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Sanzioni tributarie amministrative e penali: revisione a 360° con qualche perplessità

Sanzioni Tributarie Amministrative E Penali: Revisione A 360° Con Qualche Perplessità
La legge delega fiscale (legge n. 111/2023) si dedica anche alla revisione del sistema sanzionatorio, penale e amministrativo, sia in materia di imposte erariali (redditi, IVA, altri tributi indiretti, accise) sia per i tributi doganali e degli enti territoriali.

In particolare, l’art. 20, comma 1, che disciplina le sanzioni penali e amministrative relative al comparto delle imposte sui redditi e dell’IVA, suddivide l’intervento in tre parti: la prima contiene i principi e criteri direttivi concernenti gli aspetti comuni alle sanzioni amministrative e penali (comma 1, lettera a); la seconda attiene alle sanzioni penali (comma 1, lettera b); la terza si occupa delle sanzioni amministrative (comma 1, lettera c).

L’art. 20, comma 2 tratta delle sanzioni relative alle accise e il comma 3 le sanzioni in materia di tributi doganali. L’art. 14 si occupa delle sanzioni per i tributi locali e l’art. 17, che riguarda il nuovo adempimento collaborativo, contiene alcune disposizioni relative alle sanzioni per coloro che aderiscono a tale regime.

Infine, l’art. 3 delega il Governo a prevedere un regime sanzionatorio, conforme a quello vigente in materia di imposte sui redditi, per la violazione degli adempimenti riguardanti l’imposizione minima dei gruppi multinazionali e nazionali di imprese e un regime sanzionatorio effettivo e dissuasivo per la violazione dei relativi adempimenti informativi.

Riforma delle sanzioni: aspetti comuni

Applicazione del principio ne bis in idem

La delega prevede la razionalizzazione del sistema sanziona­torio amministrativo e penale, anche attra­verso una maggiore integrazione tra i diversi tipi di sanzione, ai fini del completo adegua­mento al principio del ne bis in idem (che ricorre quando i fatti contestati siano giuridicamente identici nei propri elementi strutturali: condotta, evento, nesso causale, circostanze di tempo e di luogo).

Attualmente, il rapporto tra i procedimenti amministrativo e penale, eventualmente nascenti da violazioni di matrice fiscale, è regolato dagli articoli 19, 20 e 21 del D.Lgs. n. 74/2000.
Ai sensi dell’art. 19, quando una stessa violazione è punita da una sanzione penale e da una sanzione amministrativa, “si applica la disposizione speciale” (“in concreto, il più delle volte risulterà speciale la norma penale”, così C.M. 4 agosto 2000, n. 154), ferma restando, “in ogni caso”, la responsabilità solidale per la sanzione amministrativa dei soggetti per conto dei quali il trasgressore ha agito (art. 11, comma 1, D.Lgs. n. 472/1997), sempreché non si tratti di persone fisiche (ad esempio, imprenditore individuale, artista, professionista) concorrenti nel reato fiscale.

Ad esempio

In caso di violazione fiscale costituente anche reato, attribuibile al socio di una società di persone, la responsabilità solidale della società di persone (ex art. 11, comma 1) permane “in ogni caso”.

In concreto, il principio di specialità espresso dall’art. 19, D.Lgs. n. 472/1997 potrà operare quando vi è coincidenza tra persona fisica che ha commesso la violazione amministrativa e persona fisica che ha commesso la violazione penale. Tuttavia, considerato che l’art. 7, comma 1, D.L. n. 269/2003 prevede la responsabilità esclusiva della persona giuridica per le violazioni amministrative relative “al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica”, mentre la responsabilità penale è sempre personale, emerge che il principio di specialità potrà operare solo per le violazioni commesse nell’ambito di imprese individuali, artisti o professionisti ovvero associazioni, enti o società prive di personalità giuridica, qualora la violazioni fiscale e quella penale siano attribuite alla medesima persona fisica (ferma restando la responsabilità solidale del soggetto passivo ai sensi dell’art. 11, D.Lgs. n. 472/1997, come detto sopra).
Ai sensi dell’art. 20, D.Lgs. n. 74/2000, il procedimento amministrativo di accertamento e il processo tributario non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento, comunque, dipende la relativa definizione.

Il decreto delegato, quindi, dovrà intervenire per rendere effettivo il principio del ne bis in idem, mediante una razionalizzazione dei sistemi sanzionatori e una maggiore integrazione tra i diversi tipi di sanzione.

Mancato versamento in presenza di crediti verso la PA

Il decreto delegato dovrà “valutare” la possibilità di non applicare sanzioni e interessi per mancati versamenti di imposte sui redditi regolarmente dichiarati nei riguardi di soggetti che hanno crediti certificati maturati nei confronti della pubblica amministrazione per importi pari e sino alla concorrenza del debito di imposta.

