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Riforma fiscale e interpelli. Servono delle riflessioni!

Riforma Fiscale E Interpelli
Una riforma fiscale sistemica e, come è stato affermato in sede politica, “strutturata” non può prescindere dal considerare, oltre che gli obblighi di contribuzione per la copertura delle spese pubbliche, anche i diritti civili da riconoscere ai contribuenti. Innanzitutto, quelli di matrice costituzionale, come l’eguaglianza e l’equità sostanziali con richiamo alla progressività del sistema tributario, e poi quelli collegati alla tutela, nel procedimento impositivo, della parte più debole del rapporto tributario, il contribuente. E vanno garantiti tanto nella fase propedeutica all’imposizione che in quella in cui si svolgono i controlli fiscali e prende corpo il procedimento di accertamento ed in quella successiva di tutela giurisdizionale e di riscossione dei tributi. In sintesi, si tratta di superare la posizione squilibrata di preminenza del potere pubblico rispetto al soggetto passivo d’imposta. In questa logica ben s’inseriscono, fatte salve le possibili riserve di compatibilità costituzionale con riguardo al principio di eguaglianza, le previsioni relative al concordato preventivo biennale con relativo contraddittorio (art.15, comma 1, lettera f, sub 2, del disegno di legge delega per la riforma fiscale). Anche l’adempimento collaborativo richiede una partecipazione attiva del contribuente, tenendo conto della prevista emanazione di un (auspicabilmente) equilibrato codice di condotta, volto a disciplinare i diritti e gli obblighi dell’amministrazione e dei contribuenti (art. 15, comma 1, lettera f, sub 1.7).
Si tratta di un’area vasta in cui muoversi e in questo Editoriale ci si limiterà, però, a commentare le modifiche che il disegno di legge delega per la riforma fiscale intende apportare al testo vigente dello Statuto dei diritti del contribuente ed a fornire qualche spunto su profili dei diritti civili da salvaguardare e che andrebbero considerati nella riforma.

Vanno apprezzate le misure contenute nell’art. 4 del disegno di legge delega che attengono al principio del legittimo affidamento del contribuente, da realizzare con procedimenti snelli ai quali devono poter partecipare non solo formalmente anche i contribuenti interessati. Il diritto di accesso agli atti del procedimento tributario ed alla generalizzata applicazione del contraddittorio, previsti delle lettere d) ed e) dell’art. 4, ribadita dall’art. 15, comma 1, lettera b), citato devono essere declinati, per essere efficaci, accordando tutele forti che prevedano la nullità, anche d’ufficio, degli atti formati se essi non sono osservati. Dev’essere sostanziale, nei contenuti, il diritto a partecipare al procedimento tributario prefigurato dall’art. 15, comma 1, lettera b), del disegno di legge, che troppo genericamente prevede un rafforzamento della tutela prevista dal settimo comma dell’art. 12 dello Statuto dei diritti del Contribuente.

La fase del controllo fiscale è particolarmente delicata e sensibile per i contribuenti che vi sono sottoposti ed è perciò necessario che già in quella sede sia attivato un confronto costruttivo, evitando i processi verbali giornalieri solo descrittivi delle attività svolte, che dovrebbero invece evidenziare anche i punti di attenzione e contestazione emersi. Se si muove dalla premessa che l’atto di accertamento ha natura pubblicistica che incide sui diritti patrimoniali del contribuente si comprende che esso deve contenere una motivazione analitica ed esaustiva. Per il rafforzamento del relativo obbligo si deve coniugare con il dovere di indicare già in quella sede gli elementi di prova su cui si fonda la pretesa, da produrre con la costituzione in giudizio dell’ente impositore, prevedendo l’inutilizzabilità di ulteriori prove. L’occasione va colta per consolidare la rilevanza applicativa e sanzionatoria dell’art. 7, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 546/1992, scongiurando il rischio attuale di attribuzione ad esso solo di una valenza enunciativa.

Anche per l’impugnativa dell’avviso di accertamento, e più in generale degli atti impositivi, si rende necessario chiarire la natura della sua devoluzione al giudice definendone, una volta per tutte, la natura di impugnativa-annullamento, in quanto comporta il controllo di legittimità degli atti, ed escludendo perciò la potestà dei giudici di rideterminare l’imponibile, evitando commistioni con i poteri degli uffici finanziari.

Uno strumento di grande portata applicativa in questi ultimi anni, qual è stato ed è l’interpello nelle varie articolazioni previste dall’art. 11 dello Statuto del contribuente, meritava di essere aggiornato e razionalizzato. Vi provvede la lettera c) dell’art. 4 disegno di legge delega. Le innovazioni che tale disposizione intende introdurre meritano un’attenta riflessione per verificare se si realizza un punto di equilibrio tra le misure dirette a rendere più efficiente e razionale questo strumento e la funzione centrale di consentire al contribuente, in concreto, di avere indicazioni dall’Amministrazione finanziaria ai fini della certezza del diritto che è richiamata alla lettera b) dello stesso articolo.

