Residenza fiscale delle persone fisiche: collegamento con il territorio dello Stato in base ai soli interessi personali

Residenza fiscale delle persone fisiche sempre più ancorata alle relazioni personali e familiari. È quanto emerge dalla bozza di decreto legislativo approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri il 16 ottobre 2023, recante la riforma della fiscalità internazionale.
Secondo l’art. 1 della bozza di decreto, l’attuale formulazione dell’art. 2, comma 2, TUIR dovrebbe essere modificata come segue:

“Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno il domicilio o la residenza nel territorio dello Stato ovvero che sono ivi presenti. Ai fini dell’applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente”.

In base alla nuova previsione legislativa, pertanto, una persona fisica sarà considerata fiscalmente residente nel territorio dello Stato – e quindi ivi tassata sui redditi ovunque prodotti (in ossequio al principio della wordwide taxation) – se per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, ha:

– la residenza (senza più fornire, a differenza di quanto previsto dall’attuale disposto legislativo, alcun riferimento alla definizione contenuta nel Codice civile);

– il domicilio, da intendersi – secondo quanto previsto dal legislatore delegato – unicamente come il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona;

– è presente (di fatto introducendo un ulteriore elemento fattuale),

nel territorio dello Stato.

Infine, viene eliminata la presunzione assoluta (di fatto frutto di un’interpretazione giurisprudenziale) di residenza fiscale quale conseguenza dell’iscrizione di una persona fisica alle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta. Il legislatore delegato trasforma tale presunzione da assoluta in relativa, disponendo che, salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.

In altri termini, il criterio di collegamento tra il contribuente e l’iscrizione anagrafica, per ricondurre la residenza nello stesso nel territorio dello Stato, può essere superato concedendo al contribuente la possibilità di fornire prova contraria in merito al suo effettivo domicilio.

Criterio temporale

Ai fini del soddisfacimento del requisito temporale, in merito al concetto di “maggior parte del periodo d’imposta il legislatore delegato prevede espressamente che si debbano considerare anche le frazioni di giorno.

Tale inclusione non è del tutto nuova, se si tiene conto dell’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 17 agosto 1997, n. 201 a proposito dell’individuazione del regime fiscale applicabile ai redditi da lavoro dipendente percepiti in Italia da soggetti residenti in Paesi con i quali sono in vigore convenzioni contro le doppie imposizioni. In tale occasione, l’Agenzia aveva precisato che il computo dei giorni valevole ai fini della verifica della permanenza in Italia e, quindi dell’assoggettabilità ivi dei redditi percepiti, deve essere effettuato tenendo conto del numero complessivo dei giorni di permanenza fisica. A tal fine devono essere conteggiati non solo il periodo di effettivo svolgimento dell’attività in Italia, ma anche le frazioni di giorno, il giorno di arrivo e quello di partenza, i sabati e le domeniche, i giorni di ferie goduti in Italia prima, durante e dopo l’esercizio dell’attività, nonché le brevi interruzioni dell’attività lavorativa trascorse in Italia. Sebbene il chiarimento sia stato reso con specifico riferimento a tale fattispecie, si era comunque giunti alla conclusione questi principi avessero carattere generale e, pertanto, potessero trovare applicazione nella generalità dei casi per individuare la presenza o meno della residenza fiscale in Italia.

Domicilio e residenza

Altra modifica di rilievo apportata all’art. 2, comma 2, TUIR è quella relativa alla declinazione dei criteri di collegamento col territorio dello Stato rappresentati dalla residenza e dal domicilio.

Con specifico riferimento al concetto di “residenza”, per la sua identificazione non si fa più alcun rimando alle previsioni codicistiche, in ossequio alle quali (art. 43) la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale. Nulla esclude però che si possa continuare a far riferimento a tale definizione per la verifica del criterio di collegamento in parola.

Più dirompenti, invece, sono le modifiche che hanno interessato il concetto di “domicilio”, il quale non deve essere più identificato nel luogo in cui la persona fisica ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi (da intendersi sia come interessi economici che personali), ma nel luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona.

In questo modo, non solo viene superata la necessità di richiedere all’interprete una complicata valutazione d’insieme di una serie di elementi non codificati e afferenti ad aspetti patrimoniali, economici, morali, sociali e personali, ma ci si auspica che si possano ridurre le occasioni di contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Non si può tacere, infine, il fatto che la nuova previsione sembra andare contro un indirizzo giurisprudenziale di recente evoluzione che sembrava valorizzare maggiormente gli interessi lavorativi, in contrapposizione con la precedente interpretazione che, invece, valorizzava maggiormente gli interessi familiari (in linea, quindi, con la novella disposizione normativa).

Presenza in Italia

La bozza di decreto delegato introduce un nuovo criterio di collegamento con il territorio dello Stato, ossia la presenza della persona fisica. Il criterio, introdotto nell’art. 2, comma 2 TUIR quasi come una formula di chiusura, appare prestare il fianco a diverse interpretazioni. Tuttavia, tale criterio dovrebbe dover trovare applicazione limitata, considerando che in caso di fenomeni di doppia imposizione, dovrebbero trovare applicazione le previsioni convenzionali.

Infatti, ove le previsioni domestiche degli Stati contraenti dovessero entrate in conflitto in merito alla determinazione della residenza fiscale della persona fisica, l’art. 4 del Modello OCSE interviene dettando una serie di regole (c.d. “Tie breaker rules”) volte a individuare il Paese di residenza del percettore del reddito.

In particolare, criteri applicabili per risolvere tali conflitti sono, nell’ordine:

1) l’abitazione permanente;

2) il luogo nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (centro degli interessi vitali);

3) se non si può determinare lo Stato contraente nel quale detta persona ha il centro dei suoi interessi vitali, o se la medesima non dispone di un’abitazione permanente in alcuno degli Stati contraenti, essa è considerata residente dello Stato contraente in cui soggiorna abitualmente;

4) la nazionalità;

5) l’accordo tra i due Stati.

Iscrizione anagrafica

Qualche ultima considerazione viene riservata al criterio formale dell’iscrizione anagrafica, per ricondurre in Italia la residenza fiscale delle persone fisiche. Il legislatore delegato introduce una presunzione relativa, in ossequio alla quale viene lasciata al contribuente la possibilità di provare, in caso di iscrizione all’anagrafe della popolazione residente in Italia, che il suo effettivo domicilio è all’estero.

Viene in questo modo superato l’orientamento (diventato ormai costante) della Corte di Cassazione, ossia quello secondo il quale è la mera iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente in un comune italiano a determinare l’assoggettamento a IRPEF del soggetto iscritto in Italia. In linea di principio, pertanto, tale iscrizione risulta essere – alla luce dell’attuale art. 2, comma 2, TUIR – preclusivo di ogni ulteriore accertamento ai fini dell’individuazione della residenza fiscale.

Per effetto della modifica legislativa, quindi, il requisito della residenza anagrafica per ricondurre in Italia la residenza fiscale di una persona fisica da presunzione assoluta diventa una presunzione relativa, ammettendo così la possibilità di fornire la prova contraria (ossia dimostrare che di fatto che l’effettivo domicilio è situato all’estero).

Decorrenza delle modifiche

In base all’art. 6 della bozza di decreto legislativo, le disposizioni ex art. 1 si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2024. In questo modo, viene esclusa la natura di norma di interpretazione autentica delle modifiche in commento, le quali assumono la veste di norma novativa.

Non si può però escludere a priori che le novità possano trovare applicazione anche nell’ambito di contenziosi in essere, al fine di trovare il “bandolo della matassa” per l’individuazione della residenza fiscale delle persone fisiche.

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