La principale novità, rispetto ai contenuti iniziali dello schema di decreto, riguarda l’
ampliamento dell’ambito di operatività dell’
art. 12, comma 4-bis, del
d.P.R. n. 602/1973, avente ad
oggetto la disciplina dell’impugnabilità del ruolo e della cartella di pagamento invalidamente notificata.
Il Governo ha recepito le osservazioni formulate sul punto dalla Commissione “Finanze e Tesoro” del Senato della Repubblica, la quale ha chiesto di valutare un’estensione delle ipotesi che consentono al contribuente di impugnare direttamente il ruolo, senza dover attendere il successivo atto della riscossione forzata.
La riformulazione dell’
art. 12, comma 4-bis, del
d.P.R. n. 602/1973, in realtà, muove dalle importanti e decise indicazioni della Corte costituzionale (vd. Corte. Cost., Sent. n. 190/2023).
La Consulta, nella pronuncia sopra citata, era stata chiamata a valutare la legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 4-bis, poiché la disposizione de qua, limitando le condizioni in presenza della quali è possibile impugnare il ruolo, presentava dei profili di incompatibilità con il diritto di difesa del contribuente e con il principio di parità di trattamento (
artt. 3 e
24 della Costituzione).
La Corte Costituzione, nel dichiarare inammissibile la sopraesposta questione di legittimità, ha colto l’occasione per sollecitare in detta sede il Legislatore a procedere ad una rivisitazione dell’art. 12, comma 4-bis, al fine di renderlo maggiormente compatibile con i principi costituzionali anzidetti, tramite un “allargamento” delle fattispecie legittimanti l’impugnazione diretta del ruolo.
Prima di entrare nel merito delle novità legislative, occorre ripercorrere brevemente la disciplina dell’
art. 12, comma 4-bis, del
d.P.R. n. 602/1973, ricordando il contesto storico in cui tale disposizione è stata introdotta.
Impugnabilità del ruolo e della cartella prima della riforma
Nell’ambito del processo tributario, si è discusso per molto tempo in ordine all’ammissibilità dell’impugnazione diretta del ruolo di cui all’
art. 10 del
d.P.R. n. 602/1973 nonché degli atti ad esso sottesi che si ritenevano invalidamente notificati.
La questione prendeva le mosse da una comune prassi dei contribuenti, i quali assumevano di essere venuti a conoscenza, consultando l’estratto di ruolo (ossia il documento riepilogativo dei carichi affidati all’Agenzia delle Entrate-Riscossione), di cartelle di pagamento mai giunte alla loro conoscenza e/o comunque affette da vizi insanabili.
Da tale prassi, sono proliferati una moltitudine di giudizi finalizzati all’impugnazione dei ruoli nonché dei debiti ad essi sottesi, anche se molto risalenti e a fronte di un’esazione piuttosto improbabile.
L’impugnabilità del ruolo è stata poi ritenuta ammissibile dalla giurisprudenza di legittimità che, senza pretesa di esaustività, l’ha ritenuta possibile per il “doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale” (vd., tra tutte,
Cass. Civ., SS. UU, Sent. n. 19704/2015).
Il consolidamento dell’orientamento giurisprudenziale sopra esposto ha finito per gravare ulteriormente di contenziosi gli uffici giudiziari, al punto tale da mettere in crisi il sistema di tutela giurisdizionale.
Con tale intervento, si è precisato che l’estratto di ruolo non è impugnabile ma, al contempo, si è ammessa a livello normativo l’impugnazione diretta del ruolo e della cartella di pagamento invalidamente notificata, previa dimostrazione di un interesse non generico, bensì “qualificato”, come individuato dal Legislatore.
In particolare, l’interesse qualificato è stato individuato nella dimostrazione che, dall’iscrizione a ruolo, possa derivare al contribuente un pregiudizio, ravvisabile:
– nell’esclusione dalla partecipazione ad una o più procedure di evidenza pubblica per irregolarità tributarie e contributive;
– nel “
Blocco dei pagamenti” delle Pubbliche Amministrazioni per effetto delle verifiche di cui all’
art. 48-bis del
d.P.R. n. 602/1973, secondo cui gli Enti pubblici, prima di eseguire un versamento di somme superiori ad € 5.000, sono tenuti ad inviare una segnalazione all’Agenzia delle Entrate-Riscossione e, nel caso in cui dovessero risultare carichi pendenti per un ammontare pari almeno al citato importo, quest’ultima è tenuta ad avviare la riscossione coattiva;
– nella perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione.
Impugnabilità del ruolo e della cartella con l’attuale riforma
L’art. 12 del decreto legislativo è intervenuto sul contesto normativo sopra descritto, ampliando le ipotesi in presenza delle quali è possibile impugnare il ruolo.
L’intervento, come già anticipato, mira a colmare le lacune del maccanismo “impugnatorio” dell’
art. 12 del
d.P.R. n. 602/1973, così da renderlo maggiormente compatibile, sotto il profilo costituzionale, con pregiudizi che potrebbero derivare dal permanere di un’indebita iscrizione a ruolo.
