finanziaria; ma, poiché questa strada non è stata seguita, la via per dare concreta efficacia alla riforma è quella di affermare, sin da oggi e in futuro, un valore preminente dei principi statutari; se Amministrazione finanziaria e giurisprudenza (e forse anche il contribuente, il quale non resta del tutto estraneo all’applicazione del principio di proporzionalità) non avranno la volontà e/o la capacità di assicurare questa preminenza, la riforma risulterebbe di mera facciata.