L’originaria formulazione del Ddl delega fiscale riservava due articoli alla fiscalità territoriale (regioni, con l’art. 13; enti locali con l’art. 14) prevedendo un complessivo intervento di ampio respiro che ridisegnava l’intero quadro della fiscalità non statale. Il proficuo dibattito instauratosi a seguito del confronto con gli enti interessati, per il tramite delle loro associazioni rappresentative, ha portato in una prima fase ad espungere tali articoli dal testo presentato al Parlamento, per poi pervenire alla formulazione di testi condivisi che si sono materializzati negli emendamenti sottoposti all’esame del Senato.
Per la diversità e specificità delle previsioni è opportuno trattare separatamente la fiscalità degli enti locali da quella delle regioni, che sarà oggetto di un successivo approfondimento.
La concertazione operata in sede di Conferenza unificata
Il testo dell’art. 14 è il risultato della concertazione operata in sede di Conferenza unificata che ha consentito di raggiungere un sostanziale accordo sulle modifiche che contribuissero a rafforzare le basi della riforma già presenti nella versione originaria dei testi che possono essere così riassunte:
– consolidamento dell’autonomia finanziaria alla piena attuazione del federalismo fiscale;
– mantenimento delle ipotesi di revisione della disciplina dei tributi locali;
– incentivazione dell’adempimento spontaneo;
– riforma del sistema sanzionatorio.
La portata generale della delega, per certi versi molto ampia e sfidante, risulta però essere poco definita su alcuni rilevanti aspetti della fiscalità locale, anche se il testo è stato migliorato con la concertazione operata con alcune rilevanti modifiche e integrazioni di seguito riportate.
Non più ai comuni l’IMU sui capannoni industriali
In primo luogo, occorre sottolineare come frutto della concertazione operata sia l’eliminazione della devoluzione ai Comuni della quota statale dell’IMU relativa ai capannoni industriali, prelievo che vale circa 3,8 miliardi di euro annui. In particolare, è stata accolta la tesi dell’associazione dei Comuni che ha evidenziato come i capannoni industriali siano concentrati nelle città e nelle aree più sviluppate e il passaggio di questa quota dell’IMU ai Comuni avrebbe reso necessaria una redistribuzione di risorse ancor più forte dell’attuale comportando un’ulteriore necessità di “Comuni incapienti” che avrebbero dovuto cedere al sistema ampie quote di risorse per effetto di un gettito IMU elevato.
I principi generali della riforma della fiscalità degli enti locali
In effetti tali previsioni potrebbero anche essere ritenute del tutto superflue, in alcuni punti, dal momento che si tratta di dare attuazione a disposizioni costituzionali cui il testo della legge delega non sembra aggiungere in questi passaggi nulla di rilevante, se non l’auspicio della piena attuazione del federalismo fiscale. O forse poteva essere fatto uno sforzo di semplificazione del testo, come ad esempio nella lettera b) ove poteva risultare necessario solo prevedere il “consolidamento dell’autonomia regolamentare”.
I criteri direttivi generali della riforma della fiscalità degli enti locali
Di maggiore impatto, ai fini della concreta attuazione che ne sarà data dal legislatore delegato, sono le previsioni delle lettere d), e) e h).
La lettera d) sancisce il criterio della modernizzazione del sistema al fine di ridurre i fenomeni di evasione ed elusione fiscale e di aumentare la capacità fiscale degli enti locali prevedendo un efficiente sistema di rilevazione dei dati che utilizzi strumenti idonei a facilitare la circolazione delle informazioni per accelerare l’aggiornamento sistematico degli elementi informativi mancanti.
La lettera e) dispone di razionalizzare e riordinare i singoli tributi locali, con particolare riferimento ai soggetti passivi, alla base imponibile, al numero delle aliquote, alle esenzioni e alle agevolazioni fiscali, salvaguardandone la manovrabilità a garanzia del mantenimento della dimensione complessiva dei gettiti e degli equilibri di bilancio. Su questo secondo aspetto occorre ricordare come il sistema dei prelievi sia stato, di recente, modificato sia per i prelievi “maggiori” (con l’abolizione della IUC e la nuova IMU) sia per i prelievi “minori” (con l’introduzione del canone unico patrimoniale, che ha già “semplificato” – si fa per dire – il sistema dei prelievi abolendone una pluralità e riducendoli ad unità). Alla luce di questa considerazione l’ulteriore revisione del sistema fiscale locale non può che essere immaginata nella delega come revisione complessiva e riorganizzazione totale dei prelievi.