La ratio della norma è evidentemente quella di non penalizzare il soggetto che, al tempo stesso, ha debiti con l’Erario per imposte sui redditi e crediti (di importo pari o superiore) con la PA e omette il versamento delle imposte sui redditi.

La legge delega rinvia, comunque, al Governo la scelta se introdurre siffatta esimente (“valutare la possibilità”), circostanza che fa dubitare della tenuta costituzionale della disposizione, tenuto conto che la legge delega deve determinare i “principi e criteri direttivi” cui il legislatore delegato deve attenersi.

Una prima perplessità in ordine al contenuto della norma riguarda la previsione di non applicazione di interessi, a prescindere dal fatto che il credito verso la PA contempli o meno la maturazione di interessi attivi per il contribuente.

Una seconda perplessità riguarda il motivo per cui la non applicabilità delle sanzioni e interessi è stata limitata agli omessi versamenti delle sole imposte sui redditi. Tenuto conto che, ove si decidesse di inserire tale nuova causa esimente nell’ambito delle sanzioni amministrative (e penali?), la norma dovrà prevedere la compensazione in automatico tra il debito erariale e il credito nei confronti della PA, la norma avrebbe potuto essere estesa anche ai debiti per IVA, per IRAP e per le altre imposte indirette.

Nell’ambito delle violazioni di versamento, la legge delega prevede, inoltre, l’introduzione di una più ri­gorosa distinzione normativa, anche sanzionatoria, tra le fattispecie di compensa­zione indebita di crediti di imposta non spettanti e inesistenti.

Rapporti tra processo penale e processo tributario

La legge, inoltre, delega il Governo a rivedere i rapporti tra processo penale e processo tributario, sotto una duplice angolazione:

a) nei casi di sentenza irre­vocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, i fatti materiali accertati in sede dibattimentale dovranno fare stato anche nel processo tribu­tario quanto all’accertamento dei fatti medesimi (in proposito, la C.M. n. 154/2000 ha sottolineato che, ricorrendo le condizioni di cui all’art. 654 c.p.p., il giudicato penale nei confronti del contribuente-imputato fa sempre stato, anche quando il Fisco non abbia partecipato al processo penale);
b) adeguando i profili processuali e sostanziali connessi alle ipotesi di non punibilità e di applicazione di circostanze atte­nuanti all’effettiva durata dei piani di estinzione dei debiti tributari, anche nella fase antecedente all’esercizio dell’azione penale. Attualmente, invece, l’art. 12, D.Lgs. n. 74/2000 prevede che la causa di estinzione dei reati di omesso versamento e indebita compensazione di crediti non spettanti per effetto dell’integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento, qualora il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione, opera solo se il contribuente esegue il pagamento integrale del residuo entro tre mesi (il giudice ha facoltà di prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi).

Sistema di rilevazione del rischio fiscale

La legge delega in Governo a prevedere che la volontaria adozione di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale e la preventiva comunicazione di un possibile rischio fiscale da parte di imprese che non possiedono i requisiti per aderire al regime dell’adempi­mento collaborativo possano assumere rile­vanza per escludere ovvero ridurre l’entità delle sanzioni.

Si tratta di una rilevante novità, finalizzata a rafforzare la collaborazione tra Fisco e contribuente (uno dei capisaldi della riforma fiscale), nell’ambito di uno rapporto improntato alla buona fede e alla trasparenza.

Sanzioni penali

Per quanto riguarda le sanzioni penali, la delega al Governo prevede di attribuire specifico rilievo:

– all’ipotesi di sopravvenuta impossibilità di far fronte al pagamento del tributo, non dipen­dente da fatti imputabili al soggetto stesso;

L’impossibilità di far fronte al pagamento del tributo per cause non dipen­denti da fatti imputabili al soggetto già oggi escluderebbe il dolo, elemento indispensabile per la punibilità penale. È presumibile che il legislatore abbia inteso far riferimento ai mancati versamenti causati da difficoltà finanziarie del contribuente, che oggi la prevalente giurisprudenza della Corte di Cassazione non ritiene costituisca circostanza esimente del reato di omesso versamento di imposte (cfr. Cass. Pen., 16 giugno 2023, n. 33430; Cass. Pen, 18 gennaio 2023, n. 20667), a parte qualche specifica e circoscritta ipotesi (Cass. Pen, 12 febbraio 2018, n. 6737).

– alle definizioni raggiunte in sede amministrativa e giudiziaria ai fini della valutazione della rilevanza penale del fatto.

