L’esperienza, tuttavia, aveva dimostrato che le divergenze nell’applicazione di questa disposizione erano sfruttate dagli operatori per evitare il pagamento dell’IVA sui beni importati. Di conseguenza, si è reso necessario specificare, a livello comunitario, le condizioni minime per l’applicazione della predetta esenzione.
Condizioni dell’esenzione
– il numero di identificazione IVA che gli è stato attribuito nello Stato UE di importazione o il numero di identificazione IVA attribuito al suo rappresentante fiscale debitore dell’imposta nello Stato UE di importazione;
– il numero di identificazione IVA del cessionario al quale i beni sono ceduti a norma dell’art. 138, par. 1 o il numero di identificazione IVA che gli è stato attribuito nello Stato UE di arrivo del trasporto/spedizione quando i beni sono soggetti a un trasferimento per esigenze della propria impresa a norma dell’art. 138, par. 2, lettera c);
– su richiesta delle Autorità competenti, la prova che i beni importati sono destinati ad essere trasportati/spediti a partire dallo Stato UE di importazione verso un altro Stato UE.
In particolare, per le operazioni di immissione in libera pratica, il pagamento dell’imposta è sospeso qualora i beni siano trasferiti in altro Stato UE, eventualmente dopo l’esecuzione delle manipolazioni usuali previamente autorizzate dall’Autorità doganale. A tal fine, l’importatore è tenuto a fornire il proprio numero di partita IVA, il numero di identificazione IVA attribuito al cessionario stabilito in altro Stato UE, nonché, a richiesta dell’Autorità doganale, idonea documentazione che provi l’effettivo trasferimento dei medesimi beni in altro Stato UE.
Il primo obbligo informativo permette alle Autorità competenti di verificare, in capo all’importatore, l’avvenuto inserimento della cessione intracomunitaria nel Modello INTRA 1-bis. Il secondo obbligo informativo, invece, consente all’Amministrazione doganale di effettuare un controllo più stringente sulla realtà dell’operazione di immissione in libera pratica, verificando se i beni importatati siano effettivamente giunti al cessionario dell’altro Stato UE.
Obbligo di garanzia per gli operatori a rischio
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Nello specifico, nell’ambito dell’analisi dei rischi effettuata secondo i princìpi stabiliti dal Codice doganale dell’Unione, qualora venga richiesta la documentazione comprovante l’effettivo trasferimento dei beni in altro Stato UE, l’Autorità doganale può esigere la costituzione di una cauzione pari all’importo dell’imposta sospesa.
La cauzione viene incamerata dall’Autorità doganale se entro 45 giorni dallo svincolo dei beni, non pervenga la predetta documentazione, oppure quando la documentazione non sia ritenuta idonea a dimostrare l’effettivo trasferimento dei beni oggetto di importazione in altro Stato UE.
Come evidenziato dalla Relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo, tale novità tiene conto delle indicazioni fornite dalla Commissione europea nel documento COM (2014) 69 del 12 febbraio 2014, secondo cui l’obbligo generalizzato di garanzia per tutti gli operatori o rappresentanti fiscali che intendano avvalersi del regime sospensivo costituirebbe un onere sproporzionato per le imprese oneste, oltre a mettere a repentaglio il corretto funzionamento del mercato interno, perché annulla la flessibilità e l’attrattiva della semplificazione offerta dal regime in esame.
La Commissione ha, pertanto, ritenuto che l’obbligo di garanzia dovrebbe essere applicato unicamente agli operatori a rischio.