Riforma della fiscalità internazionale a decorrenze differenziate

Le varie disposizioni del decreto hanno però decorrenze differenziate.

Residenza fiscale delle persone fisiche

Vengono considerate residenti le persone fisiche che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno il domicilio o la residenza nel territorio dello Stato ovvero che sono ivi presenti.

Viene introdotto un nuovo concetto didomicilio” che si basa sul luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona.

Infine, viene declassata a presunzione relativa (e, quindi, salvo prova contraria) l’iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte del periodo di imposta.

Rispetto alla disciplina vigente, di conseguenza:

– viene introdotto il riferimento alla frazione di giorno;

– sono residenti anche i soggetti presenti nel territorio dello Stato per la maggior parte del periodo d’imposta, di fatto così ampliando la platea dei contribuenti Irpef residenti in Italia.

L’art. 7 individua i termini di decorrenza delle norme in tema di residenza fiscale delle persone fisiche (art. 1) a partire dal 1° gennaio 2024.

Residenza fiscale delle persone giuridiche

Si considerano residenti in Italia – oltre alle società e agli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la propria sede legale – anche quelli aventi in Italia la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale: i due criteri sostituiscono i concetti di “sede dell’amministrazione” e di “oggetto principale”.

Viene fornita una definizione specifica di sede di direzione effettiva, ai sensi della quale si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Per gestione ordinaria si intende il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso.

In sostanza, la residenza di società ed enti viene per contro ricondotta a tre criteri alternativi:

– il criterio della “sede legale” ha carattere formale;

– quelli della “sede di direzione effettiva” e della “gestione ordinaria in via principale sono di natura sostanziale, riguardando rispettivamente il luogo in cui sono assunte le decisioni strategiche e si svolgono concretamente le attività di gestione della società o ente.

L’art. 7 individua i termini di decorrenza delle disposizioni in tema di residenza fiscale delle persone giuridiche (art. 2), a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 209/2023 (29 dicembre 2023) trattandosi di norme potenzialmente riguardanti soggetti passivi il cui esercizio non coincide con l’anno solare.

Società estere controllate

Nel perimetro della disciplina fiscale delle società estere controllate viene modificata la prima condizione, prevista dall’art. 167, comma 4, TUIR per l’applicazione della c.d. CFC rule, prevedendo l’imputazione al soggetto residente di tutti i redditi del soggetto controllato non residente localizzato in un Paese a fiscalità privilegiata, qualora quest’ultimo realizzi proventi per oltre 1/3 derivanti da passive income (redditi di varia natura, principalmente finanziaria).

LA CFC rule si applica se i soggetti controllati non residenti sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore al 15%, se il bilancio d’esercizio dei soggetti controllati non residenti è oggetto di revisione e certificazione da parte di operatori professionali a ciò autorizzati nello Stato estero di localizzazione. In alternativa, in presenza di bilanci revisionati e certificati delle società controllate estere, i soggetti controllanti possono corrispondere un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 15% dell’utile contabile netto dell’esercizio. Nel caso di entità estere controllate prive di bilancio revisionato e certificato, i soggetti controllanti devono verificare che i soggetti controllati non residenti siano assoggettati ad una tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia.

La tassazione effettiva dei soggetti controllati non residenti viene definita come pari al rapporto tra la somma delle imposte correnti dovute e delle imposte anticipate e differite iscritte nel proprio bilancio d’esercizio e l’utile ante imposte dell’esercizio risultante dal bilancio.

Il calcolo dell’aliquota effettiva (effective tax rate – ETR) è correlata ai bilanci certificati, nell’ipotesi di società estere in cui il bilancio sia sottoposto a revisione o certificazione nello Stato in cui sono localizzate: l’ETR non è inferiore alle soglie previste dalla disciplina della global minimum tax, ovvero il 15%. Nel caso di controllate estere prive di bilancio revisionato e certificato, i soggetti controllanti devono verificare che i soggetti controllati non residenti siano assoggettati ad una tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia, come previsto dalle norme in vigore, che viene determinata secondo le modalità da stabilire con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.

L’art. 7 individua i termini di decorrenza delle disposizioni in tema di società estere controllate (art. 3), a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 209/2023 (29 dicembre 2023) trattandosi di norme potenzialmente riguardanti soggetti passivi il cui esercizio non coincide con l’anno solare.

Workers relocating to Italy

In merito a regime fiscale dei lavoratori cd. impatriati si stabilisce la detassazione IRPEF del 50% dei redditi di lavoro dipendente e assimilati, nonché dei redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato entro il limite di 600.000 euro al ricorrere di specifiche condizioni, tra cui l’elevata qualificazione dei lavoratori impatriati.

Le agevolazioni si applicano nel periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale nel territorio dello Stato e nei quattro periodi d’imposta successivi. Sono limitate ai cittadini italiani iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) e, ove non siano iscritti alla stessa Anagrafe, a quelli che abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi, per il triennio di permanenza all’estero.

