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Riforma dell’IVA targata UE: una revisione necessaria?

Riforma Dell’iva Targata Ue: Una Revisione Necessaria?
Il mondo IVA, tanto caro al Prof. Paolo Centore, vede uno “spiraglio” di riforma, quasi integrale, che tende ad avvicinare la disciplina nazionale a quella UE. Infatti, erano ormai tante (e troppe) le criticità del D.P.R. n. 633/1972 rispetto a una direttiva IVA n. 2006/112/CE in frenetica e costante evoluzione, grazie soprattutto agli interventi mirati e preziosi della Corte di Giustizia UE. Era ed è necessario intervenire per aggiornare un impianto normativo che risultava ormai un po’ “impolverato”.
Il disegno di legge delega al Governo per la riforma fiscale si occupa proprio di questa ristrutturazione (il termine è mirato, visto che sarà trattato il rapporto tra IVA e settore immobiliare) che toccherà appunto i presupposti dell’imposta, la revisione dell’esenzione, la detrazione (perno e fulcro del meccanismo IVA), ma anche le aliquote, per poi passare al Gruppo IVA e concludere con una rivisitazione in tema di enti del Terzo settore.

Chissà che opinione avrebbe espresso proprio il Prof. Centore, che ha seguito, passo dopo passo, l’evoluzione dell’IVA, in tutte le sue sfaccettature, in chiave domestica ma anche unionale, contribuendo a far meglio comprendere e apprezzare il mondo IVA, facendo appassionare vari ed innumerevoli professionisti ed anche giovani studenti…

IVA: una revisione necessaria?

I capisaldi della futura riforma dell’IVA riguardano:

– la ridefinizione dei presupposti dell’IVA;

– la revisione delle operazioni esenti;

– la razionalizzazione delle aliquote IVA;

– la disciplina delle detrazioni;

– la riduzione delle aliquote IVA per l’importazione di opere d’arte;

– il restyling della disciplina del Gruppo IVA;

– la disciplina IVA enti del Terzo settore.

Presupposti dell’IVA

Anzitutto al primo punto della riforma troviamo la “ridefinizione” dei presupposti dell’imposta, i quali dovranno essere resi più aderenti alla disciplina unionale, ossia alla direttiva IVA n. 2006/112/CE. Qui il riferimento è ai requisiti soggettivo, oggettivo e territoriale, oltre che al cd. momento impositivo (che il Prof. Centore inquadrava quale 4° requisito, ossia temporale).

La rivisitazione dovrà si tener conto delle disposizioni della direttiva IVA ma anche dell’evoluzione giurisprudenziale della Corte di Giustizia UE.

Tra i vari “disallineamenti” si possono ravvisare, ad esempio:

– nella definizione del presupposto territoriale dell’imposta per le cessioni, considerato che l’art. 7-bis, comma 1, D.P.R. n. 633/1972, tratta unitariamente le cessioni di beni con trasporto e quelle senza trasporto, in termini assai diversi rispetto all’art. 32 della direttiva IVA che va invece distingue le due fattispecie;

– la definizione del presupposto oggettivo, rappresentato dalla cessione dei beni, dovrà essere focalizzata più sul concetto economico sostanziale (di matrice unionale) rispetto a quello giuridico (proprio del nostro ordinamento).

Razionalizzazione delle aliquote IVA

Saranno poi “razionalizzati” sia il numero sia le misure delle aliquote IVA, in base ai criteri posti dalla normativa UE, al fine di prevedere una tendenziale omogeneizzazione del trattamento IVA per i beni e servizi similari, anche individuati mediante il richiamo alla nomenclatura combinata o alla classificazione statistica, meritevoli di agevolazione in quanto destinati a soddisfare le esigenze di maggior rilevanza sociale.

Potranno essere così previste, in sintonia con la direttiva IVA (come modificata di recente dalla direttiva n. 2022/542/UE):

– due aliquote ridotte non inferiori al 5%;

– un’aliquota ridotta inferiore a tale misura;

– un’aliquota “zero” (eventuale), ossia un’esenzione che però consenta la detrazione.

