Riforma delle sanzioni tributarie: tante ambizioni, qualche limite. In attesa dell’effettiva applicazione
- 15 Giugno 2024
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
Più qualificata ed innovativa è la seconda innovazione normativa. È quella relativa alla revisione della disciplina, attesa da anni (decenni), che riguarda la relazione tra le sanzioni di natura penale e quelle tributarie che hanno il loro presupposto nella stessa violazione fondata sui medesimi fatti materiali (come ad es. l’omessa fatturazione di operazioni attive sopra la soglia di punibilità o ancora l’utilizzazione di fatture passive in tutto o parte relative ad operazioni inesistenti o che addebitano costi indiscutibilmente non inerenti). A parte l’atavico richiamo, non solo dottrinario, del divieto del no bis in idem delle sanzioni, da tempo era matura una rivisitazione coordinata delle due tipologie di sanzioni che riguardano la stessa violazione. Una delicata manovra è stata perciò compiuta per cercare di evitare il rischio che sugli stessi fatti presupposto si formassero antitetiche pronunce, nella giurisdizione penale ed in quella tributaria, frutto della sacralità del principio dell’indipendenza dei giudizi.
La terza rilevante innovazione riguarda l’efficacia che potranno avere nel processo tributario le sentenze penali definitive di assoluzione (per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste), pronunciate a seguito di dibattimento. Sono perciò escluse le assoluzioni pronunciate in altri riti (giudizio abbreviato, archiviazioni o altre pronunce del Gup). Non se ne comprende tuttavia la ragione nei casi in cui la sentenza viene emanata in sede di udienza preliminare nella quale si accerta anche che i fatti posti a fondamento dell’accusa non sussistono o non sono stati commessi dall’indagato. È un’evidente discriminazione che potrebbe indurre gli indagati a scelte processuali (ad es. rinuncia all’udienza preliminare) volte ad ottenere una sentenza dibattimentale, in tal modo distorcendo la neutralità di comportamenti processuali. Vale ovviamente anche l’ipotesi opposta, di utilizzo in sede penale delle sentenze tributarie definitive. In entrambi i casi l’effettiva utilizzazione delle sentenze nell’altro processo dipenderà dalla tempistica della loro conclusione. L’innovazione è comunque positiva pur nell’alea se si formerà o no il giudicato in tempo utile per poterlo “spendere” nell’altro processo. Ma c’è consapevolezza dell’irrazionalità dell’alternativa della sospensione di uno dei due processi (la c.d. pregiudizialità tributaria), vigente molti anni or sono e rapidamente abrogata.
Di rilievo è anche il quarto ordine di innovazione con cui il decreto ha cercato di risolvere le incertezze applicative di alcune qualificazioni giuridiche di fatti in base ai quali si ritiene o no verificata una violazione fiscale. Ci si riferisce in particolare alla distinzione tra crediti d’imposta inesistenti e quelli indebiti, motivo ormai da tempo di verbose discussioni dottrinarie, di robusti contenzioni e di continui contrasti giurisprudenziali.
Lodevole è la quinta innovazione introdotta dal decreto nella parte in cui intende conseguire semplificazioni e/o ragionevoli moderazioni applicative. È il caso della sanzione unica (cumulo giuridico), che tuttavia non si applica alle violazioni relative alla riscossione e all’indebita compensazione. Essa si riferisce a tutte le violazioni ravvedibili, sia per l’ipotesi di concorso che di progressione, facendo riferimento alla data della prima violazione ai fini della gradazione delle riduzioni a seconda del tempo di ravvedimento. Un eguale apprezzamento positivo riguarda l’esclusione, nel caso di omesso versamento delle ritenute e IVA, del sequestro finalizzato alla confisca se le imposte sono in corso di rateazione. Altrettanto vale per la novellata previsione di non punibilità in caso di crisi di liquidità non transitoria che sia emersa successivamente alle ritenute fiscali o all’incasso dell’IVA, quando tale carenza dipenda da inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi e per il mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di amministrazioni pubbliche, così come rileva la non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi. Si tratta di evidenti situazioni in cui il comportamento del contribuente, che implica una violazione per omissione di versamenti di tributi, è da imputare non alla volontà di costui, ma ad eventi esterni che hanno impedito il conseguimento della liquidità necessaria per eseguire i versamenti omessi ovvero di ipotesi in cui non è (più) ravvisabile un’omissione se viene concessa una rateizzazione che è in corso di regolare adempimento.
Oltre agli spunti di riflessione innanzi delineati debbono essere considerati altri aspetti critici, come ad es. l’applicazione della normativa sanzionatoria ai tributi degli enti locali.
Ma lo spazio è finito!