Si tratta di una novità di rilievo che risponde alla ragionevole esigenza di un raccordo tra procedimento amministrativo e procedimento penale, laddove l’aspetto amministrativo sia chiuso tra Fisco e contribuente con un accordo transattivo. In effetti, poiché la ratio dell’intervento penale è comunque quella di tutelare la Finanza pubblica, laddove Fisco e contribuente raggiungono un accordo in ordine alla “giusta” imposta da pagare non si capisce la ragione per cui l’azione penale debba proseguire.

Sanzioni amministrative

Con riguardo alle sanzioni amministrative, la legge prevede, anzitutto, un intervento sulla proporzionalità delle stesse, attenuandone il carico e riconducendolo agli standard di altri Paesi europei.

Secondo la Relazione illustrativa, le sanzioni amministrative attualmente previste raggiungono livelli intollerabili, che si discostano sensibilmente da quelle in vigore in altri Paesi, “conducendo a una pretesa complessiva di fatto abnorme e in un disincentivo per il contribuente a esperire la tutela giudiziaria in conseguenza del rischio cui un esito negativo lo esporrebbe”.

A nostro giudizio, invece, il livello troppo elevato che le sanzioni amministrative (e la misura degli interessi fiscali) possono raggiungere in alcuni casi costituisce un disincentivo a raggiungere accordi transattivi con il Fisco (definendo subito la controversia) e il contribuente preferisce, quindi, esperire la tutela giudiziaria, per sfruttare le lungaggini del processo tributario.

La legge delega, in secondo luogo, prevede di rivedere il ravvedimento mediante una graduazione della riduzione delle sanzioni, onde evitare che l’applicazione delle attuali percentuali di riduzione alle future e minori aliquote sanzionatorie possa tradursi in un incentivo a non dichiarare.

In terzo luogo, viene prevista l’inapplicabilità delle sanzioni in misura maggiorata per recidiva prima della definizione del giudizio di accertamento sulle precedenti violazioni, così recependo la giurisprudenza di legittimità in materia; nonché una migliore definizione delle ipotesi stesse di recidiva con particolare riferimento alle “violazioni della stessa indole”.

Infine, e rappresenta oggi un punto molto controverso in sede di applicazione pratica, la legge prevede di rivedere la disciplina del concorso formale e materiale e della continuazione, “anche estendendone l’applica­zione agli istituti deflattivi” (accertamento con adesione, definizione agevolata dell’accertamento).

Questa potrebbe anche essere l’occasione per il superamento dell’interpretazione dell’Agenzia in ordine all’inapplicabilità dell’art. 12 in caso di ravvedimento operoso, tenuto conto che non vi sono ragioni per negare il ricorso alla continuazione nell’ipotesi di regolarizzazione spontanea delle violazioni amministrative.

La legge delega, inoltre, prevede di escludere l’applicazione delle sanzioni per i contribuenti che presentino una di­chiarazione integrativa al fine di ade­guarsi alle indicazioni elaborate dall’Amministrazione finanziaria con successivi documenti di prassi, “sempreché la violazione dipenda da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria e il contribuente provveda al pagamento dell’imposta dovuta”. In proposito, si mette in evidenza che l’art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 472/1997 già prevede la non punibilità quando la violazione è determinata “da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione” delle disposizioni normative, talché la novità sembra rappresentare un invito alla regolarizzazione di violazioni commesse, per effetto di disposizioni caratterizzate “da obiettive condizioni di incertezza”, nel momento in cui l’Amministrazione finanziaria interviene chiarendo la portata delle norme. In tal caso, cioè, ove il contribuente si adegui all’interpretazione del Fisco, presenti la dichiarazione integrativa e versi l’imposta dovuta non saranno dovute sanzioni (ferma restando, invece, la debenza degli interessi).

Riforma del sistema sanzionatorio: i punti qualificanti

– mitigare la misura delle sanzioni amministrative;

– razionalizzare i rapporti tra procedimento penale e amministrativo per adeguare il sistema al principio del ne bis in idem;

– prevedere che nei casi di sentenza irre­vocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, i fatti materiali accertati in sede dibatti­mentale facciano stato nel processo tribu­tario;

– adeguare i profili processuali e sostanziali connessi alle ipotesi di non pu­nibilità e di applicazione di circostanze atte­nuanti all’effettiva durata dei piani di estin­zione dei debiti tributari;

– per le sanzioni penali attribuire specifico rilievo alle definizioni raggiunte in sede amministrativa e giudiziaria ai fini della valutazione della ri­levanza penale del fatto;

– rivedere la disciplina del concorso formale e materiale e della continuazione;

– esclusione o riduzione delle sanzioni in caso di volontaria adozione di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale e la preventiva comunicazione di un possibile rischio fiscale da parte di imprese che non possiedono i requisiti per aderire al regime dell’adempi­mento collaborativo.

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