La lettera h) prevede la razionalizzazione dei microprelievi – entrate che hanno elevati costi di adempimento per i contribuenti a fronte di un gettito trascurabile – di carattere patrimoniale, che dovrebbero ricevere le “opportune compensazione di gettito” nell’ambito dei decreti legislativi adottati ai sensi della legge delega. Su questo punto la delega non chiarisce se le compensazioni dovranno essere assicurate per il tramite di trasferimenti ovvero di incrementi ad opera di altri prelievi.
Coordinamento con la complessiva riforma in materia di semplificazione
La lettera f) prevede, in linea con i principi e i criteri direttivi di cui agli articoli 16, 17, 18 e 20, anche ulteriori specifici e aggiuntivi criteri quali:
– la semplificazione degli adempimenti dichiarativi, delle modalità di versamento a carico dei contribuenti, estendendo la possibilità di adempiere mediante la compensazione, con facoltà di introdurre forme di cooperazione che privilegiano l’adempimento spontaneo degli obblighi tributari, con sistemi premiali di riduzione delle sanzioni, prevedendo in tutti i casi anche l’utilizzo delle tecnologie digitali;
– la revisione del sistema della riscossione delle entrate degli enti locali anche attraverso forme di cooperazione tra lo Stato e gli enti locali, pure mediante incentivazioni non onerose per il bilancio dello Stato, per rendere più efficienti le attività di gestione delle entrate degli enti locali con particolare riferimento alle attività dirette all’individuazione di basi imponibili immobiliari non dichiarate. La revisione deve riguardare anche il sistema di vigilanza sui soggetti abilitati ad effettuare l’attività di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali, nonché sui soggetti che svolgono esclusivamente le relative funzioni e attività di supporto propedeutiche all’accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da essi partecipate;
– la revisione del sistema sanzionatorio con particolare riguardo al miglioramento della proporzionalità delle sanzioni tributarie;
Disposizioni particolari per le entrate di Città metropolitane e Province
Nell’ambito dell’art. 14 è stato infine introdotto il comma 2, che ha inserito un passaggio specifico sulla fiscalità e sull’assetto generale delle entrate delle Città metropolitane e delle Province.
Infine, dall’esame complessivo della norma manca invece una disposizione che era stata concordata in sede di conferenza unificata e che riguardava le sole Città metropolitane, con la previsione di un tributo proprio commisurato al traffico di passeggeri nelle infrastrutture portuali e aeroportuali, destinato a finanziare le funzioni di sviluppo territoriale.
Alcune considerazioni conclusive
Così come delineata la riforma è ancora una cornice all’interno della quale può essere iscritto un complessivo riordino della fiscalità locale che dal testo esaminato non può essere desunto.
Infine, il tema dei temi, quello della riscossione locale e del peso che ha il Fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE), che ha superato 5,5 miliardi di euro e grava soprattutto sulle grandi città e sui comuni del Centro-Sud e su cui pesa anche il riassetto dell’Agenzia nazionale e la progressiva difficoltà di riscossione che ha portato alla crescita di un magazzino della riscossione di dimensioni mostruose.
Ecco, una riforma del sistema della fiscalità locale non può prescindere da una semplificazione sostanziale dei prelievi sul fronte delle previsioni normative e da una automazione dei processi e dei rapporti che oggi le moderne tecnologie consentono.
Sotto questi profili ci sono nella delega gli elementi di base necessari alla definizione di un buon testo.
L’auspicio è che si possa semplificare effettivamente e non fare operazioni, tipo quella del canone unico, che hanno invece complicato il quadro normativo di un settore che prima dell’intervento era giunto alla sua maturità ed era stabile.