Punibilità esclusa in caso di oggettiva impossibilità di pagare il tributo

Esclusione della punibilità in caso di mancato pagamento non imputabile al contribuente e interrelazione tra procedimenti: la legge delega per la riforma fiscale prevede anche la revisione del sistema sanzionatorio penale-tributario.

Esclusione della punibilità in caso di impossibilità a pagare

Il contribuente che non paga il tributo a causa di una oggettiva impossibilità dovrebbe andare esente da responsabilità penale. È quanto emerge dal disegno di legge delega fiscale, attualmente all’esame del Parlamento.

Con particolare riguardo alla revisione del sistema sanzionatorio tributario, la legge delega, nella parte relativa alle sanzioni penali annuncia l’intenzione di “rivedere i profili relativi alla effettiva sussistenza dell’elemento soggettivo, nell’ipotesi di sopraggiunta impossibilità a far fronte al pagamento del tributo, non dipendente da fatti imputabili al soggetto stesso”. Questo “al fine di evitare che il contribuente debba subire conseguenze penali anche in caso di fatti a lui non imputabili”, secondo la relazione illustrativa.

La legge delega affida al legislatore delegato il compito di esplicitare le cause diimpossibilità” e dunque di esclusione dell’elemento soggettivo del delitto.

Anche se la delega non specifica a quali reati debba applicarsi tale principio, è abbastanza evidente che si tratta dei reati di omesso versamento delle ritenute (art. 10-bis, D.Lgs. n. 74/2000) e dell’IVA (art. 10-ter, D.Lgs. n. 74/2000). Si tratta, infatti, di fattispecie spesso non connotate da dolo ma da una obiettiva crisi economica del contribuente, il quale peraltro si autodenuncia al fisco dichiarando di dover versare una somma che poi non viene materialmente versata.
Non a caso, peraltro, il decreto Bollette (D.L. n. 34/2023) ha previsto la non punibilità per alcuni reati tributari (omessi versamenti e indebita compensazione di crediti non spettanti), quando le relative violazioni sono correttamente definite mediante uno degli istituti previsti dalla tregua fiscale (legge di Bilancio 2023). In tali casi, è stata introdotta la sospensione del processo penale fino alla conclusione del versamento rateale, purché definito prima della pronuncia della sentenza di appello.
Già nella precedente riforma del sistema sanzionatorio tributario – intervenuta con la legge delega n. 23/2014, attuata con il D.Lgs. n. 158/2015 – c’era stato un tentativo di depenalizzare i reati di omesso versamento; tentativo successivamente scemato e concretizzatosi in un innalzamento delle soglie utili per far scattare il reato (da 50.000 euro a 150.000 euro per l’omesso versamento delle ritenute e 250.000 euro per l’omesso versamento dell’IVA).

Inoltre, il tema dell’esclusione dell’elemento soggettivo nei reati di omesso versamento in presenza di una evidente crisi di liquidità del contribuente, è ormai da anni posto all’attenzione della giurisprudenza, anche se la Cassazione ha imposto la ricorrenza di circostanze abbastanza stringenti per l’esclusione della responsabilità del contribuente.

I decreti delegati dovrebbero a questo proposito prevedere, nei casi in cui gli omessi pagamenti non dipendano da fatti ascrivibili al contribuente, l’individuazione di circostanze che farebbero venir meno l’elemento soggettivo e di conseguenza assicurerebbero la non punibilità.

Debito definito in sede ammnistrativa rilevante in sede penale

La legge delega prevede altresì l’obbligo del giudice penale di tenere conto delle definizioni raggiunte in sede amministrativa o giudiziale, implicanti l’irrilevanza del fatto ai fini penali, salva la possibilità di discostarsene, previa congrua motivazione.

In sostanza, in sede penale si dovrà tener conto delle eventuali definizioni raggiunte in occasione delle adesioni o delle conciliazioni che comportano l’irrilevanza del fatto sotto il profilo penale, potendo discostarsene solo con congrua motivazione. Ciò anche – si legge nella relazione – per tenere conto della giurisprudenza di legittimità penale secondo cui il giudice non è vincolato, nella determinazione del profitto confiscabile, all’imposta risultante a seguito dell’accertamento con adesione o del concordato fiscale tra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente, ma per potersi discostare dal dato quantitativo convenzionalmente accertato e tener invece conto dell’iniziale pretesa tributaria dell’Erario è comunque necessario che sussistano concreti elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile l’originaria quantificazione dell’imposta dovuta (Cass. pen., n. 29091 del 2019).

A ben vedere, tale attenzione agli accordi con il fisco da parte dei giudici già si verifica nella gran parte dei casi. Con i decreti delegati dovrebbe aversi una codificazione di tale obbligo.

Punti di contatto tra i due procedimenti

La legge delega prevede inoltre un’integrazione tra le due tipologie di sanzioni (amministrative e penali) e, dunque, dei necessari punti di contatto (oltre a quelli già oggi previsti) tra il procedimento tributario amministrativo e penale.

Anzitutto, in punto di entità della sanzione, il legislatore delegato dovrà tener conto anche delle sanzioni accessorie e, soprattutto, del divieto di bis in idem, evitando forme di duplicazione o sanzioni troppo eccessive.

Inoltre, dovrà essere previsto un maggiore passaggio di informazioni tra il procedimento penale e quello tributario, anche alla luce dell’introduzione della testimonianza scritta in ambito tributario, che rimuovendo lo storico divieto, ha fatto venir meno uno dei principali ostacoli alla “comunicazione” tra tali processi.

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Dovrebbero poi essere introdotte maggiori garanzie nei confronti del contribuente che effettua il pagamento a rate del debito tributario, procedendo:

– da un lato ad allineare i termini di estinzione previsti dagli articoli 13 e 13-bis, D.Lgs. n. 74/2000 per beneficiare della non punibilità o dell’attenuante e l’effettiva durata dei piani di estinzione dei debiti tributari, anche prevedendo la possibilità di una temporanea sospensione dei termini di prescrizione;

– dall’altro l’impossibilità di eseguire il sequestro preventivo (ovvero di revocare il provvedimento già eseguito) nei confronti del contribuente per la parte ancora non versata, anche prima dell’esercizio dell’azione penale e quindi, in sostanza, anche nella fase delle indagini preliminari.

È altresì previsto che la volontaria adozione di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale e la preventiva comunicazione di un possibile rischio fiscale da parte di imprese che non possiedono i requisiti per aderire all’istituto dell’adempimento collaborativo assumono rilevanza per escludere ovvero ridurre l’entità delle sanzioni.

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