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Sanzioni tributarie al restyling. Senza applicazione del favor rei

Sanzioni Tributarie Al Restyling

Con una espressa disposizione viene previsto che le nuove misure delle sanzioni amministrative si applicano alle violazioni commesse successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, quindi senza applicazione del favor rei (art. 5, comma 1).

In particolare:

– l’art. 1 dello schema di decreto riguarda le sanzioni penali e i rapporti tra i procedimenti penale e amministrativo;

– l’art. 2 attiene alle modifiche alle singole norme sanzionatorie in materia di imposte sui redditi, IRAP, IVA e riscossione;

– l’art. 4 dispone la revisione delle sanzioni amministrative in materia di tributi sugli affari, sulla produzione e sui consumi, nonché di altri tributi indiretti.

Determinazione delle sanzioni

Il nuovo comma 3-bis dell’art. 3, D.Lgs. n. 472/1997 introduce il principio che la disciplina delle violazioni e sanzioni tributarie è improntata ai principi di proporzionalità e di offensività (come richiesto dalla giurisprudenza unionale). In tale ottica, si prevede che la determinazione delle sanzioni deve essere effettuata in ragione di tale principio di proporzionalità (art. 7, D.Lgs. n. 472/1997). Pertanto, “se concorrono circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra violazione commessa e sanzione applicabile”, questa è ridotta fino a 1/4 della misura prevista, sia essa fissa, proporzionale o variabile. D’altro canto, se concorrono circostanze di particolare gravità della violazione, la sanzione potrà essere aumentata fino alla metà.
Viene, inoltre, incrementato l’aumento della sanzione in caso di recidiva (violazioni della stessa indole) che, ove la violazione non sia definita con ravvedimento operoso o in adesione al verbale di constatazione, prevede l’aumento “fino al doppio” (attualmente “fino alla metà).

Violazioni commesse da enti e società privi di personalità giuridica

Un’importante novità è l’estensione della responsabilità propria dell’ente e della società, in luogo della persona fisica che ha commesso la violazione, anche ai soggetti privi di personalità giuridica.

Attualmente, la regola generale, secondo la quale la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso o concorso a commettere la violazione (art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 472/1997), è derogata per le persone giuridiche. In particolare, l’art. 7, D.L. n. 269/2003 prevede che le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica (art. 7, D.L. n. 269/2003).
L’art. 3, comma 1, lettere a) ed e), dello schema di decreto, intervenendo sugli articoli 2 e 11, D.Lgs. n. 472/1997 (con effetto sulle violazioni commesse successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, quindi senza applicazione del favor rei), estende la responsabilità esclusiva alle “società o enti, con o senza personalità giuridica di cui agli articoli 5 e 73” del TUIR.

Pertanto, per le violazioni commesse da società di persone, soggetti equiparati, associazioni tra professionisti, enti commerciali e non commerciali, privi di personalità giuridica, verrà meno la personalizzazione delle sanzioni amministrative e la relativa responsabilità resterà incardinata “esclusivamente a carico della società o ente”.

Il nuovo art. 11, D.Lgs. n. 472/1997 prevederà, in coerenza, la responsabilità solidale del soggetto passivo, salvo il suo diritto di regresso, solo quando si tratti di una persona fisica nell’interesse della quale abbia agito l’autore della violazione.

Continuazione e violazioni

L’art. 3, comma 1, lettera f), dello schema di decreto modifica l’art. 12, D.Lgs. n. 472/19972, relativo al concorso di violazione e alla continuazione.

In primo luogo, viene previsto in modo espresso che sono escluse dalla continuazione (e, quindi, dal cumulo giuridico) le violazioni relative agli obblighi di pagamento (che dovrebbe comprendere anche l’indebita compensazione), tesi peraltro già affermata, con riguardo alle violazioni di “omesso versamento”, dall’Amministrazione finanziaria e dalla giurisprudenza maggioritaria (circolare 10 luglio 1998, n. 180/E; Cass., 15 settembre 2021, n. 24785; Cass. 3 marzo 2021, n. 5744; Cass., Sez. V, 15 novembre 2017, n. 27068).

La nuova formulazione dell’art. 12 prevede in modo espresso la possibilità di applicare la continuazione anche nel caso di ravvedimento, separatamente per ciascun tributo, per ciascun periodo d’imposta e per ciascun istituto deflativo.