In particolare, la riforma intende evitare che l’azione giudiziaria anticipata possa risultare preclusa in situazioni omogenee rispetto a quelle inerenti ai rapporti con la Pubblica Amministrazione, ove si verta in presenza di un interesse attuale e concreto del debitore.
In altre parole, rispetto alla previgente normativa, si è voluto estendere l’impugnazione diretta del ruolo anche a quei casi in cui venga in rilievo un interesse di natura prettamente privatistica, non limitando tale forma di impugnazione a solo quelle ipotesi in cui vi sono soggetti che intrattengono rapporti con la Pubblica Amministrazione.
Per questa motivazione, il decreto ha introdotto all’
art. 12, comma 4-bis, del
d.P.R. n. 602/1973 le
nuove lettere d), e) ed f), al fine di escludere che, dall’iscrizione a ruolo,
possa derivare un pregiudizio nell’ambito:
– delle procedure previste dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (lett. d);
– delle operazioni di finanziamento da parte di soggetti autorizzati (lett. d); in tal senso, occorre rilevare che è prassi degli istituti di credito eseguire delle istruttorie, tanto nelle operazioni di finanziamento, quanto in corso di rapporto di credito, a cui può far seguito la revoca o la mancata concessione degli affidamenti; tramite la novità normativa, sarà possibile agire in via diretta nei confronti del ruolo, dimostrando preventivamente che dall’iscrizione a ruolo è derivato un pregiudizio nei rapporti con gli istituti di credito; ad esempio, il contribuente potrà comprovare tale circostanza, allegando la revoca, la riduzione, la modifica o la mancata concessione di finanziamenti;
– della
cessione dell’azienda, tenuto conto di quanto previsto dall’
art. 14 del
D.lgs. n. 472/1997 (lett. f); con riferimento a tale ipotesi, vale la pena evidenziare che il citato art. 14, in caso di cessione d’azienda, prevede la
responsabilità solidale del cessionario per il
pagamento dei debiti tributari del
cedente, riferibili all’anno in cui è avvenuta la cessione e ai due precedenti, nonché ai debiti tributari contestati nel medesimo periodo anche se riferiti ad annualità anteriori; tale previsione, unitamente alla presenza di iscrizioni a ruolo, ha costituito un limite alla circolazione delle aziende e, sicuramente, ha anche inciso sui prezzo e/o sulle garanzie nella cessione delle stesse; con la novella legislativa, la possibilità di impugnare in via diretta il ruolo, in concomitanza ad operazioni di cessione d’azienda, potrebbe avere un effetto agevolativo di quest’ultime; sul punto, tuttavia, potrebbero servire delle indicazioni in merito alla dimostrazione del pregiudizio da parte del cedente o del cessionario, data la genericità della norma; in particolare, al di là delle evidenti ipotesi in cui l’esistenza di iscrizioni a ruolo incida sotto il profilo del valore dell’azienda o della pretesa di garanzie, ci si chiede se il pregiudizio possa manifestarti come un c.d. danno da c.d. “perdita di chance”, anche solo a livello potenziale.
Osservazioni conclusive
L’intervento recepisce le istanze ricevute da più parti, circa la necessità di ampliare le ipotesi in cui è garantita al contribuente una piena tutela giurisdizionale.
Malgrado ciò, nella nuova formulazione dell’
art. 12, comma 4-bis, del
d.P.R. n. 602/1973, manca ancora una
clausola generale che garantistica il
pieno esercizio del diritto di difesa in capo al contribuente, tutte le volte in cui possa derivare un concreto ed effettivo pregiudizio da una indebita iscrizione a ruolo.
Ed infatti, la struttura del nuovo
art. 12 del
d.P.R. n. 602/1973 ribadisce la tipizzazione delle ipotesi in cui è consentita l’impugnazione diretta del ruolo, sebbene la Corte Costituzionale abbia già ritenuto tale tecnica legislativa non idonea a risolvere la problematica alla radice.
Ad esempio, dal meccanismo impugnatorio del novellato
art. 12 del
d.P.R. n. 602/1973, sono escluse quelle ipotesi in cui i contraenti privati esprimono un giudizio di affidabilità sulle controparti, basato su attenta verifica delle pendenze fiscali.
In linea con quanto appena detto, il Legislatore avrebbe potuto intervenire sulla disciplina delle “azioni cautelari”, al fine di concedere una maggiore tutela giurisdizionale per le ipotesi escluse dal regime dell’
art. 12 del
d.P.R. n. 602/1973.
Come noto, a fronte della mancata notifica della cartella di pagamento, il contribuente può solo impugnare il primo atto successivo della riscossione forzata, facendo valere vizi attinenti alla fase pregressa.
In simili ipotesi, potrebbe verificarsi in capo ai contribuenti ad un danno economico, derivante dall’indisponibilità dei beni per effetto del vincolo apposto in sede di riscossione.
Tale danno si sarebbe potuto evitare, tramite la tutela anticipata concessa dall’impugnabilità del ruolo ma, tenuto conto del costante intento deflattivo del Legislatore, si sarebbe potuto rendere più agevole la concessione della tutela cautelare, limitando quest’ultima anche solo alla presenza del “fumus boni iuris”.
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