Riforma fiscale: il restyling delle procedure di accertamento

Il primo elemento da mettere in evidenza è l’omogenizzazione dell’attività di accertamento dei tributi gestiti a livello centrale con quelli degli enti territoriali. L’art. 17, comma 1, infatti, prevede che i principi e criteri direttivi a quali dovrà conformarsi il legislatore delegato in tema di procedimento di accertamento dovranno avere ad oggetto ad oggetto “la revisione dell’attività di accertamento anche con riferimento ai tributi degli enti territoriali”. In tal modo, si uniformano sia le procedure sia gli strumenti di definizione (per tutti, l’accertamento con adesione). Restano, invece, regole specifiche e differenziate per l’attività di accertamento nei settori armonizzati come quello doganale e quello delle accise (art. 17, comma 2).

Tale progetto potrebbe portare con sé un accrescimento delle competenze dell’Agenzia delle Entrate (anche nei settori di competenza degli enti locali, magari su richiesta), con beneficio sia per l’Erario, in termini di risparmi di spesa, sia per i contribuenti, che potranno interfacciarsi con un unico soggetto.

Le norme sul procedimento di accertamento della legge delega si muovono su tre diversi fronti, a cominciare da un riconoscimento di maggiori diritti di difesa per il contribuente e l’implementazione della compliance, fino alla ricerca di nuove metodologie di ricerca dell’evasione e dell’elusione fiscale.

Diritti del contribuente

Quanto al primo aspetto, si prevede:

– di applicare in via generalizzata il principio del contraddittorio, “a pena di nullità”, con esclusione dei controlli automatizzati;

– di rimarcare il diritto del contribuente di partecipare al procedimento tributario, prevedendo una disciplina omogenea di partecipazione, indipendentemente dalle modalità con le quali si svolge il controllo;

– un termine congruo entro il quale formulare osservazioni e contestazioni, con il correlato obbligo dell’ente impositore di motivare espressamente il provvedimento di accertamento sulle osservazioni del contribuente (estendendo, in pratica, quanto già stabilisce l’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000, sul diritto del contribuente di comunicare, entro 60 giorni dal termine della verifica, osservazioni e richiesta “che sono valutate dagli uffici impositori”).

Inoltre, al fine di assicurare la “certezza” del diritto tributario, la norma si propone di rivedere le norme sulla decadenza per i componenti ad efficacia pluriennale, stabilendone il termine di decorrenza “a partire dal periodo d’imposta nel quale si è verificato il fatto generatore”, in evidente controtendenza rispetto alla posizione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, secondo le quali per i componenti pluriennali, ai fini del termine di decadenza, le annualità successive hanno rilevanza autonoma (Cass., SS.UU. 25 marzo 2021, n. 8500).

Viene, inoltre, prevista la limitazione della possibilità di fondare la presunzione di maggiori componenti reddituali positivi e minori componenti reddituali negativi sulla base del valore di mercato dei beni, tranne i casi in cui sussistono “altri elementi rilevanti a tal fine”.

Un ulteriore aspetto che amplia il diritto di difesa dei contribuenti attiene alla possibilità di presumere la distribuzione ai soci del reddito accertato nei riguardi delle società di capitali a ristretta base partecipativa, ai soli casi in cui è accertata, sulla base di elementi certi e precisi, l’esistenza di componenti reddituali positivi non contabilizzati o di componenti negativi inesistenti”, ferma restando, in ogni caso, la natura di redditi finanziario conseguito dai predetti soci.

Come noto, la prassi amministrativa degli Uffici, suffragata dalla consolidata posizione della giurisprudenza di legittimità, fa seguire all’accertamento di maggiori redditi nei confronti di società a ristretta base partecipativa quello nei riguardi dei soci, nella presunzione che il maggior reddito occultato dalla società sia stato distribuito “in nero” ai soci medesimi, molto spesso non considerando il reddito occultato (o presunto tale) assimilabile ad un dividendo (e, quindi, applicando le aliquote progressive anziché la ritenuta del 26 per cento).

Compliance e adempimento collaborativo

Numerose sono le previsioni che tendono ad incrementare il regime di adempimento collaborativo di cui agli articoli 3 e seguenti del D.Lgs n. 128/2015, istituto che negli ultimi tempi ha assunto un importante ruolo per il monitoraggio della correttezza fiscale delle società di grandi dimensioni.

A tal fine, si prevede, tra l’altro, di ridurre progressivamente la soglia di accesso (oggi posta a 1 miliardo di euro di volume d’affari o di ricavi), consentire l’acceso alle società prive dei requisiti minimi se appartenenti ad un gruppo di imprese nel quale almeno un soggetto presenta tali requisiti, introdurre la possibilità di certificare il sistema integrato di rilevazione e misurazione del rischio fiscale, prevedere procedure semplificate di regolarizzazione quando l’esigenza di conformarsi alle indicazioni dell’Agenzia delle Entrate comporta la necessità di ravvedimenti operosi, implementare le misure premiali (riduzione delle sanzioni tributarie amministrative e penali, introdurre speciali forme di definizione).

Nuove metodologie di controllo

La norma sulle procedure di accertamento dedica molto spazio anche alla previsione di nuove metodologie di controllo, per il contrasto all’evasione fiscale.

Anzitutto, viene previsto il ricorso a “tecnologie digitali”, da un lato per semplificare il procedimento di accertamento, riducendo così anche gli oneri a carico dei contribuenti e, dall’altro, per compiere operazioni “mirate”, idonee a circoscrivere l’attività di controllo nei confronti di soggetti a più alto rischio fiscale, con conseguente minore impatto sui contribuenti più fedeli e corretti. Allo stesso scopo tende l’implementazione delle attività di “analisi del rischio”, per meglio poter indirizzare l’attività accertativa verso i soggetti fiscalmente più pericolosi.

Si dispone, inoltre, il coordinamento e la cooperazione tra amministrazioni nazionali ed internazionali.

Soggetti di minori dimensioni

Per i soggetti di minori dimensioni, titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo, viene prevista l’introduzione del “concordato preventivo biennale”, prevedendo la possibilità per i contribuenti di accettare una proposta per la definizione biennale della base imponibile, che comporta l’irrilevanza ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, nonché dei contributi previdenziali obbligatori, di eventuali maggiori o minori redditi imponibili rispetto a quelli oggetto di concordato.

La norma prevede che il contribuente che accetta il concordato resterà comunque soggetto a verifiche, controlli e accertamenti, nonché agli obblighi contabili e dichiarativi e decade dalla procedura ove siano accertati maggiori ricavi o compensi superiori a una data soglia ovvero violazioni fiscali di non lieve entità.

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