Ravvedimento operoso

Le norme sul ravvedimento vengono aggiornate con la previsione, di cui al nuovo Statuto del contribuente (legge 27 luglio 2000, n. 212, come modificata dal D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219), che, in ossequio al principio del contraddittorio, prevede l’obbligo di notifica dello schema di atto di accertamento (art. 6-bis, comma 3, legge n. 212/2020), stabilendo che, in tal caso, il ravvedimento si ottiene versando 1/6 del minimo edittale.
Resta fermo il ravvedimento con il pagamento di 1/5 del minimo edittale nel caso in cui la regolarizzazione avvenga dopo la constatazione della violazione, “senza che sia stata inviata comunicazione di adesione al verbale ai sensi dell’articolo 5-quater del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 e, comunque, prima della comunicazione dello schema di atto di cui all’articolo 6-bis, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212”.

Le modifiche alle singole norme sanzionatorie

L’art. 2 dello schema di D.Lgs. modifica il D.Lgs. n. 471/1997, che contiene le disposizioni sanzionatorie in materia di imposte sui redditi, IRAP, IVA e riscossione.

Il nuovo provvedimento dispone una generale riduzione delle sanzioni per le “violazioni commesse successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto” (art. 5, comma 1). Nella maggior parte dei casi la nuova norma sostituisce alla sanzione proporzionale tra un minimo e un massimo una sanzione fissa, di natura comunque proporzionale al tributo non dichiarato o non versato, pari all’importo minimo oggi in vigore o riduce semplicemente l’importo delle sanzioni applicabili.

Ad esempio, la sanzione per omessa dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi, IRAP e IVA, punita oggi con la sanzione amministrativa dal 120% al 240%, viene sostituita dalla sanzione amministrativa del 120%. Resta ferma, per l’omessa dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi ed IRAP, la sanzione da 250 a 1.000 euro nel caso di dichiarazione omessa qualora non siano dovute imposte (viene previsto che in caso di soggetto obbligati alla tenuta di scritture contabili la sanzione può essere aumentata fino al doppio, quindi fino a 2.000 euro).

Se la dichiarazione omessa (imposte sui redditi, IRAP e IVA) è presentata con ritardo superiore a 90 giorni ma non oltre i termini stabiliti per l’accertamento (art. 43, D.P.R. n. 600/1973) e, comunque, prima che il contribuente abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo, si applica sull’ammontare delle imposte dovute la sanzione prevista per l’omesso versamento (che dal 30% passerà al 25%) aumentata al triplo (75%).

La sanzione per la infedeltà della dichiarazione (imposte sui redditi, IRAP e IVA) passa dal 90% al 180% a quella fissa del 70%, con un minimo di 150 euro.

Inoltre, viene stabilito, con norma innovativa, che se la violazione emerge dalla presentazione di una dichiarazione integrativa non oltre i termini stabiliti per l’accertamento (art. 43, D.P.R. n. 600/1973 e art. 57, D.P.R. n. 633/1972) e, comunque, prima che il contribuente abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo, si applica sull’ammontare delle imposte dovute la sanzione prevista per l’omesso versamento (che dal 30% passerà al 25%), aumentata al doppio (50%). Se non sono dovute imposte si applica la sanzione di 150 euro.

Viene abrogato il comma 8 dell’art. 1 che prevede un aumento della sanzione pari a 1/3 se i redditi sottratti a tassazione sono prodotti all’estero (anche in questo caso, senza che possa operare il favor rei).

Analoghe modifiche sono previste per l’omessa e infedele dichiarazione della dichiarazione di sostituto d’imposta.

Omesso versamento e indebite compensazioni

Per l’omesso versamento di imposte l’attuale sanzione del 30% viene ridotta al 25% e restano salve le riduzioni per gli omessi versamenti con ritardo lieve.

Il provvedimento definisce meglio il concetto di credito non spettante (sebbene, da una prima analisi, non sembri possano essere superate le difficoltà di qualificare l’utilizzo del credito per ricerca e sviluppo ritenuto indebito), il cui utilizzo è punito con la sanzione del 25%.

