Riforma fiscale: in arrivo anche in Italia la Global minimum tax

A queste misure si aggiungono anche quelle il cui obiettivo è di assicurare che il sistema di imposizione sul reddito sia sempre più improntato a una maggiore competitività sul piano internazionale, anche attraverso specifiche norme di vantaggio per i lavoratori impatriati e per le imprese o attività produttive che ritornano a investire in Italia, cosiddetto “reshoring”, e quelle indirizzate al recepimento della direttiva UE n. 2022/2523 del Consiglio, del 14 dicembre 2022, volta a garantire un livello di imposizione fiscale minimo globale per i grandi gruppi multinazionali di imprese e i gruppi nazionali su larga scala presenti nell’Unione con l’introduzione di una global minimum taxunionale”.

Pillar 2 UE/OCSE: dal 1° gennaio 2024 anche in Italia

La legge delega fiscale (legge n. 111/2023) recepisce la direttiva UE n. 2022/2523 seguendo l’approccio comune condiviso a livello internazionale in base alla guida tecnica dell’OCSE. Questo schema consente agli Stati membri di beneficiare del gettito delle imposte integrative percepite dalle rispettive entità a bassa imposizione localizzate sul loro territorio applicando un’imposta integrativa domestica qualificata del 15% dovuta in relazione a tutte le imprese (nel nostro caso, quelle localizzate in Italia) appartenenti a un gruppo multinazionale o nazionale su larga scala e soggette a una bassa imposizione, inferiore al tetto prefissato.

In breve, l’obiettivo prioritario di tale tassa consiste nel raggiungere un livello di parità concorrenziale tra imprese a livello globale, abbattendo il dumping fiscale e ponendo un argine alla corsa al ribasso delle aliquote in modo da promuovere efficienti decisioni di investimento e localizzazione delle attività di impresa.

Per ottenere questo risultato è stato quindi definito un sistema coordinato di regole, in grado di assicurare che i grandi gruppi di imprese siano soggetti a un livello impositivo minimo, il 15%, in ciascuno dei Paesi in cui tali gruppi operano e producono reddito.

Dunque, è questo lo scopo da perseguire attraverso l’introduzione di una “aliquota di imposizione integrativa” che, in ciascun Paese e in relazione a ciascun esercizio, è data dalla differenza tra:

– l’aliquota minima di imposta del 15%;

– l’aliquota di imposizione effettiva (il cui calcolo lascia ancora margini di valutazione affatto scontati).

Inoltre, a tale innovativa forma minima impositiva sarà associato un regime sanzionatorio, effettivo e dissuasivo, conforme a quello vigente in materia di imposte sui redditi, per la violazione degli adempimenti in capo ai gruppi multinazionali e nazionali di imprese.

A chi guarda la global minimum tax e il lungo elenco dei potenziali esclusi

Questa nuova forma di prelievo trova applicazione unicamente alle entità localizzate nell’Unione che fanno parte di gruppi multinazionali di imprese o di gruppi nazionali su larga scala che raggiungono la soglia annuale di almeno 750 milioni di euro di ricavi consolidati.

Tale soglia è infatti coerente con la omologa prevista dalle norme fiscali internazionali vigenti, quali le norme sulla rendicontazione per Paese (direttiva n. 2011/16/UE).

Sono invece escluse e restano ai margini dell’ambito applicativo tutte le entità che non svolgono generalmente un’attività commerciale o imprenditoriale, mentre esercitano attività di interesse generale, quali la prestazione di assistenza sanitaria pubblica e l’istruzione o la costruzione di infrastrutture pubbliche. Pertanto, sono da ritenersi escluse le entità statali, le organizzazioni internazionali, i fondi pensione e le organizzazioni senza scopo di lucro, comprese le organizzazioni per scopi quali la sanità pubblica.

In quest’ultima categoria dovrebbero rientrare anche gli assicuratori sanitari che non perseguono o realizzano profitti se non a beneficio dell’assistenza sanitaria pubblica. E ancora, i fondi d’investimento e i veicoli di investimento immobiliare dovrebbero anch’essi essere esclusi dall’ambito di applicazione della nuova global minimum tax se si trovano al vertice della catena di proprietà, poiché il reddito conseguito da tali entità è tassato al livello della loro proprietà. E non è tutto, perché tra la lista degli esclusi potrebbe comparire anche il settore del trasporto marittimo e questo a causa della natura altamente volatile e del ciclo economico cui è soggetto.

Flessibilità e regimi transitori

In realtà, per offrire un quadro più definito della global minimum tax italiana occorrerà attendere il contenuto del decreto attuativo finale.

La direttiva comunitaria offre infatti diversi spazi all’adozione di norme, o Safe Harbour, alle quali le aziende coinvolte potrebbero appellarsi per attenuare l’impatto della nuova tassa. A questa chance si aggiungono poi i regimi transitori, che la direttiva esplicitamente evoca. Tra questi il caso specifico dei gruppi multinazionali di imprese che si trovano nella fase iniziale della loro attività internazionale e che traggono vantaggio dalla bassa imposizione nella propria giurisdizione nazionale ove operano in modo predominante proprio per incentivarne l’attività transfrontaliera.

In questo caso, tali attività nazionali a basso tasso di imposizione dovrebbero essere escluse dall’applicazione delle regole per un periodo transitorio di cinque anni e a condizione che il gruppo multinazionale di imprese non abbia entità costitutive in più di sei giurisdizioni.

Inoltre, tenuto conto degli adempimenti necessari per l’attuazione della direttiva, ai gruppi che rientrano nell’ambito di applicazione potrebbe essere concessa una finestra iniziale di 18 mesi per conformarsi agli obblighi dichiarativi.

Questi sono solo alcuni esempi che confermano come il testo definitivo del decreto attuativo, per il quale si dovrà attendere, fisserà in modo più chiaro i contenuti, i limiti eventuali e le eventuali misure positive collegate all’adozione anche nel nostro paese della minimum tax per i grandi gruppi multinazionali.

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