La limitazione della rilevanza fiscale del riporto perdite nasce nel 1986, con un decreto-legge (n. 277 del 18 giugno) che intendeva bloccare il commercio delle “bare fiscali”, cioè delle società unicamente titolari di questo “asset”.
Il provvedimento era stato adottato per anticipare la disciplina dell’emanando Testo Unico delle imposte sui redditi, la cui bozza aveva provocato il ricorso a tutte le possibili combinazioni che sarebbero poi state fermate.
La norma prevedeva solo la limitazione patrimoniale, così come l’(allora)
art. 123 TUIR. La
condizione di vitalità era una norma
transitoria del decreto-legge, in base alla quale chi la superava si salvava dalle nuove disposizioni anche se avesse solo deliberato l’operazione. A quelli “quasi morti” era concessa la salvezza solo se l’
iter giuridico della fusione era stato completato. Le regole sistematiche relative al volume d’affari e al costo del lavoro nel biennio precedente saranno inserite nel TUIR solo in un secondo momento.
Con una ulteriore modifica del 1997, il TUIR (allora art. 102, ora 84) provvede a limitare il riporto perdite, in operazioni diverse dalla fusione: la società in perdita viene venduta e l’acquirente vi conferisce un’attività redditizia.
Le modifiche del decreto attuativo della delega fiscale
Le disposizioni contenute nel decreto legislativo sul reddito di impresa
, approvate dal
Consiglio dei Ministri del 30 aprile 2024
, sistematizzano il riporto perdite conseguente a tutte le possibili operazioni di ristrutturazione aziendale, intervenendo sugli
articoli 84
,
172
e
173
.
Si occupa anche del
riporto perdite transnazionale (
art. 181) per recepire i principi enunciati dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, con varie sentenze, a partire da quella del 13 dicembre 2005, nella causa C-446/03 – Marks & Spencer: i principi della libertà di stabilimento delle imprese ostano a una norma nazionale che non consenta l’utilizzo delle perdite da parte della controllante o della sede di una stabile organizzazione, se le perdite nell’altro Stato non sono più utilizzabili. Questo vale ovviamente se le società partecipanti sono localizzate nell’Unione europea o in uno Stato aderente allo Spazio Economico Europeo, che assicuri un adeguato scambio di informazioni. Questa condizione esiste ora per tutti e tre gli Stati aderenti: Norvegia, Islanda, Liechtenstein.
Perdite formate all’interno del gruppo
Tornando al tema nazionale, la prima ratio fondamentale delle nuove norme è quella di non limitare l’utilizzo delle perdite che si sono formate all’interno del gruppo, distinguendole da quelle ereditate da una società acquisita.
Il gruppo è quello formato dalla controllante, dalla controllata o dalle società controllate dalla medesima controllante.
Patrimonio netto
La seconda novità è quella di considerare la
soglia del patrimonio netto non in termini contabili ma in base al
valore economico dello stesso, quale risultante da una relazione giurata di stima, redatta da un esperto tra quelli individuati dall’
art. 2409-bis, comma 1, c.c. cioè da parte di un
revisore legale dei conti o di una
società di revisione. Le perdite dell’
art. 84 non riportabili sono quelle che risultano al termine del periodo di imposta precedente al trasferimento delle partecipazioni oppure, qualora il trasferimento intervenga dopo il decorso di sei mesi dalla chiusura di tale periodo, quelle che risultano al termine del periodo di imposta in corso alla data del trasferimento.
Nelle
fusioni e scissioni la data di riferimento è quella di “
efficacia” dell’operazione, che in base al comma 10 dell’
art. 172 è quella giuridica stabilita dall’
art. 2504-bis, comma 2, del Codice civile (ultimo dei depositi o possibile data successiva nel caso di incorporazione). Per le
scissioni il comma 11 dell’
art. 173 fa riferimento alle analoghe disposizioni dell’
art. 2506-quater, comma 1, c.c..
Qualora non si acceda a questa procedura, il patrimonio netto sarà quello contabile, riferito alla stessa data, ma al netto dei conferimenti e dei versamenti eseguiti dai soci negli ultimi ventiquattro mesi.
Queste norme richiamano anche il trasferimento dell’eccedenza di interessi passivi non dedotta e, in via residuale quelle sul riporto dell’eccedenza ACE.
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