Si considera credito “non spettante” il credito, diverso dal creditoinesistente” di cui al comma 5, fondato su fatti reali non rientranti nella disciplina attributiva per il difetto di specifici elementi o particolari qualità. È non spettante, altresì, il credito utilizzato in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti ovvero, per la relativa eccedenza, quello fruito in misura superiore a quella prevista. Si applica la sanzione di 250 euro e il credito si considera spettante, se lo stesso è fondato sulla base di fatti reali rientranti nella disciplina attributiva, nonché utilizzato in misura e con le modalità stabilite dalla medesima, ma in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi di carattere strumentale, sempre che:

a) gli stessi non siano previsti a pena di decadenza e non siano essenziali al riconoscimento del credito medesimo;

b) la violazione sia rimossa entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale ai fini delle imposte sui redditi relativa all’anno di commissione della medesima, ovvero in assenza di una dichiarazione, comunque entro un anno dalla sua commissione.

Violazioni IVA

In caso di utilizzo di crediti inesistenti, la sanzione passa dal 100% al 200% a quella fissa del 70%.

Si riduce al 70% anche la sanzione per omessa fatturazione, omessa certificazione di corrispettivi, indebita detrazione IVA e mancata regolarizzazione di acquisti senza fattura o con fattura irregolare (art. 6, commi 1, 2-bis, 6 e 8, D.Lgs. n. 471/1997). Inoltre, la sanzione per infedele dichiarazione si considererà assorbente della dichiarazione per indebita detrazione

La sanzione compresa tra 250 e 10.000 euro, prevista in caso di applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, viene resa applicabile anche nell’ipotesi di applicazione dell’imposta per operazioni esenti, non imponibili o non soggette, superando così una giurisprudenza particolarmente rigorosa. In tutti i casi, resta fermo il diritto del cessionario o committente alla detrazione dell’imposta erroneamente applicata.

Disposizioni comuni alle sanzioni amministrative e penali

L’art. 1 dello schema di decreto contiene le disposizioni comuni alle sanzioni amministrative e penali, con l’integrazione fra le diverse fattispecie sanzionatorie, la revisione dei rapporti tra processo penale e processo tributario, l’introduzione di meccanismi di compensazione tra le sanzioni da irrogare e quelle già irrogate (divieto del bis in idem) e la riduzione delle sanzioni.

Le violazioni di omesso versamento (di ritenute e di IVA) vengono razionalizzate prevedendo che il termine oltre il quale scatta il reato è il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.

Ad esempio

Dichiarazione relativa al 2024, presentata nel 2025: il reato si consuma se il versamento non viene eseguito entro il 31 dicembre 2026.

Inoltre, viene stabilito che l’omesso versamento assume rilevanza agli effetti penali qualora:

a) il debito tributario non sia in corso di estinzione mediante pagamenti rateali, ai sensi dell’art. 3-bis del D.Lgs. n. 462/1997 (rateazione delle somme dovuta a seguito di avviso bonario);

b) si verifichi la decadenza dal beneficio della rateazione e l’ammontare del debito residuo sia comunque superiore a 50.000 euro.

Per i delitti di omesso versamento viene prevista espressamente la non punibilità del reato se il fatto dipende da cause non imputabili all’autore sopravvenute, rispettivamente, all’effettuazione delle ritenute o all’incasso dell’IVA. A tali fini, il giudice tiene conto della crisi non transitoria di liquidità dell’autore dovuta alla inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi o al mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di Amministrazioni pubbliche e della non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi.

Inoltre, potrà essere valutata, ai fini della non punibilità, la particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), tenendo conto, in modo prevalente, dell’entità dello scostamento dell’imposta evasa rispetto al valore soglia stabilito ai fini della punibilità, l’avvenuto adempimento integrale dell’obbligo di pagamento secondo il piano di rateizzazione concordato con l’Amministrazione finanziaria, l’entità del debito tributario residuo, quando sia in fase di estinzione mediante rateizzazione, la situazione di crisi dell’impresa ai sensi del Codice della crisi di cui al D.Lgs. n. 14/2019.

Il provvedimento valorizza ancora di più, rispetto alle vigenti disposizioni, l’avvenuto assolvimento del debito tributario, compresi sanzioni e interessi, prevedendo che, fuori dai casi di non punibilità di cui all’art. 12, le pene sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie.

Viene introdotto, nell’ambito del D.Lgs. n. 74/2000, l’art. 21-bis, relativo all’efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione.

In particolare, la norma stabilisce che la sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi.

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