In particolare, l’art. 20, comma 1, che disciplina le sanzioni penali e amministrative relative al comparto delle imposte sui redditi e dell’IVA, suddivide l’intervento in tre parti: la prima contiene i principi e criteri direttivi concernenti gli aspetti comuni alle sanzioni amministrative e penali (comma 1, lettera a); la seconda attiene alle sanzioni penali (comma 1, lettera b); la terza si occupa delle sanzioni amministrative (comma 1, lettera c).
L’art. 20, comma 2 tratta delle sanzioni relative alle accise e il comma 3 le sanzioni in materia di tributi doganali. L’art. 14 si occupa delle sanzioni per i tributi locali e l’art. 17, che riguarda il nuovo adempimento collaborativo, contiene alcune disposizioni relative alle sanzioni per coloro che aderiscono a tale regime.
Infine, l’art. 3 delega il Governo a prevedere un regime sanzionatorio, conforme a quello vigente in materia di imposte sui redditi, per la violazione degli adempimenti riguardanti l’imposizione minima dei gruppi multinazionali e nazionali di imprese e un regime sanzionatorio effettivo e dissuasivo per la violazione dei relativi adempimenti informativi.
Riforma delle sanzioni: aspetti comuni
Applicazione del principio ne bis in idem
La delega prevede la razionalizzazione del sistema sanzionatorio amministrativo e penale, anche attraverso una maggiore integrazione tra i diversi tipi di sanzione, ai fini del completo adeguamento al principio del ne bis in idem (che ricorre quando i fatti contestati siano giuridicamente identici nei propri elementi strutturali: condotta, evento, nesso causale, circostanze di tempo e di luogo).
Ad esempio In caso di violazione fiscale costituente anche reato, attribuibile al socio di una società di persone, la responsabilità solidale della società di persone (ex art. 11, comma 1) permane “in ogni caso”. |
Il decreto delegato, quindi, dovrà intervenire per rendere effettivo il principio del ne bis in idem, mediante una razionalizzazione dei sistemi sanzionatori e una maggiore integrazione tra i diversi tipi di sanzione.
Mancato versamento in presenza di crediti verso la PA
Il decreto delegato dovrà “valutare” la possibilità di non applicare sanzioni e interessi per mancati versamenti di imposte sui redditi regolarmente dichiarati nei riguardi di soggetti che hanno crediti certificati maturati nei confronti della pubblica amministrazione per importi pari e sino alla concorrenza del debito di imposta.
La ratio della norma è evidentemente quella di non penalizzare il soggetto che, al tempo stesso, ha debiti con l’Erario per imposte sui redditi e crediti (di importo pari o superiore) con la PA e omette il versamento delle imposte sui redditi.
La legge delega rinvia, comunque, al Governo la scelta se introdurre siffatta esimente (“valutare la possibilità”), circostanza che fa dubitare della tenuta costituzionale della disposizione, tenuto conto che la legge delega deve determinare i “principi e criteri direttivi” cui il legislatore delegato deve attenersi.
Una prima perplessità in ordine al contenuto della norma riguarda la previsione di non applicazione di interessi, a prescindere dal fatto che il credito verso la PA contempli o meno la maturazione di interessi attivi per il contribuente.
Una seconda perplessità riguarda il motivo per cui la non applicabilità delle sanzioni e interessi è stata limitata agli omessi versamenti delle sole imposte sui redditi. Tenuto conto che, ove si decidesse di inserire tale nuova causa esimente nell’ambito delle sanzioni amministrative (e penali?), la norma dovrà prevedere la compensazione in automatico tra il debito erariale e il credito nei confronti della PA, la norma avrebbe potuto essere estesa anche ai debiti per IVA, per IRAP e per le altre imposte indirette.
Nell’ambito delle violazioni di versamento, la legge delega prevede, inoltre, l’introduzione di una più rigorosa distinzione normativa, anche sanzionatoria, tra le fattispecie di compensazione indebita di crediti di imposta non spettanti e inesistenti.
Rapporti tra processo penale e processo tributario
La legge, inoltre, delega il Governo a rivedere i rapporti tra processo penale e processo tributario, sotto una duplice angolazione:
Sistema di rilevazione del rischio fiscale
La legge delega in Governo a prevedere che la volontaria adozione di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale e la preventiva comunicazione di un possibile rischio fiscale da parte di imprese che non possiedono i requisiti per aderire al regime dell’adempimento collaborativo possano assumere rilevanza per escludere ovvero ridurre l’entità delle sanzioni.
Si tratta di una rilevante novità, finalizzata a rafforzare la collaborazione tra Fisco e contribuente (uno dei capisaldi della riforma fiscale), nell’ambito di uno rapporto improntato alla buona fede e alla trasparenza.