Aliquote IVA per l’importazione delle opere d’arte: necessaria una riduzione

Emerge poi la possibilità di ridurre l’IVA all’importazione delle opere d’arte, andando così a recepire la direttiva n. 2022/542/UE, estendendo l’aliquota ridotta anche alle cessioni di oggetti d’arte, di antiquariato e da collezione.

Operazioni esenti: quali interventi?

Altro cambiamento riguarderà le operazioni esenti, andando anche a individuare le operazioni per le quali i contribuenti possano optare per l’imponibilità, in linea con i criteri posti dalla normativa UE. Qui il ragionamento andrà focalizzato principalmente sul settore immobiliare che risulta particolarmente caratterizzato da una normativa assai complessa che va a distinguere il regime fiscale applicabile in ragione della natura strumentale o abitativa degli immobili e della tipologia degli operatori.

Il regime fiscale prevede, quale regola generale per le cessioni immobiliari e le locazioni di fabbricati, l’esenzione IVA con la previsione di varie deroghe. Ad esempio, l’imponibilità è prevista, in via obbligatoria, per le cessioni di fabbricati abitativi e strumentali effettuate entro cinque anni dall’ultimazione dei lavori di costruzione e ristrutturazione dalle imprese che hanno realizzato i lavori e, in via opzionale, per le cessioni di fabbricati abitativi effettuate oltre il quinquennio dalle medesime imprese, nonché per quelle di fabbricati strumentali da chiunque effettuate.

L’opzione per l’imponibilità è riconosciuta inoltre nel campo delle locazioni, alle imprese che hanno costruito o ristrutturato gli immobili abitativi oppure alle imprese che destinano i fabbricati ad alloggi sociali, nonché in qualsiasi caso alle imprese che locano fabbricati strumentali.

Detrazione IVA: tutto da rifare?

Un tema molto caldo e nevralgico riguarderà la disciplina della detrazione che dovrà essere orientata all’effettivo utilizzo dei beni e dei servizi impiegati nell’effettuazione di operazioni soggette a IVA, in linea con la direttiva n. 2006/112/CE.

I punti fissati dalla bozza di riforma sono focalizzati su:

– limitazione dell’applicazione del pro-rata di detraibilità;

– armonizzazione della detraibilità nel settore immobiliare;

– detrazione dei beni e servizi acquistati o importati (esigibilità nell’anno antecedente alla ricezione).

Limitazione dell’applicazione del pro-rata di detraibilità

Al soggetto passivo potrà essere limitata l’applicazione del pro-rata di detraibilità, risultando così circoscritta ai soli beni e servizi ad uso promiscuo, utilizzati quindi sia per operazioni che diano diritto a detrazione e sia per operazioni esenti, e così di operare negli altri casi la detrazione in base a un criterio analitico di afferenza dei beni e dei servizi acquistati alle singole operazioni sulla base della natura delle operazioni stesse.

Quindi avremo una modifica del pro-rata generale, in base a cui la ridotta percentuale forfettaria di detraibilità si applicherà a tutti gli acquisti e le importazioni effettuate da un soggetto passivo che svolga sistematicamente sia attività imponibili che esenti, attualmente previsto in via meramente obbligatoria dall’ordinamento nazionale (art. 19, comma 5, D.P.R. n. 633/1972), nonostante ciò sia risultato conforme alla direttiva IVA, come peraltro sancito dalla Corte di Giustizia UE, nel caso di origine “italiana” Mercedes Benz Italia (sentenza 14 dicembre 2016, C-378/15), proprio in virtù della possibilità, accordata ai vari Stati UE, di autorizzare o obbligare il soggetto passivo ad operare la detrazione in base alla regola della percentuale di detrazione relativamente a tutti i beni e servizi acquistati (art. 173, par. 2, lettera c, direttiva n. 2006/112/CE).

