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Riforma della giustizia tributaria: ordinamento giudiziario all’insegna dell’indipendenza

Riforma Della Giustizia Tributaria: Ordinamento Giudiziario All’insegna Dell’indipendenza

Il Codice della Giustizia tributaria abolirà definitivamente il collegamento tra la struttura organizzativa delle Commissioni tributarie attualmente esistenti e il Ministero delle Finanze: l’organizzazione e la gestione dei giudici tributari e delle relative segreterie (denominate cancellerie) saranno affidate esclusivamente “alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per assicurare la terzietà e imparzialità dell’organo giudicante”. A livello meramente organizzativo, la disciplina del nuovo ordinamento giudiziario tributario si dipanerà lungo una duplice distinzione di fondo, tra disciplina a regime e disciplina transitoria. Anche di questo si è parlato durante il Forum Tax, organizzato da Wolters Kluwer in collaborazione con RCS Academy, Corriere della Sera e ANDAF, che si è svolto a Milano il 14 novembre 2019.

Il secondo libro contiene la disciplina del gubernaculum, ovverosia della struttura organizzativa dell’apposita giurisdizione speciale tributaria, sia per la parte meramente amministrativa (segreterie) e di governo (Consiglio superiore della giustizia tributaria) e sia per la parte propriamente riguardante i magistrati tributari (Tribunali tributari, con la componente interna dei giudici tributari di pace, e Corti d’appello tributarie, nonché, in disparte, la Sezione tributaria della Suprema Corte di Cassazione).

Le linee fondamentali della nuova disciplina corrispondono fondamentalmente a quanto emerso, a livello prelegislativo, dalle due ultime proposte di legge presentate alla Camera dei deputati rispettivamente il 21 e il 23 gennaio 2019: la prima, recante il n. C.1521, prima firmataria l’on.le Martinciglio Vita, e la seconda, incardinata con il n. 1526, ad iniziativa, tra gli altri, degli On.li Giulio Centemero e Alberto Gusmeroli, entrambe genericamente rivolte alla “riforma della giustizia tributaria” [sulle quali si veda, per maggiori dettagli, C. Glendi, Gubernaculum et iurisdictio (a proposito della riforma della giustizia tributaria in Italia), in Corr. trib., n. 4/2019, pag. 323 ss.] e sono essenzialmente queste.

Viene definitivamente abolito il collegamento tra la struttura organizzativa delle commissioni tributarie attualmente esistenti e il Ministero delle Finanze, essendo state invece l’organizzazione e la gestione dei giudici tributari e delle relative segreterie (ora denominate cancellerie) esclusivamente affidate “alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per assicurare la terzietà ed imparzialità dell’organo giudicante”.

Come già anticipato nel precedente scritto del 13 novembre 2019, si è quindi ulteriormente ribadito e specificato (rispetto all’enunciato di cui all’art. 1 del Codice) che la struttura dei Tribunali tributari (con il distaccamento interno dei giudici tributari di pace) e delle Corti d’appello tributarie rappresenta “l’aggiornato completo riordino, secondo i principi costituzionali, degli organi della giurisdizione tributaria di cui ai decreti legislativi 31 dicembre 1992, n. 545 e n. 546, con i quali già si erano in larga parte revisionate, secondo principi costituzionali, le commissioni tributarie disciplinate dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636 e, ancor prima, dal regio decreto legge 7 agosto 1936, n. 1639, convertito dalla legge 7 giugno 1937, n. 1016 e successive modificazioni”.

A livello meramente organizzativo, la disciplina contenuta nel secondo libro del Codice si dipana lungo una duplice distinzione di fondo, concernente rispettivamente, la disciplina a regime e la disciplina transitoria, quest’ultima specificamente dettata per consentire il naturale trapasso dalle attuali Commissioni tributarie al loro successivo step evolutivo dei Tribunali e delle Corti d’appello tributarie.

Disciplina a regime

Per quanto concerne la disciplina a regime, fermo il già segnalato cambiamento di denominazione dalle segreterie in cancellerie, fatto anch’esso per meglio segnare il distacco dal MEF e il nuovo collegamento con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, viene realizzata una sorta di stabile istituzionalizzazione distributiva tra le categorie dei giudici tributari togati (GTT) e dei giudici tributari onorari (GTO), diversificandone la provenienza (da pubblico concorso, per i primi, o da reclutamento cooptativo in varie forme, per i secondi), il trattamento economico (parametrato a quello dei giudici ordinari per i GTT, o in alternative misure e modalità, per i GTO), l’ambito dei poteri, le progressioni di carriera e la durata (essendo in particolare previsto per i soli appartenenti al ruolo dei giudici tributari onorari la possibilità di esercizio della funzione oltre la soglia del settantesimo anno di età).

Disciplina transitoria

Per quanto invece riguarda la disciplina transitoria, è stata specificamente prevista, allo scopo di non disperdere il prezioso contributo sinora fornito nell’ambito delle commissioni tributarie dai loro attuali componenti, sia togati (cioè provenienti dalla magistratura ordinaria o dalle altre magistrature speciali), sia non togati o laici (provenienti dalle professioni o da altri fonti d’innesco secondo la normativa vigente).

Poiché sarebbe stato semplicemente “folle”, o comunque “irrealistico” transitare d’emblée al nuovo assetto senza tenere conto delle risorse umane in oggi concretamente disponibili, si è ritenuto di dover superare l’impasse seguendo un criterio di ragionevole gradualità. Lasciando, anzitutto, agli attuali organi il compito di esaurire, secondo la “vecchia disciplina”, il contenzioso dei primi due gradi dei giudizi ancora pendenti ad una data da prefissare. Ma provvedendo, simultaneamente, all’avviamento dei concorsi per il ruolo dei giudici tributari togati (GTT) e dei giudici tributari onorari (GTO). Cominciando però da subito a lavorare per il nuovo. E così consentendo agli attuali componenti delle commissioni, togati o laici, di esercitare anche subito la facoltà di collocarsi nell’uno o nell’altro di questi due ruoli. Accedendo, quindi, al ruolo dei giudici tributari togati (GTT), previo regolare concorso, o inserendosi nel ruolo dei giudici tributari onorari (GTO) sulla sola base di una verifica di permanente idoneità abilitativa da parte di apposita Commissione istituenda nell’ambito del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria così come attualmente composto.

Il che consente, ragionevolmente, di soddisfare, sia le aspirazioni degli attuali giudici togati, legittimandoli, anche senza entrare necessariamente a far parte dei GTT, a una fattiva partecipazione all’attuazione della riforma pur senza lasciare l’ “usato sicuro” di appartenenza e di fruire, al contempo, per il futuro, di una maggior durata di servizio (sino al compimento del 78° anno d’età), e sia le comprensibili ragioni (e preoccupazioni) dei componenti laici, che non meritano assolutamente di essere accantonati alla sola funzione di smaltimento dell’arretrato.

Sono state anche prospettate apposite tabelle relative alla dislocazione dei Distretti territoriali dei Tribunali tributari e delle Corti d’appello tributarie, e per i Collegi territoriali per le elezioni del C.S.G.T. di medio termine, nonché per le deroghe alle competenze territoriali ora di bel nuovo previste per le controversie tributarie nelle quali siano parti un magistrato tributario o la Cancelleria quale soggetto deputato al recupero dei CUT, presso l’organo giurisdizionale adito, fermo restando che in ordine a tutte queste tabelle l’ultima parola non potrà che spettare agli interessati, o agli apparati organizzativi che li rappresentano.

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