Sanzioni ridotte per le violazioni relative alle esportazioni

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Esportazione a cura del cessionario non residente

Secondo quanto contenuto dall’art. 8, comma 1, lettera b), D.P.R. n. 633/1972, nel caso di esportazione di beni con trasporto o spedizione dei beni fuori dell’UE a cura del cessionario non residente o di un terzo per suo conto, la cessione dei beni fuori dall’UE deve avvenire entro 90 giorni dalla consegna dei beni venduti al cessionario non residente al fine di poter beneficiare del regime della non imponibilità IVA.

Secondo il dettato normativo:

– il termine di 90 giorni decorre dalla data di consegna dei beni e non dalla data della fattura;

– per poter parlare di esportazione, in questa fattispecie, è necessario che i beni oggetto di cessione siano esportati nello Stato originario, senza alcuna manipolazione o lavorazione.

Ai sensi dell’art. 7, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997, qualora non si ottenga la prova dell’avvenuta esportazione ovvero quest’ultima avvenga oltre 90 giorni dalla data di consegna, il contribuente incorre nella sanzione pari al 50% (e non più dal 50% al 100%) del tributo, a meno che entro i successivi 30 giorni dallo spirare dei 90 giorni successivi alla consegna non provveda alla regolarizzazione della fattura e al versamento dell’imposta.
Il termine di 90 giorni (o tre mesi) è stato considerato “non essenziale” dalla sentenza 19 dicembre 2013 della Corte di Giustizia UE (causa C-563/12) secondo la quale “gli articoli 146, paragrafo 1, e 131 della direttiva 2006/112/CE non consentono che una normativa nazionale, nell’ambito di una cessione all’esportazione, ponga la condizione secondo cui il superamento del termine per l’uscita dei beni dal territorio dell’Unione di tre mesi o di 90 giorni successivi alla data di cessione ha la conseguenza di privare definitivamente il soggetto passivo dell’esenzione riguardo a tale cessione”.

Tale orientamento è stato recepito dall’Agenzia delle Entrate con la R.M. 10 novembre 2014, n. 98/E, che ha chiarito in dettaglio le modalità da attuare per regolarizzare l’emissione della fattura senza IVA e recuperare l’IVA versata, tramite:

– emissione di una nota di variazione ex art. 26, comma 2, D.P.R. n. 633/1972, entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno successivo a quello in cui è avvenuta l’esportazione;
– in alternativa, il contribuente potrà sempre azionare la richiesta di rimborso ai sensi dell’art. 21, D.Lgs. n. 546/1992, entro il termine di due anni dal versamento o dal verificarsi del presupposto del rimborso.
Laddove la merce risulti esportata oltre 90 giorni ma, comunque, entro 30 giorni previsti, ai fini della regolarizzazione, dall’art. 7, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997, e si abbia prova dell’avvenuta esportazione, il contribuente potrà esimersi dal versamento dell’imposta senza per questo incorrere in alcuna violazione sanzionabile.

Il legislatore delegato ha esteso tale regime sanzionatorio anche al caso di cessioni intra-UE di beni con trasporto a cura del cessionario o di un terzo per suo conto. Infatti, è stato previsto che se il bene non risulta pervenuto in un altro Stato UE entro 90 giorni dalla consegna si applica in capo al cedente una sanzione pari al 50% dell’imposta.

Pertanto, qualora non si ottenga la prova che il bene sia pervenuto in altro Stato UE ovvero la stessa pervenga oltre 90 giorni dalla data di consegna, il contribuente incorre nella sanzione dal 50% del tributo, a meno che entro i successivi 30 giorni dallo spirare dei 90 giorni successivi alla consegna non provveda alla regolarizzazione della fattura e al versamento dell’imposta.

Esportatore abituale

Il legislatore delegato è intervenuto anche in riferimento alle sanzioni previste in capo all’esportatore abituale e ai suoi fornitori.

In particolare, modificando il dettato dell’art. 7, comma 3, D.Lgs. n. 471/1997 viene stabilito che chi effettua operazioni senza addebito d’imposta, in mancanza della dichiarazione d’intento (ossia i fornitori dell’esportatore abituale), è punito con una sanzione pari al 70% dell’imposta (e non più con una sanzione compresa tra il 100% e il 200% dell’imposta), fermo l’obbligo del pagamento del tributo.

Nel caso in cui la dichiarazione d’intento sia stata rilasciata in assenza dei requisiti richiesti dalla norma, dell’omesso pagamento dell’IVA risponde soltanto l’esportatore abituale.