Quindi, per effetto del principio di delega di riforma fiscale, al fine di consentire l’esercizio della detrazione IVA con modalità più aderenti alle operazioni attive, verrà meno l’obbligatorietà del pro-rata generale, che potrà comunque continuare ad essere applicato qualora il contribuente lo ritenga utile, per esempio, per esigenze di semplificazione nel calcolo dell’imposta dovuta.

Armonizzazione della detraibilità nel settore immobiliare

Qui il riferimento è al settore immobiliare dove l’esercizio della detrazione IVA è attualmente escluso (art. 19-bis1, lettera i), D.P.R. n. 633/1972), in relazione all’IVA dovuta sull’acquisto, sulla locazione, sulla gestione e sul recupero di fabbricati abitativi per le imprese diverse da quelle che svolgono, in via esclusiva o prevalente attività edilizia nel settore abitativo.

Tale indetraibilità oggettiva dovrà essere rivista al fine di rendere, anche in questo settore, l’esercizio della detrazione coerente con la natura dell’operazione per la quale è utilizzato il bene o servizio acquistato.

Detrazione dei beni e servizi acquistati o importati (esigibilità nell’anno antecedente alla ricezione)

Per i beni e servizi acquistati o importati, per i quali l’esigibilità dell’imposta si verifichi nell’anno precedente a quello di ricezione della fattura, il diritto alla detrazione potrà essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui la fattura sia ricevuta.

Si potrà così superare l’attuale previsione dell’art. 1, comma 1, D.P.R. n. n. 100/1998, in base al quale la detrazione non possa essere esercitata nel periodo in cui l’imposta sia divenuta esigibile ma in quello in cui la fattura sia ricevuta.

Con l’esercizio della delega sarà così prevista la possibilità per i contribuenti di detrarre l’IVA indicata sulle fatture d’acquisto relative a operazioni effettuate nell’anno precedente o nel periodo in cui la relativa imposta sia divenuta esigibile o in quello in cui la fattura sia ricevuta.

Gruppo IVA: occorre intervenire

Anche la disciplina del Gruppo IVA, contenuta nel Titolo V-bis, articoli da 70-bis a 70-duodecies, D.P.R. n. 633/1972, sarà “ritoccata”, con interventi mirati volti alla semplificazione dei criteri e delle condizioni per l’esercizio della relativa opzione.
L’attuale disciplina nazionale vigente è stata introdotta in attuazione dell’art. 11 della direttiva IVA n. 2006/112/CE che autorizza gli Stati membri, previa consultazione del Comitato IVA, a considerare come un unico soggetto passivo le persone stabilite nel proprio territorio che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici e organizzativi.

La riforma potrà toccare alcuni vincoli (i quali saranno rivisti) che l’ordinamento nazionale ha previsto per la costituzione, facoltativa, del Gruppo IVA, tra cui il criterio cd. “all in, all out”, in base al quale l’opzione per la costituzione vincola tutti i soggetti legati da vincoli finanziari, economici e organizzativi. Quindi, il cambiamento potrà essere nell’ottica del superamento di tale principio, con una forte semplificazione delle procedure di accesso e modifica del perimetro soggettivo del Gruppo IVA e consentendo così anche solo ad alcuni soggetti per i quali ricorrano i suddetti vincoli di costituire un Gruppo IVA.

Razionalizzazione dell’IVA nel Terzo settore

L’intento è quello di razionalizzare anche la disciplina degli enti del terzo settore, semplificando così gli adempimenti relativi alle attività di interesse generale.

Qui l’intervento “mirato” è reso necessario, anzitutto in ragione delle modifiche introdotte dalla riforma del Terzo settore che hanno previsto l’applicazione agli enti di natura non commerciale talune ipotesi di esclusione ed esenzione IVA finora previste nei confronti delle ONLUS.

Ma si ricordano poi le modifiche agli articoli 4 e 10, D.P.R. n. 633/1972 che hanno ricondotto nel campo di applicazione dell’IVA, in regime di esenzione, talune prestazioni di servizi e cessioni di beni rese dagli enti no profit di tipo associativo verso i propri associati e partecipanti

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