Reshoring: Assonime spiega la disciplina fiscale

La circolare Assonime n. 4 del 23 febbraio 2024, trattando la disciplina fiscale del reshoring, affronta, tra le altre, le tematiche inerenti all’individuazione delle attività di impresa agevolabili, dei valori fiscali di ingresso, del trattamento delle perdite, dell’eventuale coesistenza di altre attività non agevolate, del meccanismo di recapture in caso di trasferimento dell’attività agevolata al di fuori del territorio nazionale, dell’interazione con altri istituti e agevolazioni e, infine, del rapporto con la disciplina attuativa del Pillar 2 introdotta sempre dal D.Lgs. n. 209/2023.

L’ambito di applicazione dell’incentivo

Nella circolare n. 4/2024 Assonime tratta diffusamente un tema di rilevante interesse affrontato nel decreto attuativo della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale. Dopo aver richiamato gli aspetti essenziali dell’agevolazione, che ha lo scopo di incentivare il trasferimento in Italia di attività economiche svolte in Paesi extra UE o SEE (cd. reshoring) mediante la detassazione del 50% del relativo reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’IRAP per il periodo di imposta in cui si verifica il rimpatrio e per i cinque periodi di imposta successivi, Assonime chiarisce come l’agevolazione si rivolge alle attività produttive e commerciali che fanno capo ad aziende o rami di azienda localizzati in un Paese extra UE o SEE che vengono ricollocate in Italia. Per contro non sarebbe agevolabile il trasferimento in Italia di singoli asset che, pur essendo fonte potenziale di reddito tassabile in Italia, non sono collegati all’esercizio di un’attività di impresa.

La circolare afferma che il trasferimento deve essere fisico, ritenendosi ininfluente la tassazione in Italia tramite, ad esempio, una stabile organizzazione estera o la disciplina delle CFC.

Si pone l’interrogativo relativamente al perimetro applicativo, in particolare se rientrano nell’agevolazione gli asset fonte di redditi c.d. passive (i.e. partecipazioni e intangibles) e, in caso affermativo, se occorra fare riferimento alla nozione di impresa come definita dalla disciplina degli aiuti di stato ovvero se da considerarsi come una stabile organizzazione.

Assonime continua rimarcando che l’attività trasferita non necessita di un tempo minimo di esercizio se avviata ab origine all’estero (ExtraUE/SSE). In caso, invece, di avvio in Italia, occorre attendere almeno 24 mesi dal trasferimento all’estero prima del rimpatrio. Su quest’ultimo aspetto l’Associazione specifica che tale limite non dovrebbe valere per le attività avviate in uno stato UE e trasferite in paesi ExtraUE/SSE e poi riallocate in Italia.

L’incentivo non agevola di per sé tutti gli investimenti esteri in Italia, ma solo quelli a cui corrisponde un contestuale disinvestimento nei Paesi extra UE o SEE con trasferimento in Italia dell’attività.

Il meccanismo di funzionamento ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP

L’agevolazione consiste nella detassazione del reddito derivante dalla attività trasferita che concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi e dell’IRAP nella misura del 50% a decorrere dal periodo in cui avviene il trasferimento e per i cinque successivi.

Dopo aver affrontato la tematica dell’utilizzo e del riporto delle perdite fiscali in relazione all’agevolazione, richiamando a tal fine l’art. 83, comma 1, TUIR, precisando che le medesime potranno essere utilizzate nei limiti del 50%, secondo le ordinarie regole dell’art. 84 TUIR, Assonime precisa che – in compresenza di più attività, agevolate e non, le prime non possano essere segretate rispetto alle seconde, in quanto i redditi imponibili ovvero le perdite delle attività agevolate concorrono, sia pure al 50%, alla formazione dell’imponibile complessivo, in caso di costi promiscui l’Associazione suggerisce un riparto parametrato sui ricavi prodotti dall’attività agevolata rispetto al totale dei ricavi e proventi.
Ulteriore problematica si pone con riferimento agli interessi passivi. Assonime consiglia di individuare in via autonoma gli interessi passivi e il ROL imputabili alla attività agevolata e di gestirne separatamente le relative eccedenze. In caso di finanziamenti promiscui l’Associazione suggerisce di ripartire gli interessi sulla base di criteri oggettivi. Assonime prosegue, criticamente, ricordando che secondo la relazione illustrativa al D.Lgs. n. 142/2018, il ROL fiscale va assunto al netto delle quote di reddito detassate corrispondenti alle voci di conto economico rilevanti ai fini del ROL. Nel caso di specie, quindi, occorrerebbe:

– rettificare il ROL fiscale complessivo in modo da escluderne il 50% delle componenti dell’attività agevolata;

– rettificare altresì l’importo degli interessi passivi complessivi in modo da scorporarne il 50% di quelli riferibili all’attività agevolata.

Tale metodo però non assicura che gli interessi deducibili possano essere allineati al totale di quelli che avrebbero assunto rilevanza qualora le medesime attività fossero confluite in due entità separate anziché in un unico soggetto.

