Riforma IRPEF e IRES: le novità per il 2024

Le aliquote IRPEF da 4 diventano 3. È quanto previsto per il solo 2024 dal decreto legislativo recante la riforma della tassazione delle persone fisiche (D.Lgs. n. 216/2023, pubblicato nella G.U. n. 303 del 30 dicembre 2023); nel decreto trova spazio anche la stretta sulle detrazioni con una franchigia di 260 euro per chi ha redditi oltre 50.000 euro, dalla quale sono state escluse le erogazioni liberali a favore delle ONLUS, delle iniziative umanitarie, religiose o laiche, quelle in favore dei partiti e ancora quelle per gli enti del Terzo settore. Il decreto dispone anche l’istituzione della maxi-deduzione del 120% per i neoassunti e la contestuale abolizione dell’ACE.

Revisione della disciplina IRPEF

L’art. 1 dispone che per l’anno 2024, nella determinazione dell’IRPEF, l’imposta lorda è calcolata applicando in luogo delle aliquote attualmente contenute nell’art. 11, comma 1 del TUIR, le seguenti aliquote per scaglioni di reddito:

a) fino a 28.000 euro, 23%;

b) oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 35%;

c) oltre 50.000 euro, 43%.

A regime in base all’art. 11, comma 1 del TUIR, la curva delle aliquote IRPEF previste per ciascuno scaglione di reddito è la seguente:

a) fino a 15.000 euro, 23%;

b) oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 25%;

c) oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 35%;

d) oltre 50.000 euro, 43%.

Le modifiche interessano lo scaglione di reddito compreso tra 15.001 e 28.000 euro, al quale si applicherà nel 2024, l’aliquota del 23%, in luogo di quella attualmente vigente del 25%, con un risparmio massimo di 260 euro.

Sempre per il solo anno 2024, viene previsto l’innalzamento da 1.880 a 1.955 euro della detrazione prevista per i titolari di redditi da lavoro dipendente (esclusi i redditi da pensione) e di alcuni redditi assimilati fino a 15.000 euro.  Così disponendo, viene innalzata fino a 8.500 euro la soglia di no tax area prevista per i redditi da lavoro dipendente che viene parificata a quella già vigente a favore dei pensionati.

In conseguenza di tali interventi, si modificano le norme relative al requisito per la corresponsione ai lavoratori dipendenti del trattamento integrativo, in modo da assicurare il mantenimento delle condizioni oggi previste.

È stato, infatti, previsto che per l’anno 2024 le somme erogate a titolo di trattamento integrativo, di cui all’art. 1, comma 1, D.L. n. 3/2020, siano riconosciute a favore dei contribuenti con reddito complessivo non superiore a 15.000 euro, a condizione che l’imposta lorda sia superiore all’importo della detrazione spettante ai sensi dell’art. 13, comma 1, lettera a), TUIR, diminuita dell’importo di 75 euro (cioè dell’incremento della detrazione previsto) rapportato al periodo di lavoro nell’anno.

Nella determinazione degli acconti IRPEF dovuti per i periodi d’imposta 2024 e 2025, l’imposta del periodo precedente viene assunta senza tener conto delle previsioni in parola.

Modifiche alle detrazioni

L’art. 2 del decreto dispone che per l’anno 2024, ai fini della determinazione del reddito delle persone fisiche, per i contribuenti titolari di un reddito complessivo superiore a 50.000 euro, l’ammontare della detrazione lorda spettante ai sensi dell’art. 15, comma 3-bis, TUIR è diminuito di un importo pari a 260 euro delle detrazioni complessivamente spettanti, in relazione ai seguenti oneri:
– gli oneri la cui detraibilità è fissata nella misura del 19%, fatta eccezione per le spese sanitarie di cui all’art. 15, comma 1, lettera c), TUIR;

Rispetto a quanto previsto in origine, la stretta sulle detrazioni non riguarderà le erogazioni liberali a favore delle ONLUS, delle iniziative umanitarie, religiose o laiche, quelle in favore dei partiti politici e quelle per gli enti del Terzo settore.

Ai fini dell’applicazione di tale decurtazione, il reddito complessivo deve essere assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze di cui all’art. 10, comma 3-bis del TUIR.

Aggiornamento delle addizionali

L’art. 3 ridisegna i margini di movimento per Regioni e Comuni per rideterminare le rispettive addizionali all’IRPEF, specificando che se non fosse rispettato il termine del 15 aprile 2024 per le delibere, l’addizionale si applicherebbe per il solo 2024 con le aliquote e gli scaglioni vigenti per il 2023.

Maxi-deduzione per le nuove assunzioni

L’art. 4 prevede per il periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2023 (ossia, per i contribuenti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, il 2024) per i titolari di:

a) reddito d’impresa, da intendersi come i soggetti di cui all’art. 73, comma 1, TUIR, imprese individuali, comprese le imprese familiari e le aziende coniugali, le società di persone ed equiparate ex art. 5 TUIR;
b) esercenti arti e professioni che svolgono attività di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 54 TUIR,

il costo del personale di nuova assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato viene maggiorato – ai fini della determinazione del reddito – di un importo pari al 20% del costo riferibile all’incremento occupazionale.

