Revisione delle sanzioni amministrative doganali: tra proporzionalità e ne bis in idem

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Una riforma drastica ma necessaria

Un ripensamento del diritto doganale italiano non poteva non cominciare dalla revisione delle sanzioni, considerate, non immeritatamente, tra le più gravose dell’intera Unione europea.

Ma di cosa parliamo, innanzitutto, quando facciamo riferimento a un corpus normativo nazionale doganale?

Il diritto doganale è disciplinato, quasi in via esclusiva, da fonti normative di matrice unionale, ossia in primis dal Codice doganale dell’Unione europea (CDU, regolamento UE 9 ottobre 2013, n. 952), dai connessi regolamenti delegati ed esecutivi e, solo in via residuale, da leggi nazionali. Tra queste ultime, figura, in particolare, il D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (TULD, Testo unico della legge doganali), competente in tema di organizzazione degli uffici dell’Amministrazione doganale e in materia di sanzioni, sia amministrative che penali.

È in questo quadro che si è manifestata l’opportunità di una revisione del TULD, che consentisse di armonizzare la disciplina nazionale con quella UE.

Lo schema seguito dal Legislatore italiano, in questo caso è apparso drastico ma necessario. Il decreto in approvazione, infatti, abroga direttamente il TULD, sostituendolo con un testo molto più snello, un vero e proprio “codice” che passa dagli attuali quasi 400 articoli vigenti a circa 122, oltre a un allegato 1 che reca alcune disposizioni di coordinamento tra CDU e normativa nazionale (proprio tale allegato sancisce la definitiva abrogazione non soltanto del Testo unico della legge doganale del 1973, ma anche del D.Lgs. n. 374/1990 e del R.D. n. 65/1896).

Sanzioni amministrative o penali, stop al ne bis in idem

Le sanzioni doganali oggi in vigore rendono il nostro Paese tra i più severi. Tale connotazione rischia, ormai, di costituire uno svantaggio per l’economia nazionale, in un quadro che vede gli Stati membri UE in forte competizione tra loro nell’attrazione dei maggiori player del commercio internazionale.

La riforma parte dalla valutazione preliminare della fattispecie illecita.

Oggi il TULD assegna tale fondamentale compito all’Agenzia delle Dogane.

Dopo l’approvazione della riforma, il vaglio preliminare dovrà essere obbligatoriamente svolto dall’autorità giudiziaria requirente, la quale, per tutte le contestazioni di maggiori diritti doganali superiori all’importo di 10.000 euro o quando ricorrono i presupposti del contrabbando aggravato, dovrà decidere se ritenere sussistente il reato di contrabbando, ossia, pertanto, l’elemento soggettivo del dolo. In pratica, l’Autorità giudiziaria, su segnalazione della Dogana, deciderà se dovrà essere applicata una sanzione penale o una amministrativa. Viceversa, qualora non rilevi alcun elemento di reato, ritrasmetterà gli atti alle Dogane che procederanno all’irrogazione della relativa sanzione amministrativa.

L’obiettivo, invero non così implicito, della riforma in tema di sanzioni è anche quello di superare la prassi delle Amministrazioni doganali e giudiziarie che sovente applicano sanzioni sia penali che amministrative in relazione alla medesima fattispecie, in palese violazione del principio del ne bis in idem. E ciò nonostante anche il TULD preveda l’applicazione della sanzione amministrativa solo in caso di non realizzazione di un illecito penale.

Sanzioni amministrative doganali verso la proporzionalità UE

Una delle esigenze prioritarie che hanno fatto sorgere la necessità di una riforma del diritto doganale italiano concerne, senz’altro, l’allineamento del sistema delle sanzioni doganali al principio europeo di proporzionalità, che impone l’irrogazione di sanzioni “effettive, proporzionate e dissuasive”.

Con specifico riferimento alle sanzioni doganali amministrative, tale principio dispone che la somma irrogata, per essere legittima, debba essere sempre parametrata alla gravità della violazione e al coefficiente psicologico dell’autore (Corte di Giustizia, 13 gennaio 2022, C-326/20, Sia “MONO” c. Valsts ie??mumu dienests).

Nel corpus legislativo vigente, ante riforma, la norma di riferimento in materia di sanzioni doganali è rappresentata dall’art. 303 TULD, che prevede un sistema sanzionatorio “a scaglioni”. L’importo dell’ammenda deve essere, infatti, calcolato in relazione al valore dei maggiori diritti doganali (dazi e Iva) accertati. Se i diritti complessivamente dovuti secondo l’accertamento sono maggiori di quelli calcolati in base alla dichiarazione e la differenza dei diritti supera il 5%, la sanzione amministrativa irrogabile cresce a seconda dello scaglione.

Ai sensi dell’art. 303, comma 3, lettera e), per esempio, in caso di accertamento di diritti doganali presuntivamente dovuti in misura pari o superiori a 4.000 euro, si può applicare la sanzione amministrativa da un minimo edittale di 30.000 euro fino a 10 volte l’importo dei diritti

Sulla base di tale disposizione, l’Agenzia delle Dogane può arrivare ad applicare sanzioni che superano in misura esponenziale l’entità dei tributi accertati, anche per semplici errori di natura colposa, talvolta anche in assenza di maggiori diritti doganali accertati.

Lo bozza di decreto approvato dal Consiglio dei Ministri, nel ricercare una semplificazione del sistema sanzionatorio, identifica un confine, rappresentato dall’elemento soggettivo del reato, ossia il dolo o la colpa.

Tutte le violazioni nelle quali non è possibile rilevare un intento doloso, saranno punite solo nell’ambito degli illeciti amministrativi. Per questi ultimi, secondo il Legislatore, la sanzioni dovranno essere comprese tra l’80 e il 150% dei diritti doganali accertati (art. 96, comma 14, bozza).

La riforma del sistema delle sanzioni amministrative doganali, dunque, se confermata, abbatterà notevolmente le soglie attuali del 303 TULD, in linea con altri settori del diritto tributario.

Molto importante anche la precisazione contenuta al comma 3 dell’art. 96 della bozza, secondo il quale non può essere irrogata nessuna sanzione se l’errore contenuto nella dichiarazione doganale non dà luogo ad alcun accertamento di maggiori diritti. Non potrà essere applicata alcuna sanzione nemmeno in caso di correzione della dichiarazione (c.d. revisione) su istanza della parte interessata (comma 13).

Il decreto, infine, codifica (art. 96, comma 4) il principio secondo cui le sanzioni doganali debbano essere calcolate sull’importo complessivo dei dazi contestati e non su ciascun singolo, ossia sulle partite di merci separate contenute in un’unica dichiarazione doganale d’importazione. In tal senso, si è espressa di recente la stessa Agenzia delle Dogane (circolare 29 novembre 2023, n. 25/D), recependo un orientamento consolidato della Corte di Cassazione (Cass., sez. V, 12 novembre 2020, n. 25509).

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