Sanzioni penali
Per quanto riguarda le sanzioni penali, la delega al Governo prevede di attribuire specifico rilievo:
– all’ipotesi di sopravvenuta impossibilità di far fronte al pagamento del tributo, non dipendente da fatti imputabili al soggetto stesso;
L’impossibilità di far fronte al pagamento del tributo per cause non dipendenti da fatti imputabili al soggetto già oggi escluderebbe il dolo, elemento indispensabile per la punibilità penale. È presumibile che il legislatore abbia inteso far riferimento ai mancati versamenti causati da difficoltà finanziarie del contribuente, che oggi la prevalente giurisprudenza della Corte di Cassazione non ritiene costituisca circostanza esimente del reato di omesso versamento di imposte (cfr. Cass. Pen., 16 giugno 2023, n. 33430; Cass. Pen, 18 gennaio 2023, n. 20667), a parte qualche specifica e circoscritta ipotesi (Cass. Pen, 12 febbraio 2018, n. 6737).
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– alle definizioni raggiunte in sede amministrativa e giudiziaria ai fini della valutazione della rilevanza penale del fatto.
Si tratta di una novità di rilievo che risponde alla ragionevole esigenza di un raccordo tra procedimento amministrativo e procedimento penale, laddove l’aspetto amministrativo sia chiuso tra Fisco e contribuente con un accordo transattivo. In effetti, poiché la ratio dell’intervento penale è comunque quella di tutelare la Finanza pubblica, laddove Fisco e contribuente raggiungono un accordo in ordine alla “giusta” imposta da pagare non si capisce la ragione per cui l’azione penale debba proseguire. |
Sanzioni amministrative
Con riguardo alle sanzioni amministrative, la legge prevede, anzitutto, un intervento sulla proporzionalità delle stesse, attenuandone il carico e riconducendolo agli standard di altri Paesi europei.
Secondo la Relazione illustrativa, le sanzioni amministrative attualmente previste raggiungono livelli intollerabili, che si discostano sensibilmente da quelle in vigore in altri Paesi, “conducendo a una pretesa complessiva di fatto abnorme e in un disincentivo per il contribuente a esperire la tutela giudiziaria in conseguenza del rischio cui un esito negativo lo esporrebbe”.
A nostro giudizio, invece, il livello troppo elevato che le sanzioni amministrative (e la misura degli interessi fiscali) possono raggiungere in alcuni casi costituisce un disincentivo a raggiungere accordi transattivi con il Fisco (definendo subito la controversia) e il contribuente preferisce, quindi, esperire la tutela giudiziaria, per sfruttare le lungaggini del processo tributario.
La legge delega, in secondo luogo, prevede di rivedere il ravvedimento mediante una graduazione della riduzione delle sanzioni, onde evitare che l’applicazione delle attuali percentuali di riduzione alle future e minori aliquote sanzionatorie possa tradursi in un incentivo a non dichiarare.
In terzo luogo, viene prevista l’inapplicabilità delle sanzioni in misura maggiorata per recidiva prima della definizione del giudizio di accertamento sulle precedenti violazioni, così recependo la giurisprudenza di legittimità in materia; nonché una migliore definizione delle ipotesi stesse di recidiva con particolare riferimento alle “violazioni della stessa indole”.
Infine, e rappresenta oggi un punto molto controverso in sede di applicazione pratica, la legge prevede di rivedere la disciplina del concorso formale e materiale e della continuazione, “anche estendendone l’applicazione agli istituti deflattivi” (accertamento con adesione, definizione agevolata dell’accertamento).
Questa potrebbe anche essere l’occasione per il superamento dell’interpretazione dell’Agenzia in ordine all’inapplicabilità dell’art. 12 in caso di ravvedimento operoso, tenuto conto che non vi sono ragioni per negare il ricorso alla continuazione nell’ipotesi di regolarizzazione spontanea delle violazioni amministrative.
Riforma del sistema sanzionatorio: i punti qualificanti
– mitigare la misura delle sanzioni amministrative;
– razionalizzare i rapporti tra procedimento penale e amministrativo per adeguare il sistema al principio del ne bis in idem;
– prevedere che nei casi di sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, i fatti materiali accertati in sede dibattimentale facciano stato nel processo tributario;
– adeguare i profili processuali e sostanziali connessi alle ipotesi di non punibilità e di applicazione di circostanze attenuanti all’effettiva durata dei piani di estinzione dei debiti tributari;
– per le sanzioni penali attribuire specifico rilievo alle definizioni raggiunte in sede amministrativa e giudiziaria ai fini della valutazione della rilevanza penale del fatto;
– rivedere la disciplina del concorso formale e materiale e della continuazione;
– esclusione o riduzione delle sanzioni in caso di volontaria adozione di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale e la preventiva comunicazione di un possibile rischio fiscale da parte di imprese che non possiedono i requisiti per aderire al regime dell’adempimento collaborativo.
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