È doveroso però osservare che male si adatta a tal fine l’utilizzo della legge delega che lascia margini al legislatore delegato rispetto alla legge ordinaria anche per garantirne la natura di legge rafforzata, come da tante parti si invoca.

Se da una parte è giusto che non si sia fatto di tale istituto un abuso o comunque un uso smodato ed improprio, è dall’altra doveroso attribuirgli la funzione di chiarimento interpretativo anticipato, rispetto alle scelte del contribuente, delle questioni giuridiche controverse ad esse connesse. In linea con questa impostazione va la previsione dell’inammissibilità degli interpelli che riguardano questioni già trattate in documenti di prassi già diffusi. Così come è sicuramente da condividere il fine di ridurre il ricorso agli interpelli mediante l’emanazione di provvedimenti interpretativi di carattere generale, che andranno strutturati anche prevedendo una casistica delle fattispecie di abuso del diritto. È coerente con lo spirito collaborativo innanzi evocato e merita, perciò, pieno plauso che la loro elaborazione sia prodotta previa interlocuzione con gli ordini professionali, con le associazioni di categoria e gli altri enti esponenziali di interessi collettivi, e nei casi di generale maggiore interesse, ponendone in consultazione pubblica le bozze.

Discutibile è, invece, differenziare le platee di contribuenti, per legge, a seconda della natura (persone fisiche – imprese) e delle dimensioni (minori e maggiori), discriminando in tal modo i contribuenti. Ciò non toglie che l’Amministrazione non possa strutturare la propria organizzazione in modo da trattare separatamente gli interpelli, ad esempio riservando alle direzioni provinciali quelli provenienti dalle persone fisiche e dalle imprese e professionisti in regime semplificato o forfettario. Agli altri interpelli, tra cui in ogni caso vanno annoverati quelli sull’abuso del diritto di cui all’art.11, comma 1, lettera c) dello Statuto del Contribuente, l’istruttoria va riservata alle direzioni regionali, stabilendo la partecipazione dell’interpellante con interlocuzioni anche in via telematica.
Decisamente non condivisibile è la previsione di un contributo a carico degli interpellanti, da quantificare in base a diversi fattori, per finanziare la specializzazione e formazione continua del personale delle Agenzie fiscali. L’ipotesi in esame è da considerare in contrasto con il diritto dei contribuenti a conoscere l’indirizzo dell’Amministrazione su questioni potenzialmente controverse. È, infatti, interesse dell’Amministrazione che i contribuenti vi si adeguino, evitando l’insorgere di controversie, queste sì fonti di oneri. Il testo è in palese contrasto, poi, con l’art. 5 dello Statuto del contribuente che pone a carico dell’Amministrazione finanziaria l’onere di fornire ai contribuenti documenti di prassi utili per l’adempimento dei loro obblighi. È ingiustificabile, in ogni caso, che per esercitare un diritto connesso all’obbligo di contribuzione costituzionalmente stabilito sia necessario pagare le spese di formazione del personale delle Agenzie. Se così fosse sarebbe ben più motivato che i professionisti che eseguono le trasmissioni telematiche fossero compensati delle spese che devono sostenere per gli adempimenti che favoriscono l’Amministrazione permettendogli di sostenere minori oneri di personale e di organizzazione. Pagare un compenso per essere sicuri di liquidare e versare giusti tributi appare tanto sproporzionato rispetto ai princìpi dell’ordinamento, quanto illogico ed eticamente discutibile con riguardo alla motivazione addotta del finanziamento di spese di gestione proprie dell’amministrazione. A parte la diversa natura e anche in questo caso della dubbia coerenza legislativa, appare improprio, richiamare, nella Relazione accompagnatoria, la commissione che le imprese con attività internazionali versano per accedere agli accordi preventivi. In questo caso, infatti, si tratta di un regime fiscale richiesto dal contribuente, che implica una fase istruttoria particolarmente complessa.
Meglio sarebbe se, coerentemente alla vigente disciplina recata dall’art. 11, comma 6, dello Statuto del Contribuente, gli interpelli di routine o comunque più ricorrenti e di minore rilevanza fossero trattati massivamente, accorpandoli per materie omogenee con risposte cumulative. Se del caso andrebbero ancora più dichiarate le inammissibilità con semplice rinvio ai precedenti di prassi, comprese le precedenti risposte ad interpelli, già pubblicati.

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