Sanzioni doganali, revisione all’insegna della proporzionalità

Il 29 agosto 2023 è entrata in vigore la legge 9 agosto 2023, n. 111, con la delega al Governo per la riforma fiscale. Si tratta di un’ampia delega per la revisione del sistema tributario, da attuare entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, mediante l’emanazione di “uno o più decreti legislativi”.

Tra gli ambiti che saranno oggetto di rivisitazione si annovera anche il sistema sanzionatorio doganale, oramai desueto e non coordinato con quanto previsto negli altri Stati membri dell’UE.

L’attuale sistema sanzionatorio, infatti, è il risultato di una graduale implementazione del primigenio diritto comunitario con una progressiva evoluzione delle diverse disposizioni nazionali da quando, nel 1968, i Paesi membri sono passati dalla area di libero scambio all’Unione Doganale, con l’abolizione dei dazi doganali negli scambi “interni” alla Comunità europea. In Italia, La disciplina – contenuta nel D.P.R. n. 43/1973 (TULD – Testo Unico sulle leggi doganali) – già evidenziava in origine una grandissima ambizione di modernità e propensione internazionale, divenendo un testo completo e organico punto di riferimento per ogni questione avente ad oggetto la materia doganale.
Tuttavia, la disciplina sanzionatoria in materia di contrabbando si è poi evoluta in maniera discontinua nel tempo, sottoposta dapprima a un processo di depenalizzazione generalizzata delle violazioni sanzionate con la sola pena pecuniaria, per essere successivamente ricondotta nell’ambito di rilevanza penale per le fattispecie di contrabbando connotate da un ammontare dei diritti di confine dovuti superiore a 10.000 euro e assunta nell’alveo dei delitti di cui al D.Lgs. n. 231/2001.

Cosa prevede la delega fiscale

Tra le altre misure di revisione della normativa doganale, la legge delega fiscale impone anche una rivisitazione del sistema sanzionatorio, disponendo nello specifico (art. 20, comma 3, lettera b) “il riordino della disciplina sanzionatoria contenuta nel titolo VII, capo I, del predetto testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973 in materia di contrabbando di prodotti diversi dai tabacchi lavorati, in relazione alle merci introdotte nel territorio della Repubblica italiana nei casi previsti dall’articolo 79 del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione, o in uscita dal medesimo territorio, nei casi previsti dall’articolo 82 del medesimo regolamento (UE), prevedendo:

1) la razionalizzazione delle fattispecie penali;

2) la revisione delle sanzioni di natura amministrativa per adeguarle ai princìpi di effettività, proporzionalità e dissuasività stabiliti dall’art. 42 del citato regolamento (UE) n. 952/2013, anche in conformità alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea;

3) la razionalizzazione delle disposizioni sulla custodia delle cose sequestrate, sulla distruzione delle cose sequestrate o confiscate e sulla vendita delle cose confiscate”. Si dispone, inoltre, alle successive lettere:

“c) il riordino e la revisione della disciplina sanzionatoria contenuta nel titolo VII, capo II, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973, prevedendo, in caso di revisione, l’introduzione di soglie di punibilità, di sanzioni minime oppure di sanzioni determinate in misura proporzionale all’ammontare del tributo evaso, in relazione alla gravità della condotta”;

In sintesi, la norma prefigura una riorganizzazione delle sanzioni di natura penale ed amministrativa, oltre che un adeguamento del Modello 231 sulla base della rivisitazione normativa della disciplina sanzionatoria che deriverà dalla delega.

Riordino della disciplina sanzionatoria

Nel dettaglio, alla lettera b), sono fissati criteri specifici per il riordino della disciplina sanzionatoria contenuta nel Titolo VII, Capo I, del TULD, in relazione al contrabbando di prodotti diversi dai tabacchi lavorati, avuto riguardo sia alle fattispecie illecite di natura penale che di natura amministrativa, evidenziando la necessità di razionalizzazione delle sanzioni di natura penale già esistenti, e la revisione delle sanzioni amministrative per adeguarle ai principi di effettività, proporzionalità e dissuasività stabiliti dall’art. 42 del Codice Doganale dell’Unione.

Soglie di punibilità, sanzioni minime e sanzioni determinate in misura proporzionale

Al comma 3, lettera c) si prevede la revisione delle sanzioni perché queste siano determinate in misura proporzionale all’ammontare del tributo evaso ovvero, laddove la sanzione stessa miri a dissuadere specifiche condotte non correlate direttamente al mancato pagamento dei tributi dovuti, saranno invece stabilite in misura fissa. Saranno comunque fissate soglie di punibilità al fine di tenere conto del livello della gravità delle azioni sanzionabili.

Responsabilità 231 e sanzioni interdittive

Nella lettera d) del medesimo comma, è prevista infine l’integrazione del D.Lgs. n. 231/2001 afferente alla previsione della responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche avuto riguardo ai reati di contrabbando di cui al D.P.R. n. 43/1973, al fine di prevedere anche l’applicazione delle sanzioni interdittive riferite all’esercizio dell’attività e della sospensione/revoca delle autorizzazioni/licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito, contribuendo, in tal modo, a rafforzare ulteriormente il presidio, anche con finalità preventiva, nello specifico settore (che dovrebbero trovare applicazione al superamento della soglia di 100.000 euro di diritti di confine dovuti).

I principi comunitari in materia di sanzioni

Non vi è dubbio che la nuova disciplina dovrà ispirarsi al principio contenuto nell’art. 42 CDU, il quale stabilisce espressamente che “ciascuno Stato membro prevede sanzioni applicabili in caso di violazione della normativa doganale. Tali sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive”.