È punito con la medesima sanzione (70% dell’imposta) chi, in mancanza dei presupposti di legge, dichiara all’altro contraente o in dogana di volersi avvalere della facoltà di acquistare beni o servizi oppure importare beni senza l’imposta o ne beneficia oltre il limite consentito.

Infine, sempre in materia di esportazioni, viene stabilito (art. 7, comma 5) che chi, nelle fatture o nelle dichiarazioni in dogana relative a cessioni all’esportazione, indica quantità, qualità o corrispettivi diversi da quelli reali, è punito con la sanzione amministrativa pari al 70% (e non più con una sanzione compresa tra il 100% e il 200% dell’imposta) che sarebbe dovuta se i beni presentati in dogana fossero stati ceduti nel territorio dello Stato, calcolata sulle differenze dei corrispettivi o dei valori normali dei beni. La sanzione non si applica per le differenze quantitative non superiori al 5%.

Revisione delle sanzioni relative al reverse charge

Reverse charge

D.Lgs. n. 471/1997

Registrazione della fattura emessa senza porre in essere gli adempimenti connessi al reverse charge interno ed esterno

art. 6, comma 9-bis

500-10.000 euro (e non più 20.000 euro) (*)

Mancata registrazione delle fatture emesse dal cedente/prestatore

5% (e non più 5-10%) dell’imponibile, con un minimo di 1.000 euro (*)

(*) Resta ferma l’applicazione della sanzione per indebita detrazione (70% della detrazione operata) con riferimento all’imposta che non avrebbe potuto essere detratta dal cessionario o dal committente, salvo quando la violazione ha determinato una dichiarazione infedele punita ai sensi dell’art. 5, comma 4, D.Lgs. n. 471/1997.

Si segnala che le suddette sanzioni si applicano anche nel caso in cui, non avendo adempiuto il cedente o prestatore agli obblighi di fatturazione dell’operazione o avendo emesso una fattura irregolare, il cessionario o committente non informi l’Ufficio competente nei suoi confronti entro la fine del mese successivo a quello in cui doveva essere emessa la fattura o è stata emessa la fattura irregolare, provvedendo entro lo stesso periodo all’emissione di fattura, o alla sua regolarizzazione, e all’assolvimento dell’imposta mediante inversione contabile. 

Reverse charge

art. 6, comma 9-bis1

Imposta erroneamente assolta dal cedente/prestatore, in presenza dei requisiti per l’applicazione del reverse charge

250-10.000 euro per il cessionario/committente (*)

Responsabilità solidale al pagamento del cedente cedente/prestatore

Resta fermo il diritto alla detrazione

(*) Il cessionario/committente è punito con la sanzione pari al 70% dell’imposta, quando l’applicazione dell’imposta in modo ordinario è determinata da un intento di evasione o di frode la cui conoscenza da parte del cessionario/committente sia provata.

art. 6, comma 9-bis2

Imposta erroneamente assolta dal cessionario/committente, in assenza dei requisiti per l’applicazione del reverse charge

250-10.000 euro per il cessionario/committente (*)

Responsabilità solidale al pagamento del cedente prestatore

Resta fermo il diritto alla detrazione

(*) Il cessionario/committente è punito con la sanzione pari al 70% dell’imposta, quando l’applicazione dell’imposta in modo ordinario, anziché mediante il reverse charge, è determinata da un intento di evasione o di frode la cui conoscenza da parte del cessionario/committente sia provata.

art. 6, comma 9-bis3

Imposta erroneamente assolta dal cessionario o committente per operazioni non soggette ad imposta

Se il cessionario o committente applica il meccanismo del reverse charge per operazioni esenti, non imponibili o non soggette ad imposta in sede di accertamento vengano espunti sia il debito che la detrazione operata nelle liquidazioni periodiche, fermo restando il diritto a recuperare l’imposta eventualmente non detratta, ai sensi dell’art. 26, comma 3 e 30-ter, comma 1, D.P.R. n. 633/1972

Tale previsione si applica in tutti i casi di operazioni inesistenti, anche ove astrattamente imponibili, ma il cessionario o committente è punito con la sanzione amministrativa compresa tra il 5 e il 10% dell’imponibile, con un minimo di 1.000 euro.

Le disposizioni dei periodi precedenti non si applicano e il cessionario o committente è punito con la sanzione pari al 70% della detrazione IVA compiuta con riferimento all’imposta che non avrebbe potuto detrarre, quando l’esecuzione delle operazioni inesistenti imponibili è stata determinata da un intento di evasione o di frode del quale sia provato che il cessionario o committente era consapevole.

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