Efficienza, trasparenza, gradualità: queste le tre parole chiave che l’Autorità nazionale di regolazione dei rifiuti urbani ha usato per la definizione delle nuove tariffe per i rifiuti urbani
di Alfredo De Girolamo
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Efficienza, trasparenza, gradualità: queste le tre parole chiave che l’Autorità nazionale di regolazione dei rifiuti urbani (Arera) ha usato per la definizione delle nuove tariffe per i rifiuti urbani. Anche se sembra banale, la sola introduzione vera e sistematica di questi criteri nel mondo dei rifiuti urbani è una rivoluzione.
La gestione dei rifiuti urbani in Italia appare prima di tutto fortemente frammentata (si passa da piccole gestioni in economia ai 4 colossi multiutility quotati che detengono il 25% del mercato), per un totale di 500 aziende e almeno 3000 comuni. Varia poi la performance ambientale degli operatori (si va dal 15 all’85% di raccolta differenziata, da 0 a 85% di discarica). Varia il tasso di integrazione delle diverse fasi della gestione: c’è chi gestisce tutto il ciclo, chi fa solo raccolta o gestione di singoli impianti. Infine, i servizi in monopolio (raccolta e spazzamento) si integrano con servizi sul mercato (riciclaggio, recupero energetico).
Un mondo molto complesso che l’Arera ha capito difficile da regolare in poco tempo e con poche regole. Le parole chiave sono infatti: gradualità e asimmetria. Non tutte le ricette vanno bene per tutti i territori, e ci vorrà tempo. Si parte con in primi quattro anni (2018-2019 per raccogliere dati), 2020-21 per la prima regolazione tariffaria. A fine ottobre è stato pubblicato il provvedimento tariffario che i comuni/gestori dovranno applicare per definire le tasse/tariffe del 2020. Stiamo parlando di qualcosa che vale 10,4 miliardi di euro nel 2017.
Qui l’Arera si scontra con il primo problema che rende i rifiuti diversi da acqua ed energia. Nei rifiuti i corrispettivi pagati dagli utenti per i servizi sono tasse (tari) non tariffe. Per adesso l’Autorità si adegua, rinviando ai prossimi anni il passaggio da tassa a tariffa, sistema oggi utilizzato solo da pochissimi comuni.
La prima rivoluzione riguarda i dati su cui si baserà la nuova Tari dal 2020. Non più costi a preventivo stimati dai Pef (piani economici finanziari) comunali o di ambito come fatto finora, ma dati basati su costi storici dei gestori, certificati da fonti contabili sicure (bilanci, separazioni contabili trasparenti).