La Corte di Giustizia Ue è stata interpellata nell’ambito di una controversia tra un venditore e l’«autorità tributaria» in Polonia, in merito all’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) applicabile alle operazioni di vendita di bevande al latte e cioccolato realizzate nei suoi stabilimenti di consumo.
Il caso
Il ricorrente gestisce una catena di caffè a Breslavia (Polonia) che commercializza una bevanda denominata «Classic Hot Chocolate», che si presenta sotto forma di cioccolata calda preparata a base di latte e di una salsa al cioccolato.
Egli ha inviato all’autorità tributaria una richiesta di informazioni vincolanti riguardanti l’aliquota IVA applicabile a tale bevanda e, con parere del 17 giugno 2020, tale autorità ha ritenuto che la vendita da asporto e la vendita in loco di detta bevanda dovessero essere considerate cessioni di beni accompagnate da servizi accessori, vale a dire la preparazione e la fornitura della bevanda al cliente per un consumo immediato. Essa ne ha concluso che tale prestazione rientrava nella sezione 56 del PKWiU, intitolata «Servizi di ristorazione e di vendita di bevande», cosicché tali cessioni di beni sono soggette all’aliquota IVA ridotta dell’8%.
Tale decisione è stata contestata sostenendo che occorreva applicare un’aliquota IVA ridotta del 5%, per analogia con le altre cessioni di beni di cui all’allegato 10 della legge sull’IVA, il quale comprende, in particolare, le bevande a base di latte. A tale proposito, il ricorrente invocava, a causa della somiglianza tra tali prodotti e la bevanda di cui trattasi nel procedimento principale, una violazione del principio di neutralità dell’IVA, una violazione delle regole di concorrenza e un’errata attuazione della legge sull’IVA.
Il giudice del rinvio nutre dubbi quanto alla compatibilità della normativa e della prassi nazionali di cui trattasi con la direttiva IVA, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte, nonché con i principi del sistema comune dell’IVA.
Alla luce del principio della certezza del diritto, può il legislatore nazionale ricorrere a due fonti di classificazione diverse, la NC e il PKWiU, per definire l’aliquota IVA applicabile a una stessa categoria di beni o di servizi? Il Giudice in sostanza chiede:
– se la normativa IVA europea osti a una normativa nazionale che prevede l’aliquota IVA ridotta del 5% per i prodotti alimentari, tra cui le bevande a base di latte, [rientranti nella] voce NC 2202 della nomenclatura combinata, escludendo dalla suddetta aliquota i prodotti alimentari, tra cui le bevande a base di latte, classificati come servizi di ristorazione e di vendita di bevande secondo la [sezione 56 del PKWiU] e applicando a tali prodotti (alle cessioni e ai servizi ad essi relativi) l’aliquota IVA ridotta dell’8%, in una situazione in cui il consumatore medio, acquistando i prodotti o servizi in parola, considera tali cessioni (servizi) come rispondenti alle stesse esigenze;
– se sia compatibile con i principi di neutralità fiscale e di certezza del diritto una prassi amministrativa che implica l’applicazione di due diverse aliquote IVA ridotte a prodotti aventi le stesse caratteristiche e qualità oggettive, a seconda che vengano o meno prestati i servizi di preparazione e di somministrazione di tali prodotti, differenziando in tal modo i prodotti in parola in funzione del fattore soggettivo e non oggettivo.
Sentenza della Corte
La Corte di Giustizia UE nella sentenza alla causa n. C-146/22 del 5 ottobre 2023 ricorda innanzi tutto che alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi si applica, in linea di principio, un’aliquota IVA identica, ossia l’aliquota normale fissata da ciascuno Stato membro.
In deroga a tale principio viene riconosciuto agli Stati membri la facoltà di applicare aliquote IVA ridotte al fine di rendere meno onerosi e, di conseguenza, maggiormente accessibili al consumatore finale, sul quale grava in definitiva l’imposta, taluni beni e servizi ritenuti particolarmente necessari.
Gli Stati membri quando scelgono di applicare una o due aliquote IVA ridotte a taluna delle categorie di cessioni di beni o di prestazioni di servizi elencate nell’allegato III della direttiva IVA o, se del caso, di limitarne l’applicazione in maniera selettiva a una parte delle cessioni di beni o delle prestazioni di servizi di ciascuna di tali categorie, devono rispettare il principio di neutralità fiscale.
Nel caso in esame emerge che le aliquote IVA ridotte diverse sono applicate alle bevande al latte, a seconda che esse siano oggetto di una vendita al dettaglio, in un negozio, come bevanda pronta per il consumo, o che siano preparate e fornite calde ad un cliente, come cessione di beni, su sua richiesta e per il loro consumo immediato. Tale distinzione deriva dalla loro classificazione, rispettivamente come prodotto alimentare rientrante nella NC e come componente di servizi di ristorazione e di vendita di bevande rientrante nel PKWiU. Secondo la Corte, un tale metodo di classificazione dei prodotti alimentari, che si fonda in particolare sul fatto che essi siano accompagnati o meno da servizi accessori per il loro consumo, non è, di per sé, incompatibile con il diritto dell’Unione.
Tenuto conto di quanto rilevato la Corte di Giustizia Ue dichiara dunque che “l’articolo 98 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva (UE) 2018/1713 del Consiglio, del 6 novembre 2018, in combinato disposto con l’allegato III, punti 1 e 12 bis, della stessa, con l’articolo 6 del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo2011, recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112, nonché con il principio di neutralità fiscale, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che prevede che prodotti alimentari composti dallo stesso ingrediente principale e rispondenti alla medesima esigenza per un consumatore medio siano assoggettati a due aliquote dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) ridotte diverse, a seconda che siano venduti al dettaglio in un negozio o che siano preparati e forniti caldi a un cliente su sua richiesta per il consumo immediato, a condizione che tali prodotti alimentari non presentino proprietà analoghe nonostante l’ingrediente principale che hanno in comune o che le differenze esistenti tra detti prodotti, anche per quanto riguarda i servizi di supporto che accompagnano le loro forniture, influiscano significativamente sulla decisione del consumatore medio di acquistare l’uno o l’altro di essi”.