Assonime solleva un’ulteriore criticità, richiedendone un chiarimento, circa il corretto trattamento da seguire in caso di compresenza di più attività sottoposte a regimi diversi. Dovendo ricostruire l’imponibile e/o il valore della produzione riferibile all’attività agevolata si rende necessario non soltanto mantenere separate evidenze contabili ma anche gestire in modo separato le relative variazioni fiscali, aumentando significativamente gli oneri di compliance.

In sede conclusiva l’Associazione si concentra sui riflessi ai fini IRAP, precisando come i risultati, positivi o negativi, relativi alla nuova attività concorreranno, nella misura del 50%, a formare il valore della produzione complessivo.

I valori d’ingresso

Assonime analizza, poi, il tema dei valori inziali da attribuire all’attività oggetto di reshoring, posto che l’agevolazione non deroga alle ordinarie regole di quantificazione dell’imponibile. In particolare, Assonime evidenzia che il reddito delle attività trasferite dall’estero in Italia sarà calcolato partendo dai valori di ingresso ex art. 166-bis TUIR (cd. entry tax).
I valori fiscali iniziali di attività e passività saranno, quindi, assunti in base al valore di mercato, determinato secondo i criteri utilizzati nella disciplina dei prezzi di trasferimento, laddove la giurisdizione di provenienza consenta un adeguato scambio di informazioni. Al contrario, potrà farsi riferimento a tale valore unicamente a seguito di un accordo preventivo stipulato ex art. 31-ter, D.P.R. n. 600/1973. In mancanza, il valore fiscale di ingresso, per le attività, è pari al minor importo tra costo di acquisto, valore di bilancio e valore di mercato mentre, per le passività, è pari al maggiore di tali importi. In caso di ingresso di un compendio aziendale assume rilevanza anche il valore dell’avviamento.
In merito ai valori fiscali di ingresso relativi all’attività oggetto di reshoring Assonime richiama il dubbio circa il fatto che i criteri di cui all’art. 166-bis TUIR possano trovare applicazione anche ai fini dell’IRAP. Con la risposta a interpello n. 460 del 2019 l’Agenzia delle Entrate – relativamente alla previgente formulazione dell’art. 166-bis TUIR – si era espressa in senso negativo sostenendo che l’IRAP è un tributo autonomo rispetto all’IRES che si fonda sulla cd. presa diretta dal bilancio.
Tale posizione, ad avviso di Assonime, dovrebbe essere meglio considerata in quanto vi sarebbero argomenti maggiormente convincenti a sostegno della rilevanza del criterio del valore di mercato anche ai fini IRAP. A tal riguardo Assonime richiama il fatto che l’art. 166-bis TUIR menziona i criteri di valorizzazione della disciplina del transfer pricing i quali, per espressa previsione normativa, si rendono operanti anche ai fini IRAP. Oltre a questo Assonime sottolinea, in continuità con la propria precedente circolare n. 24 del 2021, che qualora venisse assunto un valore storico in luogo di quello di mercato, si finirebbe per attrarre a tassazione in Italia i plusvalori maturati quando l’attività era svolta all’estero, il che, però, sarebbe confliggente con il presupposto territoriale dell’IRAP che prevede l’applicazione del tributo al solo valore della produzione realizzato dall’attività svolta sul territorio dello Stato, con esclusione di quello prodotto all’estero.

Il coordinamento con altri istituti

Assonime prosegue verificando le possibili interazioni tra il regime del reshoring e gli altri istituti, richiamando il fatto che l’art. 6, D.Lgs. 209/2023 non contiene alcun divieto di cumulo.

Innanzitutto, la disciplina del reshoring appare pienamente compatibile con gli istituti del consolidato fiscale e della trasparenza fiscale.

Assonime si sofferma poi sulla compatibilità con gli istituti del credito R&S e del Patent Box. In particolare ricorda che, in via generale:

a) il cumulo è possibile salvo espliciti divieti stabiliti in sede istitutiva;

b) il cumulo non può comportare il superamento del costo sostenuto.

In quest’ottica è da ritenersi che, qualora l’attività trasferita in Italia sia relativa a strutture/centri di ricerca in precedenza localizzati all’estero, sia possibile beneficiare anche del credito R&S di cui all’art. 1, comma 198 e ss., legge n. 160/2019. Assonime si chiede se l’incentivo da reshoring debba in qualche modo essere scomputato dell’importo dei costi rilevanti ai fini del credito R&S. Tenuto conto che l’incentivo de quo riguarda la detassazione del reddito e non il costo dei beni dell’attività agevolata, la circolare non ritiene plausibile tale tesi.

In merito al Patent Box, invece, Assonime approfondisce il funzionamento del “meccanismo premiale” quando, dopo la riallocazione in Italia di un’attività di ricerca, si giunga ad ottenere il titolo di privativa su un nuovo IP. Sul punto l’Associazione afferma che i costi agevolabili, unicamente se sostenuti in Italia, dovranno essere computati per l’intero e non nella minor misura del 50%.

