Professionisti e autonoma organizzazione: pagare l’IRAP “incerta” o aspettare il fisco?
- 10 Agosto 2019
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
Per un professionista, a volte l’autonoma organizzazione non si può escludere pacificamente. In questa ipotesi, si possono adottare comportamenti differenti, con differenti possibili conseguenze: ad esempio, si può scegliere di inviare la dichiarazione, effettuare i versamenti e solo successivamente presentare la domanda di rimborso. Il professionista convinto di non essere soggetto passivo IRAP potrebbe, invece, inoltrare la dichiarazione omettendo i versamenti, oppure ancora decidere di omettere non solo il pagamento, ma anche la dichiarazione. Tra un comportamento prudente, un atteggiamento trasparente e un contegno audacemente omissivo, cosa fare?
In assenza del requisito dell’autonoma organizzazione, i professionisti sono esclusi dall’ambito applicativo dell’IRAP e, a quel punto, essi non devono né corrispondere il tributo, né adempiere ad obblighi dichiarativi.
L’IRAP dei professionisti è una tematica annosa ma, in linea generale, un professionista si ritiene fuori campo da questo tributo ogniqualvolta operi all’interno di strutture professionali organizzate e gestite da terzi, quando non possiede altrimenti una propria organizzazione, oppure quando non si avvale di lavoro altrui (o impiega un unico dipendente o collaboratore con mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive) e utilizza beni strumentali limitati (quali, ad esempio, telefono, autoveicolo, personal computer).
Le possibili alternative per i professionisti
A volte, però, la presenza dell’autonoma organizzazione non è pacificamente escludibile e ciò accade quando la stessa posizione della giurisprudenza oscilla, cosicché sono in molti coloro che preferiscono essere prudenti e, quindi, inviano la dichiarazione, effettuano i versamenti e, semmai, presentano solo successivamente una domanda di rimborso, ai sensi dell’art. 38, D.P.R. n. 602/1973.
In questo modo, qualora in sede di controllo fosse acclarata la qualità di soggetto passivo IRAP, il contribuente evita di vedersi irrogare sanzioni amministrative e l’applicazione di interessi sul mancato versamento di un tributo dovuto, ma già versato.
Nel caso in cui, invece, il professionista abbia maggiore convinzione di non essere soggetto passivo IRAP, ci sono altri due modi per affrontare l’eventuale controversia tributaria: il primo è quello di procedere all’inoltro della dichiarazione IRAP omettendo i versamenti: ciò, però, cagionerebbe, ai sensi dell’art. 36-bis, D.P.R. n. 600/1973, la liquidazione automatizzata del modello, la sicura formazione dell’avviso bonario e del ruolo e, quindi, della notifica della cartella di pagamento per le intere somme dichiarate, ma non versate, ad opera di Agenzia della Riscossione.
Il secondo, invece, è quello di omettere non solo il pagamento, ma anche la presentazione della dichiarazione: a quel punto, allora, l’Agenzia delle Entrate non potrebbe che procedere al recupero del tributo mediante ordinario avviso di accertamento esecutivo, ex art. 29 del D.L. n. 78/2010, dovendo motivare in quella sede perché, a suo avviso, sussiste il requisito dell’autonoma organizzazione.
Quale comportamento è più favorevole?
Tra un comportamento prudente, un atteggiamento trasparente ed un contegno audacemente omissivo, l’esperienza ha ormai insegnato che a risultare spesso più favorevole per il contribuente è proprio quest’ultimo.
Infatti, in presenza di contribuenti con medesime condizioni rilevanti ai fini dell’IRAP, a vedersi contestare l’autonoma organizzazione raramente sono coloro che hanno omesso la presentazione del modello, mentre a dover sostenere un lungo contenzioso tributario che, diventa anche antieconomico in quanto quasi sempre portato fino al grado di legittimità, sono chiamati spesso e solo i contribuenti più trasparenti, vale a dire quelli che presentano il modello non versando i tributi, o che li hanno chiesti a rimborso dopo averli già versati.
C’è, allora, un noto detto che suggerisce l’utilità di ritardare il più possibile il momento di pagare un debito (e quello di morire): anche in campo IRAP l’esperienza conferma la saggezza di tale consiglio, in quanto chi omette la presentazione della dichiarazione sporadicamente subisce da parte del Fisco la verifica della sussistenza dell’autonoma organizzazione IRAP, a differenza, invece, di coloro che “costringono” le Entrate ad eseguire un’attività di controllo su una dichiarazione regolarmente presentata, circostanza, da ultimo, ancora una volta confermata da una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 19962/2019 del 24 luglio 2019), con la quale è stato affermato che il professionista che esercita la propria attività in forma associata è considerato soggetto passivo ai fini IRAP, salvo rigorosa prova contraria.
L’onere della prova
La vicenda processuale traeva le mosse da un ricorso proposto da un professionista avverso il silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria, proprio a fronte dell’istanza di rimborso dell’IRAP versata.
A parere dell’Ufficio il contribuente, che svolgeva la propria attività legale all’interno di uno studio associato, era da considerarsi soggetto passivo ai fini IRAP, non avendo dimostrato di svolgere la propria attività in modo del tutto estraneo a quella dello studio associato. La Corte di cassazione ha ritenuto fondata la tesi dell’Amministrazione finanziaria.
Sono, peraltro, le stesse conclusioni del pronunciamento a ricordare che, sotto il profilo della distribuzione dell’onere probatorio, chi presenta istanza di rimborso viene fatto soggiacere alla necessità di fornire la prova in giudizio, mentre in caso di accertamento, ex art. 2697 c.c., è il Fisco in sede contenziosa a dover dimostrare la sussistenza del presupposto impositivo, ciò che da questa vicenda viene incidentalmente ancora confermato è che se il ricorrente, invece che richiedere rimborso dopo aver versato i tributi, avesse omesso la presentazione della dichiarazione e si fosse posto in attesa dell’eventuale accertamento, verosimilmente avrebbe ancora in tasca i tributi corrisposti per eccesso di prudenza alla stessa stregua di similari colleghi in medesima situazione di incertezza IRAP.
Che, infatti, il Fisco obietti meno l’autonoma organizzazione a chi preferisce omettere la dichiarazione IRAP, non deriva da statistica grossolana, ma da realtà professionale.
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