Al riguardo, la Corte di Giustizia, ha precisato che le sanzioni devono rispettare il principio di proporzionalità, in forza del quale le medesime non devono eccedere quanto necessario per conseguire gli obiettivi e devono tenere conto della natura e della gravità dell’infrazione commessa (Corte Giust., 26 aprile 2018, C-81/17, Zabrus Siret; Corte Giust., 17 luglio 2014, C-272/13, Equoland; anche, ex pluribus, Corte Giust. 12 luglio 2012, C-284/11, EMS-Bulgaria Transport; Corte Giust. 22 dicembre 2010, C-438/09, Dankowski, tutte in curia.eu).

In particolare, “secondo una giurisprudenza costante, in mancanza di armonizzazione della normativa dell’Unione nel settore delle sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle condizioni previste da un regime istituito da tale normativa, gli Stati membri possono scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate. Essi sono tuttavia tenuti a esercitare la loro competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità” (Corte Giust., 6 febbraio 2014, C-242/12, Belgian Shell; Corte Giust., 20 giugno 2013, C-259/12, Rodopi-M 91, in curia.eu).

Il rispetto del principio comunitario di proporzionalità delle sanzioni amministrative è stato pienamente recepito anche dai giudici di legittimità, i quali, a seguito delle sentenze della Corte di Giustizia, hanno affermato che “la consolidata giurisprudenza comunitaria […] pone in rilievo che, sebbene gli Stati membri possano adottare sanzioni per l’ipotesi di inosservanza di obblighi miranti a garantire la corretta riscossione dell’imposta e a evitare la frode, queste ultime non devono, nondimeno, eccedere quanto necessario al raggiungimento dello scopo perseguito. Ne discende che la CTR non avrebbe dovuto, nel caso di specie, limitarsi a enunciare genericamente il principio della compatibilità con il diritto comunitario dell’irrogazione di una sanzione […], ma avrebbe dovuto accertare se l’applicazione di una sanzione […] sia proporzionata, in concreto, alla violazione commessa, secondo i suesposti principi derivanti dal diritto comunitario cogente” (Cass., sez. trib., 21 gennaio 2015, n. 996).

Del resto, l’obiettivo è chiaro ed emerge già dalla relazione illustrativa alla delega al Governo per la riforma fiscale dove, proprio con riguardo all’art. 20, si legge che viene previsto innanzitutto un intervento sulla proporzionalità delle sanzioni tributarie, attenuandone il carico e riconducendolo agli standard di altri Paesi europei. Non v’è infatti dubbio che le sanzioni amministrative attualmente previste raggiungano livelli inaccettabili, che si discostano sensibilmente da quelle in vigore in altri Paesi, conducendo in molti casi a una pretesa complessiva di fatto abnorme rispetto al maggior dazio accertato.

Verso il nuovo Codice Doganale dell’Unione

In tale contesto, vale ricordare che lo scorso 17 maggio 2023 la Commissione Europea (CE) ha pubblicato la prima bozza del Codice Doganale dell’Unione – Riforma (il nuovo CDU) composto da 190 pagine e 265 articoli che – a sua volta – era stato preceduto da uno studio del Gruppo dei Saggi pubblicato il 31 marzo 2022. Ebbene, nella Relazione pubblicata nel marzo 2022 dal Gruppo dei Saggi sulla riforma dell’unione doganale dell’UE, erano già state sottolineate le divergenze e le differenze nel campo delle sanzioni doganali, ma soprattutto le derivate conseguenze e la necessità di agire in questo settore. Nulla di nuovo se si considera che nella comunicazione “Portare l’unione doganale al livello successivo: un piano d’azione” COM(2020) 581 final, adottata nel settembre 2020, la Commissione aveva già evidenziato i problemi derivanti da un’applicazione disomogenea delle norme doganali.

La bozza del nuovo CDU impone che sia stabilito un quadro comune che stabilisca un nucleo minimo di violazioni doganali e di sanzioni non penali. In particolare, vengono già tipizzate le fattispecie violative della normativa doganale unionale, disponendo che costituiscono infrazioni doganali i seguenti atti o omissioni:

a) il mancato rispetto da parte del destinatario di una decisione relativa all’applicazione della normativa doganale degli obblighi risultanti da tale decisione e l’incapacità di informare senza indugio le autorità doganali di qualsiasi fattore emerso dopo l’adozione di una decisione da parte di dette autorità che influenzi la sua prosecuzione o contenuto;

b) il mancato rispetto dell’obbligo di fornire informazioni alle autorità doganali a norma del Nuovo UCC, compresa la mancata presentazione di una dichiarazione doganale;

c) la fornitura alle dogane di informazioni o documenti incompleti, inesatti, non validi, non autentici, falsi o falsificati;

d) la mancata conservazione da parte del responsabile dei documenti e delle informazioni relativi all’espletamento delle formalità doganali;

e) la rimozione delle merci dalla vigilanza doganale;

f) il mancato rispetto da parte del responsabile degli obblighi relativi alle procedure doganali;

g) il mancato pagamento dei dazi all’importazione o all’esportazione da parte del debitore entro il termine prescritto.

Sono altresì previste delle circostanze attenuanti e aggravanti.

Il Legislatore nazionale dovrà quindi adeguare il sistema sanzionatorio senza trascurare il necessario adeguamento a quanto disposto dal nuovo CDU di prossima pubblicazione.

Il Corso di alta formazione, erogato da KPMG Italy, coordinato dall’Avv. Massimo Fabio, con il coinvolgimento di Aurora Marrocco e accreditatodall’Agenzia delle Dogane, approfondisce tutti i profili del rapporto doganale e della trade compliance.

Copyright © – Riproduzione riservata

Fonte