La recapture

Come afferma testualmente la circolare Assonime, il distoglimento, anche parziale, dell’attività agevolata mediante il suo trasferimento fisico all’estero prima del decorso di 5 anni dalla scadenza dell’agevolazione – ovvero di 10 anni per le imprese di maggiori dimensioni – costituisce causa di decadenza con effetti ex tunc, comportando il recupero delle imposte non versate maggiorate di interessi. Assonime ricorda che, ovviamente, nel silenzio della norma, il meccanismo di recapture si attiva anche in caso di trasferimento nel corso del primo quinquennio.

Sembra logico, prosegue Assonime, che in presenza di un soggetto con più attività – agevolate e non – l’importo da riversare debba essere individuato riliquidando gli imponibili dei periodi di imposta agevolati, anche se in perdita. Le perdite fiscali decurtate per effetto dell’art. 83 TUIR dovrebbero essere rideterminate per intero, così come l’eventuale utilizzo delle perdite derivanti dalle attività non agevolate con il reddito imponibile agevolato, anch’esso da riqualificare per intero. In coerenza con questa impostazione dovrebbe essere anche ricalcolato l’importo degli interessi passivi deducibili sulla base del ROL fiscale al lordo (e non al netto) del reddito detassato.

Avendo come presupposto il trasferimento fisico, l’Associazione afferma che non costituisce causa di decadenza il depotenziamento o la cessazione dell’attività rimpatriata in un momento successivo al trasferimento in Italia; così come dovrebbe risultare ininfluente la cessione di asset isolati a terzi, quando siano sostituiti e l’attività prosegua in Italia senza soluzione di continuità.

La successiva circolazione dell’attività agevolata

Nel silenzio della norma, Assonime cerca di ricostruire gli effetti di un possibile trasferimento dell’attività agevolata.

Nel caso di fusioni o scissioni, in virtù della neutralità, la circolare afferma come il regime agevolativo, insieme alla recapture, possa operare senza soluzione di continuità nella sfera giuridica dell’avente causa.

Maggiori profili di complessità sorgono in caso di cessione d’azienda contenente l’attività agevolata, posto che anche l’eventuale plusvalenza risulta agevolabile.

Sul punto l’Associazione, sulla base dei principi desumibili dall’art. 5, comma 6, D.L. n. 87/2018, distingue tra:

a) cessione tra soggetti appartenenti al medesimo gruppo: in tal caso, in quanto facente parte del medesimo soggetto economico, il cessionario sembrerebbe poter subentrare nella fruizione dell’agevolazione ed assoggettato alla recapture;

b) cessione tra soggetti indipendenti: Assonime ritiene che vengano meno sia la fruizione dell’agevolazione che il meccanismo di recapture.

Nel caso di conferimenti infragruppo la circolare giunge alla medesima conclusione sub a).

Nel caso di conferimenti tra soggetti indipendenti l’Associazione rileva due possibili soluzioni sulla base delle caratteristiche del conferimento:

– se si considera la neutralità fiscale dell’operazione, si potrebbe sostenere che l’effetto successorio sia quanto basta per poter trasmettere al conferitario l’agevolazione. In quest’ottica le conseguenze del conferimento sarebbero le medesime di fusione e scissione;

– se, invece, si considera l’agevolazione una posizione soggettiva non trasferibile, il conferimento dell’attività agevolata dovrebbe dar luogo ad effetti simili a quanto indicato sub b).

In ogni caso Assonime si aspetta un chiarimento da parte degli organi compenti.

Il rapporto con la Globe Rules del Pillar 2

All’interno dell’impianto normativo della Global Minimum Tax (articoli 860, D.Lgs. n. 209/2023) il reshoring si configura come un incentivo fiscale che comporta una riduzione della base imponibile di natura permanente e che, in quanto tale, comporta una riduzione dell’ETR (effective tax rate).

L’attività rimpatriata, per effetto della detassazione del 50%, può risultare caratterizzata da un livello di imposizione effettiva inferiore al 15%. Pertanto, un gruppo multinazionale che abbia ricollocato in Italia attività di impresa svolte in precedenza all’estero, pur fruendo dell’agevolazione prevista per il reshoring, potrebbe essere comunque tenuto, in presenza degli altri presupposti, a versare l’imposta minima nazionale, con possibili duplicazioni d’imposta in caso di recapture. Assonime, auspicando una precisazione sul punto, ipotizza la possibilità di riconoscere un tax credit pari a quanto versato per effetto della Global Minimum Tax.

Conclusioni

La circolare n. 4 del 23 febbraio 2024 di Assonime illustra e inquadra alcuni aspetti significativi del decreto delegato in materia di fiscalità internazionale, in particolare affrontando uno dei meccanismi agevolativi introdotti per valorizzare l’attrattività ai fini fiscali della giurisdizione fiscale italiana.

L’intervento, apprezzabile, rappresenta anche uno strumento di orientamento critico per gli operatori economici, sollecitando l’attenzione dell’Amministrazione finanziaria in merito ad alcuni punti ancora non definiti che richiedono necessariamente un intervento nella prassi dell’Agenzia delle Entrate (non è escluso, al riguardo, a nostro avviso, che vengano promosse consultazioni pubbliche, come ad esempio a seguito del recepimento delle direttive ATAD nel nostro ordinamento giuridico).

Copyright © – Riproduzione riservata

Fonte