L’agevolazione spetta a condizione che:

a) i soggetti hanno esercitato l’attività nel periodo d’imposta 2024 per almeno 365 giorni;

b) l’impresa si trovi in condizioni di normale operatività, stante la necessità di realizzare incrementi occupazionali.

Sono pertanto escluse dall’ambito applicativo dell’agevolazione le imprese in liquidazione ordinaria nonché quelle che si trovano in stato di liquidazione giudiziale (fallimento) o che abbiano tatto ricorso ad altri istituti di risoluzione della crisi d’impresa di natura liquidatoria (i.e. liquidazione coatta amministrativa; amministrazione delle grandi imprese; concordato preventivo, etc.).

Per fruire dell’agevolazione, inoltre, l’incremento occupazione rileva solo a condizione che il numero dei dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato nel 2024 sia superiore al numero dei dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupato nell’esercizio 2023.

Attenzione

Per finalità antielusive, la verifica di tale condizione deve essere effettuata al netto degli occupazionali verificatisi nelle società controllate o collegate ai sensi dell’art. 2359 c.c. o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.

Il costo riferibile all’incremento occupazionale è pari al minore tra:

– il costo effettivamente riferibile ai nuovi assunti;

– l’incremento del costo complessivo del personale dipendente classificabile nell’art. 2425, comma 1, lettera B), numero 9), c.c. rispetto a quello relativo all’esercizio 2023.
I soggetti che non adottano lo schema di conto economico di cui all’art. 2425 c.c., (i.e. imprese IAS adopter, imprese assicurative o intermediari finanziari di cui al D.Lgs. n. 136/2015), devono comunque tener conto delle componenti del costo del personale che, in caso di adozione di tale schema, sarebbero confluite nella voce di cui alla lettera B), numero 9).

I costi riferibili al personale dipendente sono imputati temporalmente in base alle regole applicabili ai fini della determinazione del reddito del contribuente, per cui, ad esempio, per i soggetti in contabilità semplificata e per gli esercenti arti e professioni, detti costi rileveranno secondo il principio di cassa.

Fermo restando il fine di incentivare l’incremento delle basi occupazionali favorendo la stipula di contratti di lavoro a tempo indeterminato – come si legge nella relazione illustrativa del decreto – è necessario non pregiudicare il grado di occupazione dei dipendenti a tempo dete1minato in forza presso le imprese.

A questo fine, per beneficiare dell’agevolazione si prevede che il numero complessivo dei dipendenti alla fine del periodo d’imposta 2024 debba essere superiore al livello occupazionale di riferimento, fissato nel periodo d’ imposta 2023.

Infine, al fine di incentivare l’assunzione di particolari categorie di soggetti, il costo riferibile a ciascun nuovo assunto e moltiplicato per un coefficiente di maggiorazione del 10% (quindi sconto del 30%) nei casi in cui questo rientri in una delle categorie di lavoratori meritevoli di maggiore tutela, tra le quali vi sono:

– i lavoratori svantaggiati o con disabilità;

– le donne di qualsiasi età con almeno due figli di età minore di 18 anni o prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione europea;

– le donne vittime di violenza, inserite nei percorsi di protezione debitamente certificati dai centri antiviolenza, da cui ne è derivata la deformazione o lo sfregio permanente del viso accertato dalle competenti commissioni mediche di verifica;

– i giovani ammessi agli incentivi all’occupazione giovanile;

– i lavoratori con sede di lavoro situata in regioni che nel 2018 presentavano un prodotto interno lordo pro capite inferiore al 75% della media EU27 o comunque compreso tra il 75% e il 90%, e un tasso di occupazione inferiore alla media nazionale;

– i soggetti già beneficiari del reddito di cittadinanza.

Con apposito decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, saranno stabilite le disposizioni attuative della disciplina, con particolare riguardo alla determinazione dei coefficienti di maggiorazione relativi alle categoria di lavoratori svantaggiati così da garantire che la complessiva maggiorazione non ecceda il 10% del costo sostenuto per dette categorie.

Si ricorda, infine, che ai fini della determinazione dell’acconto delle imposte sui redditi dovuto per il periodo d’ imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 (2024), non si tiene conto delle disposizioni dell’art. 4 del decreto. Nella determinazione dell’acconto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 (2025) si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando le medesime disposizioni.

Abrogazione dell’ACE

In base all’art. 5, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 (ossia, dal 2024 per i contribuenti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare) viene cancellata l’ACE (Aiuto per la crescita economica), introdotta dall’art. 1 del D.L. n. 201/2011.

Fino a esaurimento dei relativi effetti, continuano ad applicarsi le disposizioni relative all’importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023.

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