Riscossione: due “silenzi assordanti” nel decreto attuativo della delega fiscale

Il decreto sulla riscossione delude le attese e mantiene un “assordante silenzio” su quanto previsto dalla legge delega fiscale in ordine al superamento della dualità tra ente impositore (Agenzia delle Entrate) e altro soggetto distintamente prefigurato per l’esazione dei tributi (Agenzia delle Entrate-Riscossione) e alla disciplina delle opposizioni esecutive. Quest’incertezza nuoce profondamente all’ordinata attuazione del sistema nazionale della riscossione. Che rivela tutto il suo deficitario contesto. Meglio, certo, una legislazione appropriata. Ma peggio ancora è una legislazione perplessa e carente, che con l’ignavia non risolve, alimentando, invece, perniciosamente l’incertezza interpretativa e applicativa.

È stato finalmente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il testo del D.Lgs. n. 110/2024 sulle “Disposizioni in materia di riordino del sistema nazionale della riscossione”. Che, tuttavia, delude le attese, limitandosi a enunciazioni regolamentari di contorno (salvo le indubbiamente rilevanti modifiche all’art. 12, comma 4-bis, e all’art. 19 del D.P.R. n. 602/1973, rispettivamente attinenti al parzialmente mutato ambito della c.d. impugnazione diretta delle cartelle di pagamento e alla più organica disciplina delle dilazioni dei versamenti, nonché all’art. 29 del D.L. n. 78/2010, sui cc.dd. atti impoesattivi), trascurando, fondamentalmente, invece, i due temi essenziali posti a base degli articoli 18 e 19 della legge delega n. 111/2023. E così mantenendo un “assordante silenzio” su quanto quivi previsto riguardo al superamento della dualità tra ente impositore (Agenzia delle Entrate) e altro soggetto distintamente prefigurato per l’esazione dei tributi (Agenzia delle Entrate-Riscossione) e relativamente alla disciplina delle opposizioni esecutive alla stregua dell’art. 57 del D.P.R. n. 602/1973 e degli articoli 615, comma 2, e 617 del Codice di procedura civile.
Così che in oggi, oltre a permanere nella sostanza l’incostituzionale scure dei cc.dd. compensi di riscossione, ove si “nascondono” le disposizioni dell’art. 17, comma 1, del D.Lgs. n. 112/1999, sussiste, altresì, e risulta ulteriormente avallata, proprio dal silenzio serbato dal D.Lgs. n. 110/2024, la doppia figura operativa di Agenzia delle Entrate e di Agenzia delle Entrate-Riscossione, per di più aggravata dalla distonica preservazione della norma dell’art. 39 del D.Lgs. n. 112/1999, mai abrogata, ancorché in parte contraddetta da quanto previsto dal comma 6-bis dell’art. 14, D.Lgs. n. 546/1992 recentemente novellato dal D.Lgs. n. 220/2023 (su cui si richiama l’attenzione dei Lettori all’editoriale apparso sui nn. 8-9 di GT – Rivista di giurisprudenza tributaria, pag. 641). Aggiungendo in tal modo ulteriori distonie di sistema, destinato con ciò ad un più o meno prossimo totale collasso, come acutamente prefigurato dalla già citata sentenza della Consulta.
Altro, parimenti fors’anche ancor più assordante silenzio si segnala a proposito della mancata introduzione nel D.Lgs. n. 110/2024 dell’indispensabile completamento disciplinare postulato dall’art. 18, comma 1, lettera f), della legge delega n. 111/2023, con una scelta non condivisa da chi scrive, ma comunque ora, bene o male (anzi, più male che bene), normativamente sancita, ma in ogni caso assolutamente bisognevole di una imprescindibile regolamentazione complementare, al fine di renderla in concreto applicabile come accuratamente dimostrato in sede dottrinale (su di che si vedano, in particolare, i contributi variamente forniti nel volume in corso di pubblicazione per WKI su “L’esecuzione forzata tributaria”).

Di fronte a questa colpevole omissione giudici, difensori e funzionari ora non sanno più che “pesci prendere”. Se adire “al buio” i giudici tributari o interpretare il mantenuto silenzio come un possibile (anche se difficilmente dimostrabile) ripensamento sulla scelta precedentemente normativizzata in sede di delega o rivolgersi al giudice ordinario (tribunale della esecuzione). Quest’incertezza nuoce profondamente all’ordinata attuazione del sistema nazionale della riscossione. Che, anche sotto questo complementare profilo, rivela tutto il suo deficitario contesto.

Meglio certo, una legislazione, appropriata. Ma peggio ancora è una legislazione perplessa e carente, che con l’ignavia non risolve, alimentando, invece, perniciosamente l’incertezza interpretativa e applicativa.

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