Le condizioni per l’utilizzo dell’opzione, modificate e maggiormente specificate rispetto al vigente regime, sono le seguenti:

– i lavoratori non devono essere stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti il predetto trasferimento, impegnandosi a risiedere fiscalmente nel territorio dello Stato per almeno cinque anni;

– l’attività lavorativa deve essere svolta nel territorio dello Stato in virtù di un nuovo rapporto di lavoro con un soggetto diverso da quello presso il quale il lavoratore era impiegato all’estero prima del trasferimento nonché da quelli appartenenti al suo stesso gruppo;

– l’attività lavorativa è prestata per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio dello Stato;

– i lavoratori sono in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal D.Lgs. n. 108/2012 (recante l’attuazione della direttiva n. 2009/50/CE sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di Paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati) e dal D.Lgs. n. 206/2007 (recante l’attuazione della direttiva n. 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva n. 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell’adesione di Bulgaria e Romania).

La nuova disciplina si applica:

– nel rispetto delle condizioni e dei limiti delle norme sugli aiuti di stato de minimis,

– nel rispetto delle disposizioni generali che delle specifiche norme in tema di agricoltura, pesca e acquacoltura;

– a favore dei soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo d’imposta 2024.

Reshoring delle società

Vengono ridotte del 50% le imposte sui redditi e l’IRAP gravanti sul reddito di impresa e su quello derivante dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata svolte in un Paese extrauropeo (non appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo), trasferite nel territorio dello Stato per sei periodi di imposta ovvero dieci se si tratta di grandi imprese.

Sono escluse dall’agevolazione fiscale le attività esercitate nel territorio dello Stato nei 24 mesi antecedenti il loro trasferimento.

Ai fini della determinazione dei redditi agevolabili, il contribuente è tenuto a mantenere separate evidenze contabili idonee a consentire il riscontro della corretta determinazione del reddito e del valore della produzione netta agevolabile.

L’agevolazione viene meno nel caso di ritrasferimento estero dell’attività nei cinque periodi d’imposta successivi alla scadenza del regime di agevolazione, ovvero dieci se si tratta di grandi imprese (individuate ai sensi della raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione del 6 maggio 2023), successivi alla scadenza del regime di agevolazione e l’Amministrazione finanziaria recupera nei suoi confronti, con gli interessi, le imposte non pagate durante il regime agevolativo dal quale è decaduto.
L’art. 7 individua i termini di decorrenza delle disposizioni in tema di trasferimento in Italia di attività economiche (art. 6), dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 209/2023 (29 dicembre 2023).

Global minum tax per i gruppi multinazionali di imprese e i gruppi nazionali

Ai sensi delle regole OCSE e conformemente alle disposizioni della direttiva n. 2022/2523 sull’imposizione fiscale minima delle imprese multinazionali, si istituisce una imposizione integrativa prelevata attraverso:

– l’imposta minima integrativa, dovuta da controllanti localizzate in Italia di gruppi multinazionali o nazionali in relazione alle imprese soggette ad una bassa imposizione facenti parte del gruppo;

– l’imposta minima suppletiva, dovuta da una o più imprese di un gruppo multinazionale localizzate in Italia in relazione alle imprese facenti parte del gruppo soggette ad una bassa imposizione quando non è stata applicata, in tutto o in parte, l’imposta minima integrativa equivalente in altri Paesi;

– l’imposta minima nazionale, dovuta in relazione alle imprese di un gruppo multinazionale o nazionale soggette ad una bassa imposizione localizzate in Italia.

L’art. 60, D.Lgs. n. 209/2023 precisa che le disposizioni del Titolo II si applichino agli esercizi che decorrono a partire dal 31 dicembre 2023: tuttavia, le disposizioni degli articoli:

– 19 (applicazione dell’imposta minima suppletiva),

– 20 (Applicazione dell’imposta minima suppletiva nel Paese della controllante capogruppo),

– 21 (Calcolo e imputazione dell’imposta minima suppletiva),

si applicano dagli esercizi che decorrono a partire dal 31 dicembre 2024.

Viene fatto salvo inoltre il contenuto dell’art. 57, comma 1, che dispone che se l’entità controllante capogruppo di un gruppo multinazionale di imprese è localizzata in uno Stato membro che ha scelto di differire l’applicazione dell’imposta minima integrativa equivalente e dell’imposta minima suppletiva equivalente, secondo quanto previsto nell’art. 50 della direttiva, che consente agli Stati membri di non applicare tali imposte per sei esercizi finanziari consecutivi che iniziano a decorrere dal 31 dicembre 2023, le imprese di tale gruppo multinazionale localizzate nel territorio dello Stato italiano sono soggette all’importo dell’imposta minima suppletiva assegnato all’Italia, ai sensi dell’art. 21, per gli esercizi che decorrono a partire dal 31 dicembre 2023.

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